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Tra Libano e Israele nuovi venti di guerra?

Fulvio Scaglione
31 agosto 2017
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Mentre il movimento terrorista dello Stato islamico arretra (sul piano militare) in Iraq e Siria, torna caldo il confine tra Libano e Israele. Con gli Usa saldamente al fianco dello Stato ebraico.


L’opera di riallineamento della presidenza Trump alla tradizionale strategia Usa per il Medio Oriente prosegue senza sosta. Le conseguenze si fanno notare anche in Libano, in particolare al confine meridionale, quello con Israele. L’ambasciatore statunitense presso le Nazioni Unite, signora Nikky Haley, è partita all’offensiva contro la missione Unifil (l’operazione di peace-keeping che dal 1978 controlla una fascia di una ventina di chilometri in territorio libanese, dove non devono svolgersi attività militari di alcun genere), accusandola di non fare il proprio dovere e, anzi, di essersi trasformata nella foglia di fico di Hezbollah, che starebbe accumulando riserve di armi fornite dall’Iran e addirittura costruendo arsenali sotterranei. La Haley ha anche puntato il generale Micheal Beary, l’irlandese che comanda la missione Unifil, dicendo di lui: «Mostra un’imbarazzante incapacità di capire quanto realmente avviene, ed è forse l’unica persona in Libano che non vede quanto Hezbollah sta facendo».

Alla fine il consiglio di Sicurezza dell’Onu ha rinnovato il mandato alla missione, ma solo dopo aspre discussioni e dopo aver incassato, come si vede, una sostanziale sfiducia dagli Stati Uniti. I quali, a loro volta, hanno replicato le analisi e i timori più volte espressi, negli ultimi mesi, dai vertici militari di Israele, a cominciare dal generale Aviv Kochavi, vice capo di stato maggiore, e dal generale Amir Baram, comandante della 91.ma Divisione, impegnata proprio al confine con il Libano.

Come da tradizione, dunque, gli Usa sono impegnati su una triplice linea. Da un lato, appoggiano in toto la strategia di Israele, negli ultimi anni focalizzata sul «pericolo Iran». Dall’altro contrastano l’espansione politico-militare di Hezbollah, che peraltro continua, anche per ragioni oggettive: chi altri è corso a battersi, in Siria, contro le formazioni dell’estremismo sunnita che hanno infiltrato anche i campi profughi in Libano, così mal sopportati dalla popolazione locale? In terzo luogo, gli Usa cercano di rafforzare istituzioni dello Stato libanese e, in particolare, collaborano con il suo esercito, oggi il simbolo più efficace e rispettato dell’unità nazionale, interconfessionale e multietnica, del Paese. Con i paradossi che ne derivano: nelle ultime settimane, l’esercito libanese (sostenuto dagli Usa) e le milizie di Hezbollah (avversate dagli Usa, che le considera terroriste) hanno combattuto contro uno stesso nemico, i reparti del sedicente Stato islamico (Isis) annidati al confine tra Siria e Libano.

L’attacco dell’ambasciatore Haley a Unifil, quindi, ha il valore di un monito. Israele è pronta a reagire a qualunque minaccia e gli Usa sono con lo Stato ebraico, senza se e senza ma. In caso di aggressione, o di concreto pericolo, né l’Onu né il Consiglio di Sicurezza, sponsor di Unifil, potranno mettersi di mezzo. Adesso la palla è nel campo dell’Iran e di Hezbollah. A loro la responsabilità di un’eventuale escalation che americani e israeliani mostrano di non temere e, forse, di preferire a lungo e temibile logoramento. L’unica cosa certa è che, con l’Isis al declino, il confine tra Libano e Israele è ridiventato bollente.

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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