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Il Comune di Gerusalemme minaccia di pignoramento il Patriarcato armeno

Terrasanta.net
21 febbraio 2025
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Il Comune di Gerusalemme minaccia di pignoramento il Patriarcato armeno
Il palazzo municipale di Gerusalemme. (foto Daniel Baránek/Wikimedia)

Un esattore delle imposte sulle proprietà immobiliari contesta alla curia armena di Gerusalemme ingenti arretrati non versati. Il Patriarcato contesta gli addebiti e presenta ricorso. Al suo fianco anche i capi delle altre Chiese di Terra Santa.


È allarme rosso al Patriarcato armeno di Gerusalemme, minacciato da un imminente sequestro di beni immobili da parte del Comune di Gerusalemme. Questa azione, la più diretta mai intrapresa dalla municipalità contro una Chiesa, rientra in una procedura di riscossione dell’Arnona, una tassa municipale sulle proprietà contestata dalle Chiese della Terra Santa.

Da diversi anni, il Comune di Gerusalemme e altre municipalità israeliane cercano di imporre alle Chiese una tassa sugli immobili non esclusivamente destinati al culto. Nel 2018, un conflitto simile aveva portato ad alcuni giorni di serrata della basilica del Santo Sepolcro, un atto estremo volto ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Un comitato governativo israeliano era stato istituito per risolvere la questione, ma le attuali iniziative dell’amministrazione comunale di Gerusalemme sembrano ignorare quelle negoziazioni.

Una minaccia esplicita e imminente

In un comunicato pubblicato nella serata del 18 febbraio, il Patriarcato armeno spiega che una procedura di pignoramento potrebbe portare alla vendita all’asta di proprietà che esso detiene da secoli per recuperare presunti debiti legati all’Arnona, risalenti al 1994. Il Patriarcato accusa «le azioni dell’ufficiale di riscossione, un dipendente della municipalità di Gerusalemme, che ha “determinato” che il Patriarcato ha un debito astronomico, senza tenere conto della prescrizione e senza fornire un’identificazione chiara delle basi di tale debito». Inoltre, una parte significativa del presunto debito riguarda un immobile che, in realtà, è affittato alla stessa municipalità di Gerusalemme, con la quale, per altro, il Patriarcato ha una vertenza aperta per affitti non corrisposti.

Contro le deliberazioni del funzionario, che ha respinto tutte le obiezioni della curia patriarcale, è stato presentato un ricorso amministrativo che verrà preso in esame il prossimo 24 febbraio. Se la giustizia respingerà l’istanza del Patriarcato, la municipalità potrebbe procedere con il sequestro dei beni, creando un precedente giuridico disastroso per tutte le Chiese in Israele.

In questa foto di repertorio una celebrazione liturgica davanti alla cattedrale di San Giacomo, nel quartiere armeno di Gerusalemme. (foto Hadas Parush/Flash90)

Il Patriarcato, che considera questa situazione come una grave minaccia alla stessa presenza armena in Terra Santa, chiede al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al ministro dell’Interno e al presidente del comitato governativo incaricato della questione dell’Arnona di sospendere immediatamente le misure intraprese contro di esso. Invoca, altresì, la ripresa dei negoziati per raggiungere una soluzione concordata.

La comunità armena di Gerusalemme ha già dovuto lottare per proteggere il proprio patrimonio fondiario. Nel maggio 2023, una forte opposizione interna era scoppiata in seguito alla firma di un contratto di locazione di 99 anni, che cedeva una porzione del quartiere armeno a un imprenditore ebreo australiano. La vicenda aveva provocato proteste, richieste di dimissioni e la perdita del riconoscimento del patriarca da parte della Giordania e dell’Autorità Palestinese. La curia patriarcale ha fatto marcia indietro cercando di annullare il contratto ed ora la questione è oggetto di contenziosi legali.

Questa vicenda si inserisce in un contesto di tensioni che coinvolge tutte le Chiese in Israele. Pochi giorni prima, i capi delle Chiese di Gerusalemme avevano incontrato diplomatici internazionali per esprimere le loro preoccupazioni, in particolare riguardo alla questione dell’Arnona.

La presenza cristiana potrebbe risentirne

L’argomento va ben oltre la comunità armena: solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine delle istituzioni cristiane in Terra Santa. L’eventuale sequestro dei beni del Patriarcato armeno potrebbe aprire la strada ad azioni simili contro altre Chiese. La presenza cristiana potrebbe essere ulteriormente indebolita da queste politiche aggressive.

