(f.p.) – Un centro di produzione di lucerne in terracotta è stato tra le più sorprendenti scoperte archeologiche degli ultimi anni in Galilea. Si tratta dell’antico villaggio di Shikhin, a poca distanza da Sepphoris (Tzipori), la città romana vicina a Nazaret rinomata per i suoi mosaici dei primi secoli dopo Cristo. L’ubicazione di Shikhin era stata dimenticata anche se il villaggio era citato da fonti ebraiche, come le Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio e il Talmud.
A Shikhin si produsse ceramica di qualità fino a quando il villaggio fu abbandonato nel IV secolo. La sua riscoperta partì proprio dal ritrovamento di grandi quantità di pezzi, a conferma di una fiorente industria. Dal 2012 sono in corso scavi che hanno portato alla luce l’antica sinagoga. Nel 2023 fu trovato un enigmatico manufatto in pietra: lo stampo di una lampada.
Tutti gli strumenti di un laboratorio
Non era il primo ritrovamento di un oggetto in pietra usato per modellare le due metà della lucerna: altri erano stati rinvenuti a Cesarea, Sepphoris e Bet Shemesh. Ma – come ha raccontato uno dei ricercatori, Mordechai Aviam del Kinneret College al quotidiano Haaretz – sulla collina di Shikhin si celava un intero laboratorio con tutto l’occorrente, dagli stampi (più di 90 tra frammenti e stampi interi) a mucchi di scarti di lavorazione, a un forno per lampade a olio, che è più piccolo dei normali forni da vasaio, fino a insoliti dischi di argilla con una protuberanza che si suppone siano «buchi di ciambella» creati quando si ritagliava il foro per riempire la lampada con l’olio…
Oggi, grazie a un lavoro di archeologia sperimentale condotto dal restauratore Yeshua Dray, questi stampi sono stati ricreati, insieme a una fornace per cuocere a 800 gradi i pezzi che compongono le lampade. Nella scuola democratica Shvilim, una scuola sperimentale vicino a Cesarea, gli alunni hanno usato questi strumenti per realizzare con successo lampade a olio nello stile antico, come attività artistica e per celebrare la festa ebraica delle luci, in ebraico Chanukkha.
La menorah in memoria del Tempio
Una rara lampada a olio di argilla del periodo tardo romano, decorata con raffigurazioni della menorah del Tempio, di una pala per l’incenso e del lulav (il ramo di palma da dattero utilizzato in occasioni particolari come la festa di Sukkot) è stata recentemente scoperta vicino al Monte degli Ulivi a Gerusalemme, durante uno scavo archeologico dell’Autorità israeliana per le antichità (Aia). Questo reperto unico, a giudicare dai segni di fuliggine sul suo beccuccio, veniva utilizzato per l’illuminazione circa 1.700 anni fa, e offre uno sguardo sulla vita culturale e religiosa ebraica del periodo.
In particolare la scoperta è rilevante – come ha spiegato Michael Chernin, direttore dello scavo sul quotidiano The Times of Israel – poiché esistono pochissime prove dell’esistenza di un insediamento ebraico all’interno o nei pressi di Gerusalemme dopo che l’imperatore romano Adriano soppresse la ribellione di Bar Kokhba nel 135 d.C. (terza guerra giudaica) e gli ebrei furono espulsi dalla città. Ma nonostante queste forti limitazioni del culto ebraico nella regione, alcuni reperti come questo indicano che i tentativi dei romani di sopprimere la religione ebraica non ebbero completo successo.
Secondo l’archeologo dell’Autorità israeliana per le antichità Benjamin Storchan, la lampada appartiene al tipo detto Beit Nattif, dal nome di un laboratorio di produzione identificato negli anni Trenta del Novecento vicino a Bet Shemesh, dove le lampade venivano prodotte con stampi in pietra che modellavano le due metà dell’oggetto.
La lucerna ha disegni geometrici e al centro una rappresentazione dettagliata della menorah a sette rami e base a treppiede. Le lampade a olio con decorazioni di questo tipo sono estremamente rare e solo pochi esemplari si possono trovare nelle collezioni del Tesoro nazionale.
La scelta dei simboli non è casuale, perché si tratta di oggetti di uso quotidiano e legati a credenze degli abitanti dell’antica Gerusalemme. Sembra che la lampada appartenesse a un ebreo, che potrebbe averla acquistata per la sua appartenenza religiosa e perché desideroso di fare memoria del Tempio, due secoli dopo la sua distruzione. La menorah del Tempio divenne un simbolo ebraico nel periodo del Secondo Tempio. Dopo la sua distruzione (70 d.C.), l’immagine del candelabro a sette braccia divenne un’icona importante nella memoria collettiva ebraica, sia in Israele che nella diaspora.
Uso politico di una scoperta
La notizia del ritrovamento è stata data negli ultimi giorni del 2024, in occasione della festa di Chanukkha, che si è svolta da 26 dicembre al 2 gennaio scorsi, anche per sottolineare il valore simbolico dell’oggetto ritrovato. La lampada è stata esposta al Campus archeologico nazionale Schottenstein di Gerusalemme, che è la nuova sede dell’Autorità israeliana per le antichità, ancora in fase di costruzione.
Il valore «politico» che è stato attribuito alla scoperta della lampada è confermato da una dichiarazione del ministro del Patrimonio culturale Amichai Eliyahu, esponente di Otzma Yehudit, il partito estremista di Itamar Ben-Gvir (uscito dal governo, con gli altri ministri del suo gruppo politico, il 19 gennaio scorso per protesta contro il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza ). «Questa lampada a olio unica – ha affermato Eliyahu – collega le luci del passato con la festa odierna di Chanukkha ed esprime il profondo e duraturo legame della nazione di Israele con la sua eredità e con la memoria del Tempio».