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Tradotta in arabo, da Sabbah, la biografia di Dossetti

Beatrice Guarrera
2 febbraio 2018
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È fresca di stampa, in Terra Santa, la biografia di Giuseppe Dossetti (1913-1996), nella traduzione curata da mons. Michel Sabbah. Che ci spiega le ragioni di questa iniziativa editoriale.


Il patriarca latino emerito di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, ha tradotto in arabo la biografia di don Giuseppe Dossetti, fondatore della comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata, monaco in Medio Oriente e prima ancora politico italiano membro dell’Assemblea costituente – nei banchi della Democrazia cristiana – tra il 1946 e il 1948, e, da prete, perito al concilio Vaticano II. Il racconto della vita di Dossetti, nato nel 1913 e morto nel 1996, è ora disponibile dunque anche per i lettori arabi in Terra Santa, dove il religioso trascorse gli ultimi anni della sua vita con la sua comunità, tra Gerico, Ma’in e Ein Arik.

L’edizione italiana di questa biografia di Dossetti è stata pubblicata nel 2012 dalle edizioni Il Margine, a firma di don Fabrizio Mandreoli, teologo e storico, oggi docente alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna. La versione in arabo, invece, è stata data alle stampe prima del Natale 2017, ma sarà presentata al pubblico prossimamente in Terra Santa.

Dal convento sul Monte degli Ulivi a Gerusalemme dove vive, il patriarca emerito ha potuto dedicarsi a tempo pieno alla traduzione del libro, che ha svolto in collaborazione con padre Raed Abusahlie, già direttore della Caritas di Gerusalemme, oggi parroco a Reneh (in Galilea). «Quando ero patriarca, ero al 50 per cento amministratore e al 50 per cento evangelizzatore – ha dichiarato a Terrasanta.net mons. Sabbah, 85 anni -. Oggi sono apostolo al 100 per cento perché sono libero da ogni incarico amministrativo». La volontà di impegnarsi in questo progetto, ha raccontato il patriarca emerito, è nata dal desiderio della comunità dossettiana di Ein Arik di tradurre in arabo la biografia scritta da Mandreoli e dal suo personale interesse a «far conoscere una personalità politica sincera e disinteressata come don Giuseppe Dossetti».

Il patriarca Sabbah incontrò più volte Dossetti. «La prima volta eravamo negli anni Ottanta e io ero parroco ad Amman – ricorda -. Avevo già sentito parlare di lui e ci siamo incontrati a Ma’ïn, vicino a Madaba in Giordania».

La prima comunità, fondata in Terra Santa da Dossetti, si era stabilita, infatti, prima a Gerico e poi si era trasferita a Ma’ïn, su invito del patriarca Giacomo Giuseppe Beltritti (predecessore di Sabbah dal 1970 al 1987). La Piccola Famiglia dell’Annunziata aveva trasformato quel piccolo villaggio abbandonato in un centro spirituale per cristiani e musulmani. Da Ma’ïn Sabbah chiese loro di fondare un’altra comunità a Ein Arik, vicino a Ramallah (Palestina), dove fecero lo stesso, ridando anima a tutta la comunità cristiana locale.

Il patriarca emerito ha sempre apprezzato la Piccola Famiglia dell’Annunziata: «In loro ho visto una comunità che pregava e una comunità che si inseriva sinceramente e totalmente nel luogo in cui era».

Per quanto riguarda lo stesso Dossetti, invece, il patriarca Sabbah era colpito dalla «sua preghiera e dalla sua visione della situazione politica». Fin da subito uomo di fede, iniziò con la Resistenza con i partigiani e dopo la guerra fece parte della Costituente. Fu attivo nella Dc a contatto con Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati. Dopo la politica si consacrò alla vita monastica. «Da partigiano non ha portato armi, non si è sporcato le mani di sangue – spiega Sabbah – Ha piuttosto salvato tanti da condanne e uccisioni arbitrarie. Era un uomo integro e credibile». Questo suo sentirsi sempre, anche da monaco, «responsabile della storia», è ciò che spinse Dossetti a scrivere contro l’invasione americana del Vietnam negli anni Sessanta del secolo scorso, a temere le conseguenze negative possibili della visita del presidente americano Richard Nixon a papa Paolo VI (visita che si svolse nel 1969 e che il monaco vedeva come «un’ipocrisia») e a schierarsi contro la guerra dell’Iraq del 1991 («Questa guerra è cominciata per non finire mai», disse).

La visione di Dossetti sull’Occidente, l’Oriente e la Chiesa è un altro aspetto che il patriarca emerito apprezza particolarmente: «Sapeva che la Chiesa è “d’Occidente” e sembra guardare sempre più verso l’Occidente, senza volersi aprire. Quando è venuto in Medio Oriente, invece, si è reso conto d’una realtà differente – ha affermato Sabbah -. Sosteneva che quando si va in Oriente, bisogna andare come chi va a scuola a imparare l’alfabeto: non si può capire tutto dalla prima settimana».

Dossetti fu dunque, per mons. Sabbah, una personalità straordinaria, da cui prendere esempio. «Abbiamo tradotto la sua biografia per offrire un modello agli uomini della politica di qui, che siano cristiani o musulmani», osserva il presule. Ciò che, infatti, rovina i politici di tutto il mondo e anche quelli palestinesi è, secondo il patriarca emerito, l’attaccamento al denaro e la corruzione. «Abbiamo bisogno di politici che siano come monaci, cioè distaccati dal mondo – ha affermato Sabbah -. Abbiamo bisogno di gente come Giuseppe Dossetti che agisce spinta dall’amore per ogni persona umana e dall’amore di Dio, Creatore di tutti. Dossetti è sempre rimasto nella storia. Un uomo tutto di Dio e tutto della terra».

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