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Disarmare l’Alta Corte?
Se, nella sempre più delicata questione dell'equilibrio tra lotta al terrorismo e salvaguardia dei diritti fondamentali, esiste una prima linea, di sicuro oggi uno dei suoi snodi cruciali è l'Alta Corte di giustizia israeliana. Non c'è infatti organismo giuridico al mondo che si sia trovato ad affrontare con la stessa continuità un problema così delicato. Oggi è preoccupante che l'Alta Corte israeliana sia sotto tiro da parte di forze politiche che, apertamente, parlano di limitarne i poteri. Ne danno conto due articoli pubblicati dai quotidiani The Jerusalem Post e Haaretz.
I parametri di Bill
Il vicolo cieco in cui è tornato a cacciarsi il conflitto israelo-palestinese è sotto gli occhi di tutti. E sui giornali del Medio Oriente ci si interroga su che cosa fare per ridare ossigeno al negoziato. In questa chiave diventa interessante l'articolo che proponiamo oggi, uscito nei giorni scorsi sul quotidiano di Dubai Gulf News. Lancia infatti un'idea: quella di richiamare in campo come mediatore Bill Clinton, l'ex presidente americano sotto il cui mandato iniziò e finì il processo di pace avviato a Oslo nel 1993.
L’affare della pace
Ma perché, con tante organizzazioni non governative in cui israeliani e palestinesi lavorano insieme, non si arriva mai alla pace? La domanda ricorre spesso tra la gente. Una risposta severa, ma ugualmente molto interessante, la offre una riflessione tratta dalla newsletter bitterlemons.org e rilanciata dal quotidiano libanese The Daily Star. Ve la proponiamo.
Responsabilità palestinesi
Ray Hanania è un editorialista palestinese che vive negli Stati Uniti. In un articolo rilanciato dal quotidiano saudita Arab News ha messo nero su bianco la domanda che rappresenta il succo della nuova terribile fase che il conflitto israelo-palestinese sta vivendo in queste ultime settimane: quando i palestinesi la smetteranno di scaricare su Israele ogni colpa e inizieranno ad assumersi le loro responsabilità?
Laburisti a una svolta
Lunedì 28 maggio si terranno le primarie del Partito laburista. Stando a un sondaggio del quotidiano Haaretz, Ehud Barak, l'ex premier che tutti davano per scontato successore dell'ormai indifendibile Amir Peretz (l'attuale ministro della Difesa del governo Olmert), potrebbe invece uscire sconfitto. Le ultime previsioni danno infatti per la prima volta un leggero vantaggio ad Ami Ayalon. E in caso di ballottaggio la sua vittoria sarebbe ancora più probabile.
Le radici dell’altro
Studiare le radici dell'altro per favorire la via della comprensione reciproca. È l'idea che rilanciamo oggi attraverso un articolo uscito in questi giorni sul Jerusalem Post. Racconta la storia di una donna arabo-israeliana, Nibal Khouri, che ha scelto di approfondire la conoscenza della Torah e del Talmud in un'Accademia di studi ebraici.
Gerusalemme vista dal mondo arabo
Sulla questione di Gerusalemme, in questi giorni, abbiamo assistito al solito pro e contro. La verità è che serve andare oltre, per guardare alla città come luogo dove rispettare l'identità e i diritti di tutti. Il punto di vista, per nulla scontato, di un giornale saudita su Arab News.
30 rabbini sulla Spianata delle Moschee
Tra un paio di giorni Israele celebrerà il giorno della «riunificazione» di Gerusalemme, avvenuta 40 anni fa alla fine della Guerra dei sei giorni. Una ricorrenza che non viene per nulla condivisa, ovviamente, dalla parte palestinese, che ugualmente rivendica la città come capitale. In questo clima, domenica trenta rabbini si sono recati, scortati dalla polizia, a pregare sul Monte del Tempio... Un gesto carico di conseguenze, sponsorizzato dalla destra israeliana, che rischia di alzare il livello di tensione nella città santa.
Winograd, reality show
La Commissione Winograd, che ha vagliato le responsabilità politiche e militari dei leader israeliani nel corso della guerra con il Libano dell'estate 2006, ha reso pubblici i verbali delle deposizioni del primo ministro, del responsabile della Difesa e dell'ex capo di stato maggiore. In Israele il governo in carica sembra sempre più avere i giorni contati, nonostante la strenua resistenza di Ehud Olmert alle dimissioni. La stampa incalza, ma copre la vicenda come se fosse un reality show anziché andare a fondo dei problemi. La pensa così il professor Gadi Wolfsfeld e lo scrive sul quotidiano Yediot Ahronot.
È l’ora dei Benchmark?
In Italia nessuno ne parla. I nostri giornalisti ignorano (o, se non ignorano, lasciano nell'ignoranza i lettori). Nelle settimane scorse il dipartimento di Stato americano ha messo sul tappeto una nuova proposta rivolta ai governi palestinese e israeliano. Sono i Benchmark, degli indici di rendimento che riguardano due questioni molto concrete: la libertà di movimento dei palestinesi e i lanci di missili Qassam sulle cittadine israeliane nel Negev. Vi spieghiamo di che si tratta, prendendo spunto da un articolo di Haaretz.