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A Parigi una mostra sui cristiani d’Oriente

Corrado Scardigno
20 settembre 2017
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A Parigi una mostra sui cristiani d’Oriente
Tra gli oggetti esposti questo prezioso manoscritto in greco e in arabo del XVII sec. (Collection Antoine Maamari)

Si inaugura il 26 settembre presso l'Institut du monde arabe un evento culturale che copre i 2.000 anni di storia del cristianesimo in Medio Oriente. Esposti anche reperti del Terra Sancta Museum.


«Nato a Gerusalemme, il cristianesimo si è rapidamente diffuso in tutto il Medio Oriente: Egitto, Siria, Libano, Giordania, Iraq. Nel corso della storia, i cristiani hanno giocato un grande ruolo nello sviluppo politico, culturale, religioso e sociale di questa regione del mondo». Si spiega così Chrétiens d’Orient. 2000 ans d’histoire, la nuova esposizione-evento dell’Institut du monde arabe (Ima) che sarà inaugurata martedì 26 settembre nella sua bella sede parigina.

La mostra, che si aprirà alla presenza del presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron per concludersi il 14 gennaio 2018, rientra nelle manifestazioni che alla fine del 2017 celebreranno i 30 anni dell’Istituto del mondo arabo, da sempre attento ad offrire una più ampia conoscenza del contesto arabo in Occidente. Concluso l’appuntamento parigino, la mostra verrà esposta dal 17 febbraio al 5 giugno 2018 nella città di Turcoing (ai confini col Belgio), presso il Musée des beaux arts Eugène Leroy.

Secondo Jack Lang, direttore dell’Ima, l’evento si presta ad essere qualcosa di unico. Verranno esposti circa 300 oggetti, alcuni dei quali per la prima volta in Europa: preziosi manoscritti, icone, mosaici, gli affreschi del III secolo d. C. della domus ecclesiae di Doura Europos in Siria e molto altro. Provenienti dai più grandi musei del mondo (Musei Vaticani, Louvre, British Museum, ecc.), i manufatti illustrano la millenaria storia delle numerose comunità cristiane d’Oriente: copti, greci, assiro-caldei, siriaci, armeni, maroniti. Una storia plurale sviluppatasi tra il Mediterraneo, l’Eufrate, il Nilo, il Bosforo lungi le età romana, bizantina, musulmana, ottomana, fino ai movimenti nazionalisti arabi. Tra gli oggetti in mostra, nove provengono dal Terra Sancta Museum. Tra questi lo splendido modellino del Santo Sepolcro in legno e madreperla, un’iscrizione funeraria, una madreperla della Mater Dolorosa e un registro del 1616.

Una prima parte della mostra copre l’arco di tempo tra il I e il VI secolo e sarà incentrata sull’evangelizzazione, le prime comunità cristiane e il loro fiorire, i concili, l’origine delle Chiese orientali, il monachesimo e i pellegrinaggi. Tre splendidi capitelli bizantini del VI secolo messi a disposizione dal Terra Sancta Museum evidenzieranno la bellezza dell’architettura cristiana, sviluppatasi con il diffondersi di edifici ecclesiastici a partire dall’età di Costantino.

La seconda parte, dal VII al XIV secolo, vedrà invece temi legati alle Chiese orientali dopo la conquista araba, le varie interazioni intellettuali, artistiche e culturali, lo sviluppo della lingua araba nella liturgia, per arrivare al periodo crociato e oltre. Tra i pezzi prestati dalla Custodia di Terra Santa, un prezioso mosaico figurato del VI sec. dal Monte Nebo in Giordania (Khirbat al-Mukhayyat, chiesa di San Giorgio). Esso rappresenterebbe l’unica iscrizione in arabo del periodo pre-islamico a noi nota in Siria-Palestina: una formula di saluto funebre bi-salam, unita al nome dell’arcidiacono defunto Saola, scritto in greco a destra.

Una terza parte, che comprende i secoli dal XV al XX, si svilupperà sull’idea di un mondo arabo unificato sotto l’Impero ottomano e degli intrecciati rapporti tra la Sublime porta, le Case reali e le diplomazie d’Europa e le chiese orientali (cattoliche e ortodosse), finalizzati alla protezione dei Luoghi Santi. Su questo argomento il Terra Sancta Museum contribuirà con un firmano del 1397, con il quale il sultano mamelucco al-Malik al-Zaher Barquq permetteva ai «Religiosi Franchi» (i frati – ndr) di rifabbricare una certa parte crollata nel Santo Sepolcro. Sarà esposto anche un firmano del 1561 promulgato dal Solimano il Magnifico per stabilire la nuova residenza dei francescani nel Convento georgiano di San Salvatore a Gerusalemme, dopo il forzato abbandono del Monte Sion. Tra i temi di questa sezione anche lo splendido rinnovamento artistico delle icone diffusosi a partire dal XVII secolo da Aleppo fino a Beirut, Gerusalemme, Damasco, il Cairo.

L’ultima parte, tra XX e XXI secolo, si sofferma sulla rinascita araba, la caduta dell’Impero ottomano, l’esilio, le migrazioni, mettendo a fuoco il concetto di «memoria» di un patrimonio trasmesso fino ad oggi anche fuori dalle originali aree geografiche. Una sezione fotografica contemporanea con scene di vita intima e quotidiana dei cristiani di sei Paesi arabi (Egitto, Giordania, Siria, Palestina, Iraq, Libano) chiuderà l’esposizione.

La mostra non è solo finalizzata alla conservazione di un patrimonio culturale, materiale e immateriale, spesso dimenticato o minacciato dai nuovi radicalismi religiosi diffusi in Medio Oriente, ma è anche una riflessione sul concetto di diversità e multiculturalismo, tema molto attuale in Europa. «Questo evento sottolinea e valorizza la, sia pur minoritaria, presenza cristiana nel mondo arabo» riferisce fra Stéphane Milovitch, direttore dei Beni culturali della Custodia di Terra Santa. Di fronte al fenomeno delle immigrazioni, troppo spesso ci si sofferma sull’Islam, ma forse bisognerebbe considerare il contributo che i numerosi cristiani d’Oriente possono dare, con il loro millenario e grande patrimonio culturale, per la costruzione di una nuova Europa.

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