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Diritto allo studio
Torniamo sul tema dei bambini e dei loro diritti rilanciando un articolo uscito oggi su un quotidiano israeliano. Haaretz ci racconta che a un mese ormai dall'inizio dell'anno scolastico a Gerusalemme Est sedici bambini non hanno ancora una scuola dove andare. Ed è la stessa amministrazione pubblica israeliana a scriverlo nero su bianco. È il risultato delle gravissime carenze nell'edilizia scolastica nella parte araba. Dovute a una gestione molto particolare del territorio. Perché i nuovi quartieri ebraici di Gerusalemme Est hanno tutti le loro scuole; in quelli arabi mancano la bellezza di 1.300 aule.
Leghisti del Golfo
«I nostri Paesi soffrono di un'erosione della propria cultura a causa della presenza sempre più massiccia di immigrati stranieri». È lo stralcio di un articolo tratto da un quotidiano di oggi. Che non è affatto la Padania, ma Gulf News, un giornale di Dubai. A parlare in questi termini è infatti il ministro del lavoro del Bahrein, Majeed Al Alawi, intervistato sulle politiche dell'immigrazione. Sì, perché - anche se spesso lo si dimentica - i Paesi del Golfo sono un polo di attrazione per migliaia di lavoratori asiatici (filippini, indiani e srilankesi in particolare).
Ahmadinejad divide
Ha fatto bene la Columbia University di New York a far parlare nel suo auditorium e in diretta tivù il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad? Il dibattito su questo tema scalda gli animi in Israele in questi giorni di vacanza per la festa di Sukkot. Rilanciamo oggi due letture opposte a questo proposito. La prima è tratta dal blog che Ed Koch, ex sindaco di New York e personalità di spicco della comunità ebraica della Grande Mela, tiene sul sito del Jerusalem Post. Opposto, e favorevole, il giudizio - espresso su Yedioth Ahronot - da Avi Weinberg, segretario generale dei giornalisti israeliani.
Palestinesi. Uniti quando?
La spaccatura tra Fatah e Hamas è destinata a durare? È la domanda delle domande da qualche mese in Medio Oriente. D'altronde è chiaro a molti che non si può andare alla conferenza di Washington (il vertice voluto per novembre dall'amministrazione Bush) senza fare i conti con Gaza. Da questo punto di vista molto interessante è l'analisi proposta oggi sul quotidiano libanese The Daily Star da George Giacaman, analista palestinese e docente all'Università di Bir Zeit. Eccovela in sintesi.
Le strade del conflitto
Si avvicina la scadenza della Conferenza di pace prevista a Washington per metà novembre e aumentano i dubbi sui risultati concreti che potranno venire da questo appuntamento. Ma - quando si parla di ritiro israeliano dalla Cisgiordania - qual è la vera posta in gioco? Più di tante parole lo mostra la sequenza fotografica che rilanciamo oggi, tratta dal sito vicino al movimento dei coloni Arutz Sheva. Questa infrastruttura, con le sue corsie, i suoi tunnel, le migliaia di shekel investiti - conclude il sito dei coloni - è ciò che con il ritiro dai Territori Olmert vorrebbe abbandonare. Fotografia corretta di quarant'anni di contraddizioni. E di quanto diventi più difficile ogni giorno che passa risolvere questo gigantesco rompicapo.
Riscattare Mohammed
La vicenda di Mohammed al Durra, il bambino palestinese rimasto ucciso nel 2000 durante un conflitto a fuoco tra esercito israeliano e miliziani palestinesi, continua a far discutere. Con un articolo del Jerusalem Post che ci offre oggi un altro colpo d'occhio interessante per cogliere che cosa sia diventato ormai questo conflitto. Perché la sequenza ripresa dalle telecamere di France2 col dodicenne Mohammed al Durra che cerca riparo dietro a suo padre e poi, colpito da un proiettile, alla fine resta immobile, è divenuta fin da subito un simbolo mediatico potente.
Il Ramadan in tivù
Inizia il mese di Ramadan. Periodo che forse oggi varrebbe la pena di imparare a conoscere andando un po' oltre lo stereotipo del musulmano che di giorno non mangia e alla sera si ritrova a fare festa in famiglia. Una prospettiva interessante ce la offre oggi un articolo pubblicato sul quotidiano saudita Arab News. Che si concentra sul Ramadan inteso come stagione televisiva. Perché - spiega Abeer Mishkhas - il mese sacro è una vera e propria stagione a sé per il piccolo schermo nei Paesi musulmani.
L’appello di Burg
Torna a parlare Avraham Burg, una delle coscienze critiche di Israele. Già il suo recente libro Defeating Hitler e la lunga intervista rilasciata ad Ari Shavit su Haaretz - con l'invito agli ebrei «a uscire dal ghetto sionista» - avevano fatto molto discutere qualche mese fa. Ora Burg lancia un'altra tesi forte: «Cari ebrei - dice - il nostro compito storico oggi è aiutare l'Occidente a non comportarsi con i musulmani come già si è comportato con noi in passato».
Israele vacilla negli Usa
Toni allarmati questa mattina su tutti i quotidiani israeliani per un sondaggio proveniente dagli Stati Uniti secondo cui è in drastico calo tra i giovani ebrei americani il sostegno a Israele. Come spiega l'articolo di Yedioth Ahronot che rilanciamo, negli Stati Uniti solo il 54 per cento degli ebrei non ortodossi con meno di 35 anni si dichiara a proprio agio rispetto all'idea di uno Stato ebraico. E, addirittura, solo il 48 per cento ritiene che la distruzione di Israele sarebbe una tragedia personale.
Il Cairo e Gaza
Sui rapporti tra Hamas e Israele parlano i bollettini, quotidiani ormai, dei missili Qassam caduti a Sderot e dei bombardamenti aerei israeliani sui luoghi da dove partono. Sui rapporti tra Hamas e Abu Mazen parlano, invece, le scelte del presidente dell'Anp, sempre più deciso a isolare il movimento islamico. Quali sono, invece, i rapporti tra Hamas e l'Egitto? È la domanda affrontata nell'articolo che proponiamo oggi, tratto dall'ultimo numero della newsletter Bitterlemons-International.