Le distruzioni del patrimonio storico e artistico in Siria e Iraq non sono iniziate con l’emergere del cosiddetto Stato islamico (Is) e l’occupazione dell’alta Mesopotamia da parte delle sue milizie. La guerra civile siriana era iniziata prima e tutte le fazioni in lotta erano già responsabili di gravissime violazioni di numerosi siti storici, compresi i luoghi dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Tuttavia, negli spazi occupati dai jihadisti a partire dalla fine del 2013 si è aggiunto un carattere intenzionale nelle distruzioni dei simboli di archeologia e arte dei popoli nemici, provocate da motivazioni ideologiche e religiose. In Iraq, un patrimonio già sottoposto a pericoli e degrado durante le guerre di Saddam Hussein, ha visto un grave aumento dei danni dopo l’invasione occidentale del 2003, fino al precipitare della situazione con la conquista di Mosul nel 2014.
La violenza iconoclastica scatenata dagli uomini del cosiddetto Califfato, proclamato da Abu Bakr al Baghdadi, non ha equivalenti nella storia contemporanea e comporta un accanimento contro la memoria stessa di popoli e civiltà che hanno vissuto in questa terra cruciale per la storia dell’umanità. Qui hanno vissuto sumeri, assiri, accadi, babilonesi, hanno governato nei secoli dinastie persiane, ellenistiche, musulmane, ecc.
Questo studio di Paolo Brusasco, archeologo dell’Università di Genova che già si era occupato di questi temi (Tesori rubati 2013), è la più approfondita ricognizione pubblicata finora in Italia sul tema. Incrociando e vagliando con attenzione le fonti di informazione, spesso suscettibili di manipolazioni come sempre accade nelle guerre, spazia dalla devastazione dei templi cristiani e yazidi nel nord dell’Iraq, a quella del Museo di Mosul con il suo patrimonio di arte preislamica; dalla distruzione dei resti di Ninive, Nimrud e delle capitali assire a quelle inferte a monumenti di Aleppo, Apamea, Ebla e Palmira. Il tutto accompagnato da una settantina di immagini a colori e un ricco apparato bibliografico.
Ma il testo va oltre l’archeologia, per conoscere le motivazioni profonde che hanno portato alla «epurazione di tutte le diversità etnico-religiose che non fossero strettamente aderenti al credo sunnita estremistico cui si ispiravano gli ideologi jihadisti creatori dell’Isis». Esamina le dimensioni antropologica, mediatica ed economico-criminale dei fatti accaduti, angolature diverse da cui osservare gli eventi. Analizza le origini dottrinali di una iconoclastia legata al wahabismo, nel quadro del complesso rapporto dell’Islam con le immagini.
Unica luce in tale scenario, la passione e il sacrificio di archeologi, perlopiù siriani e iracheni, impegnati nella difesa e nella ricostruzione che deve avvenire, insieme alla rinascita della vita civile. (f.p.)
Paolo Brusasco
Dentro la devastazione
L’ISIS contro l’arte di Siria e Iraq
La nave di Teseo, Milano 2018
pp. 439 – 22,00 euro