Ieri, 22 agosto, un'altra voce dalla Terra Santa è risuonata nei padiglioni del quartiere fieristico di Rimini. Monsignor Pierbattista Pizzaballa ha riflettuto su Vangelo, tradizione e modernità.
(g.s.) – Quelli del Meeting, a Rimini, ieri pomeriggio hanno chiesto all’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, di svolgere una riflessione sul tema che ispira la 38.ma edizione dell’appuntamento agostano: Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo (frase tratta dal Faust di J. W. Goethe).
In apertura il presule ha ammesso che anche lui, come credente e cristiano immerso in un contesto storico – come il presente – caratterizzato da molti cambiamenti e pochi punti fermi, ha tanti dubbi e più domande che risposte. «Il nostro è un tempo – ha annotato l’arcivescovo – che ci costringe ad essere genitori di noi stessi; costretti a vivere solo la dimensione presente, nella quale non c’è posto per Dio… e ci sentiamo persi nel frammento».
Pizzaballa ha cercato di descrivere con quale stile si possa stare da cristiani dentro un presente così, valorizzando quanto si è ricevuto dalle generazioni andate. Un discorso tutto spirituale il suo, che ha solo sfiorato le questioni politiche o geostrategiche del Medio Oriente odierno.
La riflessione si è appoggiata ad alcuni testi biblici: il capitolo 12 del Libro dell’Esodo, la parabola dei talenti (raccontata da Gesù nel cap. 25 del Vangelo di Matteo), quella del tesoro nascosto e della perla preziosa (sempre in Matteo, al cap. 13), due brani del Vangelo di Giovanni (cap. 7, versetti 2-6 e cap. 20, v. 18); la Lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Filippi (cap. 3 vv. 7-9). Riferimenti ai quali Pizzaballa ha accostato i numeri 21 e 22 dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, pubblicata da papa Paolo VI nel 1975.
L’eredità, per rifarsi all’espressione di Goethe, dopo averla ricevuta va anche reinvestita e messa a frutto, ha osservato il relatore. Occorre che quel “tu” che eredita sia adulto, libero, capace di ereditare. L’eredità richiede sempre anche l’esercizio del ricordare quanto si è ricevuto (come ammonisce Esodo 12). «Bisogna ricordare – dice l’amministratore apostolico – e ricordare bene, perché una memoria inquinata è peggio della dimenticanza».
Cos’è questa eredità per il credente cristiano? Pizzaballa risponde che è Dio, e la relazione con Lui, insieme a tutto ciò che ne deriva.
Oggi abbiamo un rapporto complessato con la tradizione. Tendiamo a rifiutare quanto ci è stato trasmesso, in nome della modernità, o, al contrario, respingiamo la modernità per aggrapparci a un certo modo di intendere la tradizione, i valori ricevuti, ecc.
L’arcivescovo esorta invece a recuperare un rapporto sereno e adulto con la modernità rifacendosi al senso di un cammino che può portare lontano. Un senso che rinveniamo in quanto ci hanno trasmesso i nostri padri. Un senso che sta nel desiderio e nella passione. E che regge anche al rifiuto degli altri.
Possedere l’eredità, riceverla ed elaborarla, – osserva Pizzaballa – lo si fa a partire dalle piccole cose, nell’esperienza quotidiana: «Non perdiamo tempo aspettando le grandi occasioni. La differenza è data dalla qualità del proprio giocarsi senza paura».
Sulla frontiera della modernità il cristiano sta con l’animo di san Paolo nella lettera ai Filippesi: sa di essere redento e salvato e non gli pesa ciò che perde di questo mondo. Ben sapendo che occorre distinguere tra ciò che è cristiano e ciò che è mondano. Consapevole, inoltre, che non tutto è sublime e che c’è anche la spazzatura. Il discernimento è necessario, perché il tesoro e la perla preziosa di cui parla Gesù nel Vangelo sono nascosti.
In passato – ha chiosato l’arcivescovo – il desiderio dei nostri padri ha costruito le cattedrali. Noi dovremo probabilmente fare altro per raccontare ai nostri contemporanei che Dio si è fatto uomo perché l’uomo resti umano. Qualcosa che sia caratterizzato da uno stile cristiano, libero da pretese sul mondo. A riguardo ci illumina Paolo VI con la sua Evangelii nuntiandi già citata.
Il dinamismo dell’esperienza cristiana non deve diventare una strategia di marketing. Lo spirito del Regno è cortese e ospitale, benché non indifferente rispetto a qualsiasi cosa.
Pizzaballa ha concluso con una suggestione tratta dal testo biblico, che inizia con un giardino e finisce con una città: Gerusalemme. Dio da solo ha creato un giardino, ma non una città. Per edificare la città è richiesta la collaborazione, l’alleanza, dei suoi figli.
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