Secondo il sito di notizie armeno civil.net, padre Gogchyan, cancelliere del Patriarcato armeno, ha affrontato la questione con il segretario di Stato americano Marco Rubbio a margine della sua visita privata al Santo Sepolcro.

«Noi (i religiosi delle diverse confessioni custodi della basilica, ndr) abbiamo espresso le nostre preoccupazioni riguardo alla presenza dei cristiani in Israele e alla loro possibile partenza. Il segretario di Stato ha osservato che molti cristiani, compresi gli armeni, hanno già lasciato la Siria, il Libano e altri paesi del Medio Oriente, e che gli Stati Uniti faranno tutto il possibile per garantire che la presenza cristiana in Israele rimanga stabile, evitando che si ripeta quanto accaduto in questi paesi».

Solidali le altre Chiese di Terra Santa

Di fronte a questa minaccia, la comunità cristiana di Gerusalemme e i rappresentanti delle Chiese uniscono le forze per far sentire la propria voce e preservare un patrimonio religioso e storico di inestimabile valore.

Il 19 febbraio, il delegato apostolico a Gerusalemme, monsignor Adolfo Tito Yllana, ha ricevuto rappresentanti del Patriarcato armeno per discutere delle questioni sul tappeto. Nello stesso giorno i patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme hanno reso pubblico un comunicato comune che esprime solidarietà al Patriarcato armeno. Le azioni intraprese contro di esso, scrivono, «basate su un debito fiscale Arnona non verificato ed esorbitante, sono giuridicamente dubbie e moralmente inaccettabili».

«È inconcepibile – proseguono i responsabili delle Chiese – che le istituzioni cristiane, la cui missione da secoli è quella di custodire la fede, servire le comunità e preservare il sacro patrimonio della Terra Santa, debbano ora affrontare la minaccia di un sequestro di proprietà a causa di misure amministrative israeliane che ignorano il giusto processo. Particolarmente allarmante è il tentativo della municipalità di far valere una determinazione del debito senza alcun controllo giudiziario, e in aperta sfida al comitato governativo istituito per negoziare tali questioni in buona fede. Questa mossa sconsiderata mette in pericolo il Patriarcato Armeno Ortodosso e crea un pericoloso precedente che potrebbe minacciare le istituzioni cristiane in tutta la Terra Santa».

In chiusura una richiesta esplicita al governo israeliano: «Chiediamo al Primo Ministro Benjamin Netanyahu, al Ministro dell’Interno Moshe Arbel e al Ministro Tzachi Hanegbi di intervenire immediatamente, sospendere tutte le procedure di pignoramento e garantire che i negoziati riprendano all’interno del comitato governativo sopra menzionato, al fine di raggiungere una soluzione amichevole a questa controversia nello spirito di giustizia».

Il Consiglio ecumenico delle Chiese: «Un oltraggio legale e morale»

Da Ginevra il 20 febbraio si è espresso, solidalmente, anche il reverendo Jerry Pillay, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (organismo di coordinamento ecumenico a livello mondiale a cui aderisce buona parte delle Chiese ortodosse e delle denominazioni cristiane luterane e con il quale la Chiesa cattolica collabora dall’esterno).

Così leggiamo in un passaggio del comunicato: «Il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) esprime la sua solidarietà al Patriarcato Armeno di Gerusalemme di fronte a un’ingiusta ordinanza di pignoramento emessa dal Comune di Gerusalemme. Denunciamo questo atto come un palese attacco alla libertà religiosa e una grave violazione dello Status Quo storico che regola i Luoghi Santi di Gerusalemme».

«Da secoli – soggiunge Pillay –, il Patriarcato Armeno, insieme ad altre istituzioni cristiane, custodisce il sacro patrimonio della Terra Santa, servendo come faro di fede, servizio alla comunità e giustizia. Le misure coercitive adottate contro il Patriarcato non solo rappresentano un oltraggio legale e morale, ma costituiscono anche un pericoloso precedente che minaccia tutte le istituzioni cristiane di Gerusalemme. Questa azione sconsiderata si inserisce in un quadro più ampio di crescenti pressioni, dispute territoriali e atti di intimidazione contro le comunità cristiane della Città Santa—atti che il Cec ha ripetutamente condannato».


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