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Roma, le Chiese cattoliche orientali e il Giubileo

Terrasanta.net
24 gennaio 2025
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Roma, le Chiese cattoliche orientali e il Giubileo
Il grande mosaico in stile bizantino nell'abside della basilica di San Paolo fuori le Mura, in Roma. (foto A. Lande/Shutterstock.com)

Un sussidio pastorale pubblicato dal Dicastero per le Chiese orientali vuol far riscoprire il volto "esotico" della Roma cristiana. E introdurre al Giubileo anche i fedeli dei molteplici riti in cui si articola la Chiesa cattolica.


(g.s.) – Molti di noi, giornalisti inclusi, quando sentono parlare di Chiesa cattolica pensano subito a un organismo omogeneo e uniforme, che è sottoposto al papa di Roma e celebra la liturgia in tutto il mondo con un unico rito, quello romano. Questa sorta di riflesso condizionato deforma la realtà: tra i cattolici, infatti, non vi sono solo le differenze etnico-culturali tipiche dei tanti popoli a cui appartengono, ma vi è pure una pluralità di riti per la preghiera comunitaria e la liturgia.

In Medio Oriente, poi, i cattolici di rito romano (o latino) sono una minoranza nella minoranza. Sebbene non abbiano molta visibilità sui media (anche cattolici) d’Occidente, nella regione prevalgono – se si considera il numero dei fedeli – le Chiese cattoliche orientali (accanto alle sorelle ortodosse). Tutte riconoscono la suprema autorità papale, ma sono governate ognuna da un proprio patriarca (o arcivescovo maggiore) insieme all’assemblea dei vescovi diocesani (sinodo). Accanto a un monachesimo ancora vivido e che risale alle origini del cristianesimo, diverse di queste Chiese hanno nelle parrocchie un clero a cui è consentito sposarsi e metter su famiglia. Alcune, nelle celebrazioni liturgiche utilizzano lingue antiche, come l’aramaico, che anche il Signore Gesù parlava.

Roma stessa è sempre stata in dialogo fecondo con queste antiche comunità. Anche perché nei primi dieci secoli molti papi provennero dall’Oriente. Nella basilica di San Paolo fuori le mura, la serie dei medaglioni coi volti dei romani pontefici «ci ricorda che nel corso del primo millennio sulla cattedra di Pietro sedettero undici vescovi di origine greca (i santi papi Evaristo, Telesforo, Igino, Antero, Sisto II, Eusebio, Zosimo, Teodoro e Zaccaria, e i papi Giovanni VI e Giovanni VII), sei di origine siriaca (i santi papi Aniceto, Sergio I e Gregorio III e i papi Giovanni V, Sisinio e Costantino) e un papa dell’Epiro (sant’Eleuterio); alla fine del Medioevo un papa cretese (Alessandro V Philagathos), d’obbedienza pisana. Vi manca Dioscoro, di origine alessandrina». Ce lo rammenta un sussidio pastorale pubblicato in Vaticano (per i tipi di Valore Italiano editore) dal Dicastero per le Chiese orientali. Intitolato Il Giubileo del 2025 e le Chiese orientali cattoliche, è curato da Filippo Ciampanelli e Gianpaolo Rigotti.

«Roma, caput mundi, era anche una città nella quale si identificano gli orientali come integrati nella sua compagine, e non semplicemente come piccole comunità di emigrati», ha osservato il cardinale Claudio Gugerotti, presentando a Radio Vaticana il sussidio. «Il motivo per cui questo documento serve pure agli occidentali – ha proseguito il prefetto del Dicastero per le Chiese orientali – è innanzitutto per capire che ci sono delle forme espressive del cristianesimo antichissime, del tempo stesso di Cristo, che noi ignoriamo e che costituiscono l’unità nella diversità dell’identità cristiana. Essa non è monolitica: lo abbiamo visto anche nel recente Sinodo, realtà plurale in cui ci si può anche non capire, non per cattiva volontà ma per diversità di radici. Lo stare insieme, scambiandoci le peculiarità di ciascuno, è stata una delle grandi scoperte del Sinodo. Questo documento ha un po’ lo stesso scopo: far conoscere che su questo tema ci possono essere componenti e sensibilità diverse».

Senza volersi sostituire o intromettere nelle competenze proprie di quelle Chiese, il dicastero vaticano offre lo strumento agli animatori pastorali che vorranno aiutare i propri fedeli di rito non latino a entrare nello spirito giubilare che contraddistingue questo Anno santo. E a sentirsi a casa anche a Roma, quando e se decideranno di venirvi come pellegrini. In proposito, il cardinale Gugerotti si augura che ad arrivare dalle Chiese orientali non siano solo i pellegrini ricchi, ma anche chi è meno abbiente. Per questo il suo Dicastero intende offrire qualche forma di agevolazione e aiuto finanziario, d’intesa con gli uffici del Dicastero per l’evangelizzazione che coordinano gli eventi giubilari e i servizi connessi.

Ma torniamo al sussidio, che si articola in tre parti.

La prima parte offre indicazioni teologiche, spirituali e concrete sul tema del Giubileo nelle Chiese orientali cattoliche. Si sofferma particolarmente sulla sensibilità ecumenica e sui temi della penitenza e riconciliazione, dell’ascesi e del digiuno.

La seconda presenta il volto orientale di Roma. Vi si fa riferimento all’antichità classica e a quella cristiana; ci si sofferma sui tesori orientali presenti nelle principali basiliche; sul patrimonio religioso, artistico e culturale presente in città (chiese, affreschi, icone, cimeli, codici) e sulle testimonianze del monachesimo orientale. «Da sempre – annota il sussidio – Roma ha ben accolto i monaci orientali venuti come pellegrini, ambasciatori o rifugiati. Gli insediamenti monastici non furono rari all’epoca della Chiesa del primo millennio. Essi costituiscono uno degli aspetti più affascinanti dell’apertura della Città eterna alla luce dell’Oriente». Molte di quelle comunità si sono estinte nel corso del tempo oppure hanno abbracciato il rito latino. Tra le poche sopravvissute fino ai giorni nostri la più nota è probabilmente l’abbazia di Santa Maria di Grottaferrata.

La terza parte si intitola L’attualità vivente e fa riferimento alle istituzioni ecclesiali che in Roma hanno correlazioni con le Chiese orientali: oltre ai concili e al papato ci si riferisce qui agli organismi della Santa Sede, a istituzioni accademiche come il Pontificio istituto orientale, ai collegi per la formazione del clero dei vari riti, agli istituti religiosi maschili e femminili, ai luoghi di culto propri.

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