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Il Tempio e il mistero della «pietra nuda»

fra Eugenio Alliata ofm
17 novembre 2017
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Il Tempio e il mistero della «pietra nuda»
Il plastico del Tempio di Gerusalemme esposto presso il Museo di Israele.

La maggior parte delle nostre conoscenze circa l’antico Tempio ebraico derivano più dalle fonti letterarie che non dall’archeologia.


Il Tempio di Gerusalemme usava occupare in antico una posizione dominante non solo nella vita degli abitanti della città di Gerusalemme, ma dell’intera nazione ebraica. Una tassa di mezzo sheqel era raccolta ogni anno da ogni ebreo adulto in favore del Tempio (Matteo 17,24). Il Tempio era un luogo di incontro e di pellegrinaggio soprattutto durante le feste di Pasqua, delle Capanne e di Pentecoste. I rabbini hanno poi arricchito il sito di memorie ponendovi la «roccia di fondazione» del mondo, il sacrificio di Abramo sul Moria (Genesi 22) e il sogno di Giacobbe a Betel (Gen 28,11-19). I musulmani vi riconoscono la moschea «più lontana» (al-Aqsa) e il luogo della «ascensione di Maometto». I religiosi ebrei ritengono che, dopo la distruzione dei primi due templi, il Messia stesso provvederà alla fornitura di un terzo Tempio, che scenderà dal cielo già completato in tutte le sue parti.

Diversi episodi dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli si sono svolti neI portici e nei cortili del Tempio. Come ogni primogenito maschio anche Gesù venne presentato nel Tempio (Luca 2,21-24), alla Porta dei Primogeniti, sul lato sud del cortile più interno dove si offrivano i sacrifici. All’età di dodici anni, sotto uno dei portici, Gesù si intrattenne tra i Saggi, ascoltandoli e facendo loro domande (Lc 2,42-47). Il luogo della tentazione di Cristo dal punto più alto («pinnacolo») del Tempio (Mt 4, 5-6; Lc 4,9-12) è stato indicato nell’angolo sudorientale del recinto.

Nel portico a oriente (detto «di Salomone») Gesù passeggiava durante la festa della Dedicazione (Giovanni 10,22-24) quando contese con i giudei circa la sua messianicità. La posizione delle bancarelle dei venditori (Mt 21,12; Mc 11,15; Lc 19,45-48; Gv 2,13-25) potrebbe essere stata nel portico sud, detto Portico Reale. A quanti ammiravano le belle pietre e i doni votivi di cui il Tempio era ornato, Gesù risponde: «Non resterà pietra su pietra» (Mc 13,1-2; Lc 21,5-6) indicandone la caducità. La sua costruzione, durata quarantasei anni e mai veramente terminata, è presa da Gesù come immagine di sé stesso (Gv 2,19-20), tempio non fatto da mano d’uomo (Mc 14,58) e destinato a risorgere al terzo giorno.

La maggior parte delle nostre conoscenze circa l’antico Tempio ebraico derivano più dalle fonti letterarie che non dall’archeologia; gli autori moderni tuttavia non mancano di appigliarsi a tutti gli elementi ancora in qualche modo visibili per ricostruirne l’apparenza. Aiuta in qualche modo dividere lo spazio interno in «spianata», l’Haram al-Sharif, un’area delimitata quasi dovunque dagli stessi muri erodiani, e «piattaforma», o mastaba, per la parte centrale sopraelevata. Anche in antico si usava passare per aree via via sempre più elevate, attraversando i diversi cortili dello hieron, fino a raggiungere il naos, cioè il Tempio vero e proprio.

Circa la posizione occupata dagli edifici più interni, ci sono almeno una buona dozzina di differenti ipotesi proposte dagli studiosi. Le principali differenze riguardano il significato della pietra nuda che si trova sotto la Cupola della Roccia, che secondo alcuni potrebbe indicare il luogo dell’altare oppure il Santo dei Santi…

A motivo dell’incertezza sulla posizione esatta del Tempio all’interno della spianata i rabbini mantengono una proibizione generale all’ingresso, per non rischiare di calpestare il «luogo più santo». Per altri non ci sarebbe invece problema: basta, una volta sulla spianata, rimanere ai margini del recinto.

Terrasanta 6/2017
Novembre-Dicembre 2017

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