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Dalle viscere di Gerusalemme un amuleto d’epoca abbaside

Christophe Lafontaine
25 giugno 2018
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Dalle viscere di Gerusalemme un amuleto d’epoca abbaside
L'amuleto d'epoca abbaside recentemente rinvenuto a Gerusalemme. (foto Eliyahu Yanai/City of David Archives)

Reca un'iscrizione in lingua araba e risale a mille anni fa l'amuleto in argilla riportato alla luce dagli scavi archeologici dell'Università di Tel Aviv e dell’Autorità per le antichità di Israele.


Un raro amuleto musulmano risalente ai secoli Nono o Decimo è stato rinvenuto dagli archeologi a Gerusalemme. L’Autorità per le antichità di Israele (Aai) colloca il reperto nel periodo abbaside, dal nome della dinastia arabo-sunnita che governò il mondo islamico dal 750 al 1258, estendendo il proprio dominio dal Nord Africa all’Armenia e all’Afghanistan. Il califfato abbaside regnò sulla Terra Santa dal 750 al 969. È grazie all’iscrizione incisa sull’amuleto con la calligrafia tipica del terzo periodo del califfato abbaside, riferisce il quotidiano Haaretz, che il manufatto ha potuto essere fatto risalire a circa mille anni fa, vale a dire all’apogeo della dinastia. L’ambiente nel quale è stato recuperato l’amuleto conteneva anche altri cocci di ceramiche, tra i quali una lampada ad olio intatta e ancora annerita dalla combustione.

Il minuscolo e fragile amuleto d’argilla misura solo un centimetro di diametro ed è venuto alla luce nel corso di uno scavo realizzato dall’Università di Tel Aviv e dall’Aii, che l’hanno reso pubblico a metà giugno. La scoperta ha avuto luogo nei pressi del parcheggio di Givati, che si trova fuori dalle mura della città vecchia, adiacente al sito della Città di David.

L’iscrizione riportata sul monile ha un contenuto di tipo religioso e suggerisce che l’amuleto era destinato ad attirare benedizioni sul suo proprietario.

Contro il malocchio

«Da tempo immemorabile lo scopo di amuleti come questi è di proteggere dal malocchio», spiega a Haaretz Yiftah Shalev dell’Aai. Il piccolo oggetto d’argilla apparteneva a un uomo di nome Karim che viveva nella Città santa più di mille ani fa e che cercava la protezione divina. L’iscrizione, su due righe, recita: «Karim ha fede in Allah, il signore del mondo è Allah». Secondo gli esperti dell’Aai la prima frase ne ricorda altre simili riportate su antichi sigilli d’epoca abbaside (generalmente realizzati con pietre semi-preziose) e alle iscrizioni che si trovavano lungo la rotta che conduceva i pellegrini alla Mecca tra i secoli Ottavo e Decimo. La seconda riga è invece erosa dal tempo, così l’interpretazione che se ne dà si basa su formule simili a quelle che appaiono sui sigilli personali di quell’epoca o che corrispondono a molteplici versetti del Corano.

In un’intervista al quotidiano The Times of Israel il co-direttore degli scavi Yiftah Shalev ha spiegato che nel piccolo oggetto non c’è alcun buco ove far passare una cordicella; il che lascia supporre che si tratti piuttosto d’un oggetto ad uso personale o di un amuleto e non tanto di un pendente o di un sigillo usato per chiudere e autenticare documenti o borse di stoffa, come oggetti del genere rinvenuti in altri luoghi e di altre epoche.

Comunque sia, a rendere raro l’amuleto in questione è la sua taglia minuscola e il materiale argilloso di cui è fatto. Ci sono pochi esempi simili: l’argilla si sbriciola facilmente, se non è ben protetta. Inoltre, le iscrizioni sugli amuleti erano generalmente su una sola riga.

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