La Porta di Jaffa
Il Dono di Betlemme
Come ogni Natale guardiamo tutti a Betlemme. Ci fermiamo davanti alle immagini dell'ingresso del patriarca alla basilica della Natività, ascoltiamo i discorsi sulla «Betlemme dietro il muro», ci rallegriamo per i pellegrini che anche quest'anno sono numerosi nella città dove Gesù è nato. C'è un rischio, però, rispetto al quale dobbiamo fare molta attenzione: quello di ricadere nello stereotipo del «solito Natale in Terra Santa». Guardare a Betlemme il 25 dicembre è, invece, un'esperienza che ci deve scuotere.
Berlanty non tornerà
Torniamo sulla vicenda di Berlanty Azzam, laureanda di Gaza all'Università di Betlemme, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. Mercoledì è arrivata la sentenza della Corte Suprema. Una sentenza che ha respinto la richiesta della giovane: Berlanty non potrà lasciare la Striscia di Gaza e tornare alla Bethlehem University per completare l'ultimo mese di studi che le manca alla laurea...
Berlanty, la clandestina
Che cosa rende importante un fatto in Medio Oriente? E che spazio c'è davvero per il rispetto di una singola persona in un conflitto come quello che da troppo tempo insanguina la Terra Santa? Viene da chiederselo pensando alla storia di Berlanty Azzam, una studentessa palestinese per cui le prossime giornate si annunciano decisive. Fino a poche settimane fa Berlanty era semplicemente una ragazza di 21 anni laureanda in business administration alla Bethlehem University. Poi, la sera del 28 ottobre...
Il candidato Ray
Sono giornate di svolte a parole in Medio Oriente. Dal «congelamento» degli insediamenti alla liberazione di Gilad Shalit in cambio di detenuti palestinesi. Forse allora sono i giorni ideali per soffermarsi su un personaggio che vive di parole. E che ha lanciato un suo piano di pace che invece contiene davvero qualcosa di nuovo. Stiamo parlando di Ray Hanania, un vulcanico palestinese che vive a Chicago. Giornalista di professione e sposato con un'ebrea, è un volto interessante della diaspora palestinese.
Pietre d’inciampo
Basterebbe prendere in mano una cartina per capire come mai si stia discutendo tanto in queste ore del progetto di costruire 900 nuove case a Gilo. Chiunque sia stato in pellegrinaggio in Terra Santa ci è passato, perché Gilo è la zona dove si trova il check-point tra Gerusalemme e Betlemme. Quello che si vuol far passare come un semplice sviluppo urbanistico («a Gilo c'è domanda di case...») in realtà è un fatto destinato a incidere sugli assetti futuri.
I muri e la democrazia
È arrivata fino in Medio Oriente nei giorni scorsi l'eco delle celebrazioni per i vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Ed è stato fin troppo facile accostare il simbolo della «cortina di ferro» al muro di reticolati e cemento tuttora in piedi tra Israele e i Territori palestinesi. C'è stato però anche chi è andato un po' più in là, proponendo riflessioni meno scontate. Che valgono assolutamente la pena di essere riprese.
Abu Mazen si fa da parte
Mahmoud Abbas lascia. Ma che cosa succederà ora nella politica palestinese? Dopo l'annuncio del presidente di non voler correre per la rielezione nelle elezioni annunciate per il 24 gennaio, le analisi sui quotidiani del Medio Oriente sono contrassegnate da una grande incertezza. Una cosa è certa: c'è il rischio che finisca definitivamente l'era iniziata con Oslo. Quale sia il motivo che ha spinto il presidente palestinese, più noto come Abu Mazen, a ufficializzare la sua scelta appare molto chiaro: la retromarcia di Hillary Clinton sulla questione degli insediamenti israeliani è la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
La Spianata rovente
È arrivato un altro fine settimana e si guarda ancora con preoccupazione alla Spianata delle Moschee e al Muro del Pianto. Sette giorni fa ci sono stati nuovi scontri, che puntualmente hanno fatto capolino nei nostri tg. Ma che cosa sta succedendo davvero? L'impressione è che non si percepisca quanto a Gerusalemme in questi ultimi tempi si stia scherzando col fuoco. Scontiamo il problema di un Medio Oriente raccontato sempre e solo in chiave politica, senza capire che l'elemento religioso non è un mero fatto di colore.
Ripartiamo da Ginevra
C'erano una volta gli Accordi di Ginevra, l'iniziativa «ufficiosa» di pace promossa dagli ex negoziatori Yossi Beilin e Yasser Abed Rabbo, firmata nel 2003. Un documento che si proponeva di indicare un quadro concreto attraverso cui delineare la famosa soluzione dei due Stati per due popoli in Terra Santa. C'era una volta. Ma in realtà c'è ancora. E in queste ultime settimane ha fatto un passo avanti molto importante. Anche se nessuno ce lo ha raccontato. Ricapitoliamo i fatti...
Attenti a Libano e Yemen!
Uno dei grossi limiti delle analisi sul Medio Oriente che siamo abituati a leggere in Italia è che ci si ferma sempre e solo a Israele e alla Palestina. Invece ci sono anche altre situazioni che sono di fondamentale importanza per capire dove sta andando l'intera regione. Lo spiegano bene due articoli usciti in questi giorni e che parlano del Libano e dello Yemen.
Verso la terza intifada?
Sono di nuovo ore di grande tensione a Gerusalemme intorno alla Spianata delle Moschee/Monte del Tempio (a seconda del punto di vista da cui si guarda questo luogo). Dopo gli incidenti della settimana scorsa gli occhi sono puntati sulla preghiera di oggi. Sta davvero per scoppiare la terza intifada? In Medio Oriente è sempre impossibile fare previsioni. C'è però un punto che deve essere chiaro: le questioni religiose sono ancora una volta un pretesto. Gli animi si infiammano sempre quando il contesto politico appare bloccato.
Gaza piange ancora
Si parla tanto in questi giorni - e giustamente - del rapporto Goldstone, il rapporto presentato al Consiglio Onu dei diritti umani sulla guerra di gennaio a Gaza, in cui vengono rivolte gravi accuse a Israele. Quello però che si rischia di dimenticare è che non stiamo affatto parlando di una vicenda conclusa. Il problema Gaza resta in tutta la drammaticità delle sue contraddizioni. Alcuni articoli ci aiutano a capirlo.