La Porta di Jaffa
L’enigma Libano
Da un paio di giorni non si spara più in Libano. E prontamente il Paese dei Cedri è scomparso dalle pagine dei nostri giornali. La disattenzione generale verso le sorti di questa terra è un segno eloquente della terribile miopia con cui tendiamo a leggere i fatti che riguardano questa regione del mondo. Tre anni fa tutti ci eravamo scaldati per la «primavera di Beirut»: c'erano i siriani da rimandare a Damasco, sarebbe bastato questo per ridare dignità e libertà al Libano. Le cose non sono andate così. E adesso ci ritroviamo in una situazione scivolosissima. Cosa non ha funzionato? Due articoli usciti in queste ore sulla stampa araba provano a dare qualche risposta.
60 anni controversi
Complici le polemiche sulla Fiera del Libro di Torino, un fiume di parole viene speso in queste ore sui 60 anni di Israele. Con un dibattito incanalato nel solito stereotipo «viva Israele» o «abbasso Israele». Tre articoli interessanti tratti dai giornali del Medio Oriente ci aiutano invece a sviluppare qualche riflessione in più.
La Memoria d’Israele
Israele ha appena celebrato la sua Giornata della memoria. Non il 27 gennaio, l'anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, ma il 27 nissan, l'anniversario dell'insurrezione nel Ghetto di Varsavia. Una ricorrenza che - non a caso - cade a metà strada tra Pesach, la Pasqua ebraica e lo Yom Haazmauth, la festa che ricorda la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Non stupisce, dunque, che il tema della Shoah e dell'antisemitismo domini oggi sui giornali israeliani. Vale la pena, allora, di scorrere alcuni articoli che ci possono aiutare a capire un po' meglio che cosa significhi celebrare la Giornata della memoria a Gerusalemme.
Pace ed economia
Uno dei grandi temi che - quando si parla del Medio Oriente - resta sempre sullo sfondo è la dimensione economica. C'è un rapporto tra pace, guerra e affari in quest'area del mondo? Un paio di articoli apparsi in questi giorni ci offrono due punti di vista interessanti.
Pro e contro Jimmy
Nei giorni scorsi in Medio Oriente l'ex presidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace Jimmy Carter ha incontrato, al Cairo, ha incontrato una delegazione di Hamas e, a Damasco, il leader di questa formazione islamica, Khaled Meshaal. È un modo per mostrare che un accordo di pace sarebbe possibile o è un'operazione che - alla fine - rafforza solo Hamas? Le opinioni in proposito sono diverse.
Se la legge fa eccezioni
Una radio nata per promuovere la coesistenza tra israeliani e palestinesi che trasmette, apparentemente, senza le dovute autorizzazioni. E una «Casa della pace» un po' particolare, che a Hebron sorge dove non dovrebbe essere. Due vicende parallele in queste ore sui giornali della Terra Santa e pongono qualche dubbio su che cosa voglia dire far rispettare la legalità oggi in Israele. Ecco come è andata.
Errori e attese deluse
Si fa ogni giorno più surreale il clima in Medio Oriente. Veniamo da una settimana in cui il vertice di Damasco ha messo per l'ennesima volta in luce i bizantinismi della politica araba, con il Libano che da più di quattro mesi non riesce ad eleggere un presidente. Intanto in Israele c'è un governo che un giorno dà il via alla costruzione di nuove case nei territori e quello dopo toglie cinquanta check-point mobili in Cisgiordania come «segno di buona volontà» verso Abu Mazen. In questa situazione su una cosa concordano praticamente tutti i media del Medio Oriente: Annapolis è fallita ed è ora di voltare pagina. In questo senso due articoli opposti, apparsi negli ultimi giorni, sono molto significativi. Ve li riassumiamo.
Riyadh si schiude
Quando sui nostri quotidiani si parla di un tema serio come il rapporto problematico tra islam e libertà religiosa, ciò che personalmente mi colpisce di più è constatare come il criterio giornalistico di riferimento sia la massima per cui «tutto fa brodo». Le ultime giornate sono state istruttive da questo punto di vista. Con paginate sul battesimo di Magdi Cristiano Allam e la notizia del re dell'Arabia Saudita che per la prima volta ipotizza nel Paese della Mecca e di Medina un incontro interreligioso - invece - relegata in un angolo o nemmeno riferita. Non è superfluo notare che sui giornali del Medio Oriente direttamente interessati al problema della libertà religiosa, le cose sono andate in maniera esattamente opposta.
Giorni di Pasqua e Purim
L'intreccio tra odio e religioni è uno degli aspetti che da sempre inquietano di più tutti noi che con passione seguiamo le vicende della Terra Santa. Giungono allora provvidenziali due festività religiose, la Pasqua cristiana e il Purim ebraico, che celebreremo nelle prossime ore. Sono ricorrenze che - grazie a due articoli pubblicati da un giornale palestinese e uno israeliano - ci aiutano oggi a tornare a guardare il volto più autentico delle religioni.
Ma c’è chi fa ponti
Nelle ultime settimane abbiamo visto immagini molto pesanti dalla Terra Santa. E oggi si è aggiunta la terribile notizia della morte dell'arcivescovo caldeo di Mosul Faraj Rahho, rapito in Iraq il 29 febbraio scorso. Intanto la tregua ottenuta a Gaza con la mediazione egiziana è durata solo una manciata di giorni. Tutti segnali molto inquietanti. Eppure non ci stancheremo mai di raccontare anche il coraggio di chi - anche in questa situazione - continua a gettare semi di pace. Ecco allora tre notizie in questo senso giunte da Israele e dalla Palestina, che in queste ore appaiono quanto mai significative.
Sangue nella yeshiva
C'è un grosso rischio che tutti corriamo di fronte a questo conflitto infinito tra israeliani e palestinesi: quello di catalogare ogni cosa sotto l'etichetta del «già visto». Senza cogliere che ci sono alcuni fatti tragici destinati a lasciare purtroppo il segno molto più di altri. È il caso dell'attentato sanguinoso compiuto ieri sera a Gerusalemme contro la yeshiva Merkaz HaRav, il seminario rabbinico punto di riferimento dell'ala religiosa del movimento dei coloni. Si tratta di un fatto probabilmente destinato a lasciare pesantemente il segno sul futuro del conflitto. E alcuni articoli tratti dai quotidiani israeliani di oggi ci aiutano a capire il perché.
Il dilemma di Gaza
Una sequenza di morte che a ondate si ripete inesorabile ormai da otto mesi e mezzo. È difficile sfuggire a questa sensazione pensando a quanto successo di nuovo a Gaza nelle ultime ore. L'aspetto più sconcertante è l'assoluta inutilità di questo bagno di sangue. Perché è sotto gli occhi di tutti un fatto: anche quest'ultima operazione israeliana non ha diminuito, ma solo aumentato ulteriormente il numero di razzi caduti sul territorio israeliano. Guardiamo alla situazione dando voce a due differenti prospettive: una israeliana, tratta dal quotidiano Yedioth Ahronot e una araba pubblicata dal saudita Arab News.