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Pellegrini russi in Turchia: segnali di un riavvicinamento

Giorgio Bernardelli
12 ottobre 2017
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Apre a Istanbul una sede della Società imperiale ortodossa palestinese, che accoglie i pellegrini russi in Terra Santa. Segno di riconciliazione tra i patriarcati, ma anche di un avvicinamento politico dei due Paesi.


Chiunque sia stato a Gerusalemme negli ultimi anni ha visto con i propri occhi i moltissimi  pellegrini russi che affollano oggi i Luoghi Santi. Lo dicono gli stessi numeri ufficiali dell’Ufficio centrale di statistica israeliano: i russi sono ormai stabilmente al secondo posto nei flussi turistici verso la Città Santa, dietro solo agli arrivi dagli Stati Uniti (dove però sono ovviamente conteggiati anche i tanti ebrei americani che si recano in visita in Israele). E a certificare che i russi sono oggi il gruppo più importante tra i pellegrini cristiani c’è anche un segnale piccolo, ma significativo: nell’ultima campagna pubblicitaria dell’Ufficio del turismo israeliano, a rappresentare la dimensione del sacro a Gerusalemme sono solo le cupole di Santa Maddalena, l’inconfondibile chiesa ortodossa russa del Monte degli Ulivi.

Proprio alla luce di tutto questo diventa interessante una notizia pubblicata in questi giorni dal sito del patriarcato di Mosca. L’organo ufficiale dell’ortodossia russa ha reso infatti noto che la scorsa settimana, a Istanbul, c’è stato un incontro tra il patriarca ecumenico Bartolomeo e Sergei Stepashin, il presidente della Società imperiale ortodossa palestinese. Stephasin – spiega la nota – ha informato Bartolomeo dell’apertura di una rappresentanza della sua istituzione nella città erede di Costantinopoli e ha chiesto al patriarca sostegno per la promozione dei pellegrinaggi ortodossi nei luoghi santi della Turchia.

Per capire la portata di questo passo vale la pena di spendere due parole sulla Società imperiale ortodossa palestinese. Già l’aggettivo «imperiale» suggerisce qualcosa: si tratta infatti dello storico sodalizio fondato nel 1857, in epoca ottomana, che – con la benedizione degli zar – si occupava dell’accoglienza a Gerusalemme dei pellegrini russi, oltre che della costruzione di chiese e strutture al servizio delle comunità cristiano ortodosse della Terra Santa. Durò fino al 1914, quando la guerra fermò tutto; tre anni dopo, poi, sarebbe arrivata la rivoluzione d’ottobre a cancellare completamente quest’esperienza. E in epoca sovietica Mosca avrebbe addirittura svenduto al neonato Stato di Israele una parte di queste proprietà ritenute «inutili»: il simbolo più eloquente a Gerusalemme è il cosiddetto Russian Compound dove, già durante l’era del mandato britannico, uno degli edifici per l’accoglienza dei pellegrini era stato trasformato in una celebre prigione.

Con la caduta del comunismo in Russia è cominciata la rinascita dell’ortodossia. E dentro a questo quadro è rinata anche la Società imperiale ortodossa palestinese che in questi ultimi anni è tornata a crescere in Israele e in Palestina. Nel quadro del nuovo attivismo politico russo in Medio Oriente, la Chiesa ortodossa russa è riuscita a rientrare in possesso di alcune sue ex proprietà in Terra Santa, mentre altre le ha costruite ex novo. E anche le iniziative dell’istituzione guidata da Sergei Stepashin hanno contribuito a promuovere in Russia i pellegrinaggi a Gerusalemme.

Ora dunque la Società imperiale ortodossa palestinese annuncia di voler aprire un nuovo capitolo a Costantinopoli. E la notizia è interessante per due ragioni: da una parte è un ulteriore segnale di riavvicinamento tra i due grandi patriarcati ortodossi, dopo la crisi segnata due anni fa dalla scelta del patriarca di Mosca Kirill di non partecipare al Concilio panortodosso convocato a Creta da Bartolomeo. Del resto, appena poche settimane fa, il metropolita Hilarion, responsabile del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, ha rivolto a Bartolomeo un invito ufficiale a recarsi in Russia per le celebrazioni che a dicembre ricorderanno il centenario della persecuzione seguita alla rivoluzione di ottobre.

È evidente però che – accanto ai rapporti tra i leader religiosi – c’è anche un piano politico: l’apertura a Istanbul di una sede della Società imperiale ortodossa palestinese è favorita dal nuovo asse tra Ankara e Mosca, nato nell’ambito dell’intesa a tre tra Russia, Turchia e Iran sulla questione siriana, e della contemporanea crisi dei rapporti di Erdogan con Washington. Dentro a questo scenario oggi sembra destinata a entrare anche la carta dei pellegrinaggi ortodossi ai luoghi santi della Turchia. Un fattore che – se davvero dovesse conoscere la crescita sperimentata in questi anni a Gerusalemme – potrebbe portare da Est nuove ripercussioni importanti per tutto l’Oriente cristiano.

Clicca qui per leggere la notizia sul sito del Patriarcato di Mosca.

Clicca qui per leggere un articolo sulla storia della Società imperiale ortodossa palestinese.

 


 

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A dare il nome a questo blog è una delle più celebri tra le porte della città vecchia di Gerusalemme. Quella che, forse, esprime meglio il carattere singolare di questo luogo unico al mondo. Perché la Porta di Jaffa è la più vicina al cuore della moderna metropoli ebraica (i quartieri occidentali). Ma è anche una delle porte preferite dai pellegrini cristiani che si recano alla basilica del Santo Sepolcro. Ecco, allora, il senso di questo crocevia virtuale: provare a far passare attraverso questa porta alcune voci che in Medio Oriente esistono ma non sentiamo mai o molto raramente.

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