Mentre Bashar al-Assad si gode il suo esilio a Mosca, una delegazione russa è sbarcata oggi a Damasco. Si tratta del primo contatto «ufficiale» da quando l’ex-presidente è stato rovesciato. Ne dà notizia l’agenzia di stampa governativa russa Tass. Se da una parte Mosca ha onorato il debito di riconoscenza verso Assad (e famiglia) per essere stato nel corso degli ultimi decenni un fedele alleato sullo scacchiere mediorientale, viceversa la Russia ha ora l’obiettivo di garantire un futuro alla sua presenza nell’area e alle sue basi militari in Siria.
Gli emissari di Putin
La delegazione, che incontrerà il nuovo padrone di Damasco Abu Mohammed al-Jolani, al secolo Ahmed al-Sharaa, comprende il viceministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov e Alexander Lavrentiev, inviato speciale del Cremlino per la Siria.
Tra le questioni sul tappeto, oltre a una serie di possibili aiuti e accordi economici, appunto le basi in Siria, quella navale di Tartous e la base aerea di Hmeimim, non lontano da Latakia. Le due basi sono di fondamentale importanza per Mosca: la struttura di Tartous è l’unico centro nevralgico russo per le riparazioni e i rifornimenti nel Mediterraneo. La base area di Hmeimim è servita come retrovia logistica per spostare truppe e contractor militari dentro e fuori l’Africa.
Intanto da Aleppo giunge la testimonianza di fra Bajhat Karakach, parroco francescano della parrocchia di rito latino di Aleppo, sulla situazione che il Paese sta vivendo in queste ultime settimane.
Il nuovo corso, nel bene e nel male
«È importante evitare che l’opinione pubblica abbia l’impressione che tutto vada bene. È ancora troppo presto perché il mondo si dimentichi della Siria: abbiamo una lunga strada da percorrere prima di raggiungere uno Stato di diritto, stabile e democratico».
«Ci sono alcuni fatti positivi prima di passare alle emergenze che destano preoccupazione – spiega il religioso –. Infatti, ci sono alcuni ambiti in cui si avverte una speranza: l’apertura delle nuove autorità verso la comunità internazionale, le promesse di non essere un Paese in conflitto con i vicini, la visione di una nuova economia aperta, ecc. Già il costo di alcuni beni sul mercato è diminuito; oggi è possibile procurarsi carburante, gas e pane senza dover fare lunghe file. A questo si aggiunge un buon livello di libertà di espressione, a cui noi siriani non eravamo abituati. Durante i decenni del regime, esprimere un’opinione politica era un crimine che poteva costare la vita».
D’altro canto, però, non mancano le preoccupazioni riguardo al futuro del Paese e alla forma di governo che si instaurerà. Ci sarà un cammino di democrazia e apertura politica, o nascerà un governo basato sulla legge islamica?
«Diversi gruppi armati di cui non è chiara l’appartenenza – prosegue padre Bahjat – continuano a compiere atti di violenza e discriminazione. Nei mezzi pubblici le donne vengono separate dagli uomini, e alcuni gruppi distribuiscono alle donne il burqa, l’abito nero che copre tutto il corpo, compreso il volto. C’è poi l’emergenza economica. Oggi la gente non lavora, i soldi non circolano, e i bisognosi sono in aumento».
Le promesse, condizionate, dell’Ue
La ripresa economica e la fine delle sanzioni internazionali sono la condizione perché possa rinascere una speranza nella Siria del post-Assad. L’Unione europea ha fatto in questo senso il primo passo per alleggerire le sanzioni contro la Siria, dopo che ieri, 27 gennaio, i ministri degli Affari esteri hanno approvato una tabella di marcia per una sospensione temporanea e condizionata ai progressi sul campo.
Le prime sanzioni che potrebbero essere alleggerite riguardano i settori bancario, energetico e dei trasporti, considerati essenziali per accelerare la ricostruzione del Paese devastato dalla guerra, rafforzare la stabilità e normalizzare le relazioni finanziarie con i Paesi europei.
Bruxelles ha promesso che l’alleggerimento delle sanzioni diventerà realtà se verrà soddisfatta una serie di condizioni, tra cui la protezione delle minoranze religiose e il rispetto dei diritti umani e delle donne.
Dal canto loro le autorità siriane hanno fatto sapere che verrà formato un comitato di esperti rappresentativo delle varie componenti del Paese, incaricato di redigere una nuova costituzione che garantisca l’inclusività nell’era post-Assad. All’interno di questo comitato saranno nominate anche donne.