La Porta di Jaffa
Guardare in alto in cerca di pace
A Gerusalemme le feste religiose degli uni si intrecciano con quelle degli altri. In questi giorni vengono a sovrapporsi la Pasqua ebraica e quella cristiana. Proprio mentre le tensioni politiche sono tornate a essere molto alte in Terra Santa. Vale la pena - allora - di volgere lo sguardo verso l'alto, per trovare una parola di speranza nel cammino verso la pace.
In cattive acque
Con la sua visita alla Casa Bianca Benjamin Netanyahu avrebbe voluto mettere la parola fine all'incidente diplomatico scoppiato durante il viaggio in Israele del vicepresidente americano Joe Biden. Invece non è andata così. E Netanyahu ora è davvero in una situazione difficile.
Intifada alle porte?
Per chi legge questa rubrica le violenze di ieri a Gerusalemme non sono state affatto una sorpresa. Tutti si chiedono se sia cominciata una nuova intifada. Per capire, però, che cosa stia succedendo davvero è sbagliato concentrare lo sguardo solo su Benjamin Netanyahu e Barack Obama. Bisogna fare molta attenzione anche alle notizie che arrivano dal mondo palestinese.
Inquieto Ajami
Per il terzo anno consecutivo il cinema israeliano ha piazzato una sua pellicola nella cinquina tra cui è stato scelto l'Oscar per il miglior film straniero. Alla fine non ha vinto (la statuetta è andata al film argentino El secreto de sus ojos), ma Ajami - firmato insieme dall'ebreo Yaron Shari e dall'arabo Skandar Copti - ha comunque fatto molto discutere in Israele. Ajami è un racconto molto crudo della vita nell'omonimo quartiere di Jaffa. In questo film si parla di criminalità, di violenza, di droga, di rapporti tra clan, di poliziotti corrotti, ma il tema di fondo è quello della componente araba della società israeliana.
L’attivismo di Fayyad
È in piena ebollizione la pentola del Medio Oriente. La decisione del governo Netanyahu di inserire la Tomba dei Patriarchi a Hebron e la Tomba di Rachele a Betlemme tra i siti ebraici da tutelare e restaurare è il classico fiammifero acceso che potrebbe innescare un incendio molto grave. In questa situazione, però, è molto interessante analizzare anche il nuovo protagonismo del premier palestinese Salam Fayyad. Che sta cavalcando la situazione per presentarsi come un'alternativa sia ad Hamas sia ad Abu Mazen.
Un Mossad da reality
Anche in Israele, ormai, sono ben pochi a dubitare che fossero uomini del Mossad (il servizio di intelligence israeliano) quelli che il 20 gennaio scorso, in un albergo di Dubai, hanno ucciso Mahmoud al-Mabhouh, uno dei capi militari di Hamas. Un'operazione dalle modalità particolarmente spregiudicate, dal momento che gli uomini del commando hanno utilizzato passaporti falsi intestati a ignari cittadini britannici, francesi, tedeschi e irlandesi transitati dall'aeroporto di Tel Aviv. Non sorprende - dunque - che anche sui quotidiani di Gerusalemme se ne parli parecchio.
La guerra delle ong
Nonostante le notizie estremamente inquietanti che oggi arrivano dall'Iran, in Israele c'è un altro fronte che da alcune settimane è ancora più caldo: la guerra delle ong. Oggetto del contendere è un attacco lanciato dal movimento Im Tirtzu («Se lo vogliamo») contro il New Israel Fund, la «cassaforte» delle organizzazioni israeliane schierate per la difesa dei diritti umani.
Berlusconi dixit
Al di là delle immagini televisive che abbiamo visto tutti, che cosa resta in Medio Oriente della tre giorni di Berlusconi in Israele e Palestina? Dai siti dei quotidiani israeliani e palestinesi emerge un'immagine un po' diversa rispetto a quella raccontata dai media italiani. Soprattutto rispetto al peso dato ad alcune delle parole pronunciate dal premier italiano.
L’Unrwa parla italiano
L'italiano Filippo Grandi è stato nominato dal segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, nuovo commissario generale dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che da sessant'anni sovrintende all'assistenza dei profughi palestinesi. Si tratta di una notizia importante, che conferma una situazione paradossale: l'Italia ricopre alcune posizioni chiave nella gestione del conflitto in Medio Oriente, eppure sul tema dei passi concreti per riavviare il negoziato di pace tra israeliani e palestinesi la sua voce non si sente mai.
Le parole ignorate
Domenica scorsa la visita del Papa alla sinagoga di Roma. Martedì la presentazione dei Lineamenta in vista del Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente, in programma a ottobre. Sono state giornate dense di notizie sul tema del rapporto tra cattolici ed ebrei quelle appena trascorse. Ma sono state anche giornate che hanno dimostrato la presenza di un problema nel modo in cui i siti israeliani raccontano, con parzialità, il Vaticano.
Di qua e di là dai muri
Si è tornato a parlare molto - in questi giorni - dei «muri» in Israele. A dare il la è stato il premier Benjamin Netanyahu che, domenica scorsa, ha annunciato l'intenzione di volerne costruire uno nuovo sul confine con l'Egitto. Tra i tanti commenti usciti in questi giorni ne rilanciamo due, a nostro avviso particolarmente lucidi, apparsi su due quotidiani israeliani.
Chi salverà l’ebraico?
In Israele il governo ha infatti annunciato l'intenzione di istituire un'apposita giornata per promuovere lo studio della lingua ebraica: si terrà dall'anno prossimo il giorno 21 del mese di Tevet (cioè oggi per il calendario ebraico), nell'anniversario della nascita di Eliezer Ben Yehuda, il padre della lingua moderna. Eppure, in un Paese costituito da immigrati dalle provenienze più diverse la lingua nazionale può serbare più di una sorpresa.