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Voci di israeliane, palestinesi, italiane: in un libro trent’anni di dialogo

Manuela Borraccino
11 marzo 2025
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Dalle attiviste palestinesi alle israeliane presenti nelle organizzazioni per i diritti umani nei Territori occupati, in un volume decenni di cooperazione, incontri e iniziative promosse da femministe italiane tra Gerusalemme e Gaza.


È una polifonia di voci sparse in un arco temporale di più di trent’anni – dal 1988 al maggio 2024 – quella ricostruita nel bel libro Palestina Israele. Parole di donne (Futura editrice, 2024) a cura della sindacalista della Cgil Alessandra Mecozzi e dell’antropologa Gabriella Rossetti. «Ricordo il tempo in cui ci siamo incontrate, tante donne dall’Italia, da Israele e dalla Palestina», racconta l’avvocata Leah Tsemel, 74 anni, tra le più esperte giuriste israeliane nella difesa di donne e uomini palestinesi. «Penso che ci siano tuttora donne forti – aggiunge – che lavorano nella giusta direzione e sarebbe una buona idea parlare con loro, e parlare tra noi, anche se non ci sono, come prima, grandi organizzazioni di donne». Spiega l’attivista 72enne Mariam Abu Daqqa, presidente dell’Associazione per gli studi di genere (Palestinian Development Women Studies Association – Pdwsa) che fino al 2023 aveva sede a Gaza, mentre oggi la sua rappresentante risiede al Cairo: «Le giovani possono essere una spinta per il cambiamento. Oggi abbiamo bisogno di nuovi leader. Basta con la vecchia guardia. Ma alcune fra noi della precedente generazione possono trasmettere le loro esperienze, trasmettere cultura e potere».

Il confronto generazionale percorre tutta la raccolta di una trentina di ritratti e interviste di pacifiste israeliane, palestinesi e italiane sui diversi temi della lotta al patriarcato, della battaglia per i diritti umani e per i diritti delle donne, per la fine dell’occupazione. Alcune delle interviste sono inedite, altre già pubblicate in questi ultimi anni come quella di Giulia Ceccutti su Terrasanta.net. Dalla 80enne Zahira Kamal, già ministra per le donne dell’Autorità palestinese dal 2003 al 2006, all’antropologa 55enne Rubah Salih che oggi insegna a Bologna, sono molte le palestinesi a dire la loro sul futuro dei due Stati. Così come tra le israeliane sfilano le opinioni «dell’altra Israele» nell’espressione delle curatrici: quelle delle obiettrici di coscienza come Sofia Orr e Noam Gur, di chi difende i diritti umani dei palestinesi come l’avvocata Moria Shlomot e la regista Orna Akad, fino all’accademica Nurit Peled-Elhanan che ha denunciato l’ideologia e la propaganda con cui la Palestina viene presentata nei libri scolastici israeliani.

«Il sistema patriarcale è molto pesante, con governo e fondamentalisti si va indietro» spiega Sawsan Saleh, 69 anni, attivista palestinese di lungo corso. «Anche quelli di Fatah – aggiunge – sono molto conservatori e ogni venerdì in moschea si parla contro le donne. Poi vediamo che le studentesse nelle elezioni universitarie votano per Hamas: è soprattutto un voto contro Fatah. Oggi la nuova generazione deve trovare nuove forme di coinvolgimento nella lotta nazionale». La distanza rispetto alla generazione di palestinesi che hanno vissuto l’ascesa e declino delle speranze di Oslo è in qualche modo confermata anche dalla radicalità delle parole della 24enne Ahed Tamimi, una delle più note fra le detenute palestinesi dopo esser finita in carcere per la prima volta a 17 anni quando, nel 2018, schiaffeggiò un soldato israeliano: «La mia generazione – dice tra le altre cose – non la pensa come quella di mio padre. Io non ci sto ad andare in galera per un pezzo di Palestina, vogliamo lottare per tutta la Palestina storica»…

A questa antologia le due curatrici avevano iniziato a lavorare all’indomani del Forum internazionale delle donne che si era svolto a Gaza con oltre 200 donne palestinesi nel maggio 2022, su invito di Meri Calvelli, cooperante dell’ong Acs Italia, Associazione di Cooperazione e Solidarietà in Palestina, e direttrice del centro di scambio culturale Vik di Gaza, intitolato all’attivista italiano Vittorio Arrigoni ucciso nella Striscia nel 2011. «Con Gabriella eravamo la voce della Casa internazionale delle donne di Roma – ci racconta la curatrice del volume Alessandra Mecozzi – e ci avevano chiesto di fare da madrine per il progetto di una Casa internazionale delle donne a Gaza. Purtroppo il terreno e l’edificio sono stati bombardati dopo il 7 ottobre 2023, non rimane più nulla. Le interviste sono nate dal nostro desiderio di capire e dare voce a donne per far conoscere i cambiamenti, le novità, gli stati d’animo e le riflessioni di persone di età e collocazioni diverse, sia geografiche che sociali».

Le due curatrici hanno aggiornato le interviste dopo il 7 ottobre. «Il mio primo viaggio e incontri con le associazioni di donne risale al 1988 – racconta Mecozzi – e in questi 37 anni i cambiamenti sono stati enormi: con gli accordi di Oslo le speranze per l’avvio di una nuova stagione di pace e per l’introduzione di diritti di genere in un’eventuale Costituzione palestinese erano enormi, oggi purtroppo le relazioni fra i due popoli si sono affievolite moltissimo. Dobbiamo anche registrare un calo significativo del numero di donne attive, tanto tra le israeliane quanto tra le palestinesi: sono assai meno numerose di un tempo, pochissime sono le associazioni miste ancora attive nella polarizzazione di oggi. L’involuzione sociale e a livello di partecipazione è tangibile a tutti i livelli: manca una piattaforma condivisa, un terreno comune di dialogo che bisogna cercare a tutti i costi di ricostruire per cercare di uscire da questa impasse». Il libro vuol essere dunque non solo un contributo alla conoscenza di percorsi esistenziali e politici che vanno ben oltre i femminismi, ma uno strumento concreto di riflessione per far ripartire una nuova stagione di partecipazione e di ascolto reciproco.

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