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Un venerdì di Ramadan al Santo Sepolcro

Cécile Lemoine
17 giugno 2016
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Un venerdì di Ramadan al Santo Sepolcro
Sul sagrato della basilica del Santo Sepolcro foto ricordo e scambio di indirizzi tra pellegrini cristiani e musulmani. (foto M.A.B./CTS)

Atipico. È l’aggettivo che forse meglio descrive un venerdì al Santo Sepolcro in questo tempo che per i musulmani è Ramadan. Non pochi tra loro si mischiano ai pellegrini cristiani in visita alla basilica.


Sfiancati dalla calura di giugno, dopo quasi tre ore di preghiera in pieno sole sulla Spianata delle moschee, i musulmani arrivati in pellegrinaggio a Gerusalemme in questo venerdì di Ramadan cercano ombra e frescura. Gli autobus fanno la spola per ricondurre decine di migliaia di fedeli ai loro villaggi e città d’origine, ma c’è chi deve aspettare per ore il suo turno.

Mentre si inganna l’attesa la città vecchia, con le sue vie strette e ombreggiate, offre opportunità di ristoro. Ma la frescura vera la si trova all’interno degli antichi edifici monumentali. Anche i pellegrini musulmani lo sanno e così colgono l’occasione per far visita a una chiesa, allo stesso modo in cui un cristiano visiterebbe una moschea o una sinagoga.

Poco a poco, il Santo Sepolcro si popola di arabi musulmani, con i loro abiti tipici e i copricapi di varie fogge. Il dialetto palestinese risuona nella basilica echeggiando contro la fredda pietra delle pareti.

C’è ressa. I visitatori parlano a voce alta e ci si spinge da ogni parte. Musulmani e cristiani si mischiano nelle varie cappelle dell’edificio sacro. I primi tentano di comprendere il significato dei gesti compiuti dai secondi. Una ragazza dallo sguardo incuriosito e stupito osserva una pellegrina che prega inginocchiata in un angolo, impermeabile al baccano che la circonda. Si scorgono occhiate perplesse. Qualcuno addita le rappresentazioni iconografiche. A capo chino si cerca di spiegare queste pratiche strane e sconosciute.

Gli smartphone fanno la loro parte. All’ingresso una coppia realizza un selfie davanti alla Pietra dell’unzione. Qualche metro più in alto una famiglia si fa fotografare davanti ai ricchi ornamenti del Calvario. Bisogna filmare e fotografare tutto, per poi mostrare dove si è stati. Già, dove si è stati? È la domanda che si pone un gruppetto di giovani musulmane. Senza dubbio si trovano in un luogo santo cristiano. Ma a cosa corrisponde?

Una frequentatrice assidua della basilica, venuta ad osservare quello che accade in questi particolari venerdì, non può fare a meno di interagire. La conversazione inizia in arabo e continua in inglese. «Perché siete venute qui?». «Vogliamo bene ai cristiani e volevamo conoscere il loro modo di pregare». «Ma sapete dove vi trovate?». «Sì, in una chiesa». «E sapete cosa avvenne nel luogo in cui ora sorge questa chiesa?». «Gesù ha pregato qui». «No, questo è il punto in cui fu piantata la croce sulla quale egli morì crocifisso».

Da questo momento le domande si rincorrono. Via via che le spiegazioni schiudono la strada alla comprensione, gli occhi delle ragazze si illuminano. Rapidamente l’incontro fortuito si trasforma in una visita guidata. Dalla Pietra dell’unzione alla cappella del Ritrovamento della croce, passando per la cappella siro-ortodossa e la tomba di Giuseppe il giusto tutti i segreti del Santo Sepolcro vengono svelati. Salta fuori che certi riti sono comuni, come, ad esempio, l’uso di lavare i corpi dei morti.

Gli sguardi si volgono ora alla tomba di Gesù. Oseranno entrarvi? Il monaco greco all’ingresso dell’edicola chiede soltanto di rispettare la coda. All’uscita le spiegazioni si impongono: la storia dell’edicola in via di restauro, le informazioni su quello che è possibile vedere oggi dell’antica sepoltura… Tutte ascoltano con attenzione e curiosità i commenti appassionati della loro guida improvvisata.

E si arriva a parlare di fede. «Noi musulmani crediamo che Gesù non sia morto. Dio inviò sulla terra un’altra persona a farsi crocifiggere al suo posto. Lui è ancora vivo e ora ha 2016 anni!».

«Ma se Dio è tanto grande, se è il più grande, non ha forse il potere di far tornare in vita un morto?». Il ragionamento fa breccia, ma il mistero della risurrezione le sorprende e le fa sorridere.

Il tempo passa ed è giunto il momento di salutarsi. Foto ricordo e scambio di indirizzi email esprimono la gioia e la sorpresa per un incontro tanto facile.

Anche se un fossato sembra separare le due religioni, è attraverso il dialogo e l’ascolto che si percepisce che i valori e i modi di fare sono simili. È la morale di questa giornata: parlare e confrontarsi consente di meglio comprendersi.

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