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La «fabbrica» dell’arte nel cuore di Gerusalemme

Beatrice Guarrera
18 agosto 2017
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Alla scoperta della Fondazione Al Ma'mal per l’arte contemporanea. Che promuove la cultura nel cuore della città vecchia di Gerusalemme, a un passo dalla Porta Nuova.


«Promuovere, incoraggiare e diffondere l’arte»: questo l’intento della Fondazione Al Ma’mal per l’arte contemporanea. Nel cuore della città vecchia di Gerusalemme, a un passo dalla Porta Nuova, questa organizzazione no profit opera da circa vent’anni, cercando di dare impulso alla cultura. «In città vecchia il nostro è l’unico spazio di esposizione di opere artistiche che non sia una galleria commerciale», racconta Aline Khoury, coordinatrice dei progetti. I colori dei quadri risaltano sulle pareti bianche, mentre le sedie vuote abbandonate e sparse in giro raccontano del grande movimento che deve esserci in quei saloni. Anche nell’ufficio di Aline si moltiplicano i colori, ma sono quelli degli innumerevoli post-it attaccati alla sua scrivania e al suo computer, frutto di contatti internazionali, progetti in corso e numerose idee da sviluppare.

«Al Ma’mal in arabo significa “fabbrica” – spiega Aline -, dato che questo posto fu una piccola fabbrica di mattonelle decorate dal 1900 al 1973». Dopo che negli anni Settanta la municipalità di Gerusalemme chiese di chiudere tutte le fabbriche della città vecchia e dopo gli anni di abbandono di quei luoghi, negli anni Novanta la famiglia proprietaria diede il permesso di utilizzare l’edificio per un progetto nuovo, a patto che si fosse conservato il nome Al Ma’mal. «Gli artisti non avevano alcuno spazio per esibire i propri lavori, spazi per imparare, confrontarsi tra di loro e così nel 1997 fu fondata qui questa organizzazione no profit», continua la coordinatrice dei progetti.

Oggi sono diverse le iniziative portate avanti nei locali di Al’Mamal: mostre di arte contemporanea, concerti sul terrazzo, laboratori educativi per ragazzi, seminari. Grazie a un mini appartamento che funge da residenza/studio, si ospitano anche artisti nazionali ed internazionali del grande network che ruota intorno all’organizzazione, per favorire uno scambio di idee.

«L’obiettivo che abbiamo di fare di Gerusalemme “un centro di arte contemporanea nonostante la situazione” è più difficile oggi di dieci anni fa. Prima Gerusalemme aveva molto di più l’attenzione internazionale e le persone potevano muoversi più liberamente – sostiene Aline Khoury -. La vita sociale a Gerusalemme Est è completamente cambiata, soprattutto negli ultimi cinque anni. Ma quello che è cambiato anche ad Al Ma’mal è che, da quando i nostri spazi si sono ingranditi, le persone hanno cominciato a chiedere di usare le nostre sale per concerti, laboratori, seminari e siamo diventati più un centro culturale che un centro di arte contemporanea».

Quotidianamente ong internazionali, uffici di rappresentanza, consolati e a volte donazioni private sostengono materialmente l’organizzazione. In piccola parte anche la possibilità di comprare le opere esposte costituisce un introito.

Come fa intendere la coordinatrice dei progetti, le sfide di oggi non spaventano Al Ma’mal, ma sono la molla che la spinge: «Oggi la questione è: come portare l’arte ad essere compresa dalle persone? Bisogna lavorare con le scuole, trovare nuovi modi di esprimersi, capire come coinvolgere studenti, persone, famiglie». In questo senso è stato pensato anche il laboratorio intensivo che a inizio luglio ha visto la partecipazione di trenta ragazzi della città vecchia, tra i 9 e i 14 anni d’età. Il progetto, supportato dal consolato generale d’Italia a Gerusalemme, ha fatto sperimentare ai giovani partecipanti arte visiva, scultura in argilla, pittura e danza. Il breve campo estivo si è chiuso poi con una cerimonia per le loro famiglie con un ospite di eccezione: l’osannato vincitore dell’edizione 2017 del programma televisivo Arab Idol,  Yacoub Shaheen.

E se qualcuno ha dei dubbi sull’utilità dell’arte in situazioni di guerre o di conflitti, Aline Khoury sa come farli sfumare: «Cultura e arte servono ad aumentare la consapevolezza e il pensiero critico, per provare a non rispondere con aggressività e violenza alla difficile situazione che si vive a Gerusalemme». Il lavoro di Al Ma’mal, dunque, continua, per spingere a trovare modi creativi di reagire, un po’ come molti fanno con i graffiti o con la fotografia. «Quando educhi le persone all’arte, possono usarla per esprimere se stesse ed è una via di comunicazione. Se la lingua è una barriera, l’arte riesce, invece, a comunicare messaggi in un altro modo».

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