L’avvocata e parlamentare palestinese è stata sottoposta alla detenzione preventiva fin dal 1989, quasi sempre senza accuse formali o per reati contro la sicurezza legati alla sua attività politica nei Territori. L’ultima detenzione si è conclusa domenica 19 gennaio a fronte della liberazione di tre giovani donne israeliane che erano tra gli ostaggi nella Striscia di Gaza.
C’era anche l’avvocata, parlamentare e attivista per i diritti umani Khalida Jarrar fra i 90 detenuti palestinesi (69 donne e 21 minorenni) scarcerati domenica scorsa, 19 gennaio 2025, in cambio delle prime tre giovani israeliane che hanno potuto tornare a casa dopo 15 mesi di sequestro a Gaza. Considerata un’icona della resistenza e la più famosa fra le detenute palestinesi, l’ormai 62enne Khalida Jarrar ha speso una parte consistente degli ultimi decenni nelle carceri israeliane, in regime di «detenzione preventiva». L’ultima carcerazione, iniziata il 26 dicembre 2023, è stata la più dura secondo quanto ha riferito lei stessa, nei giorni scorsi, in un’intervista all’emittente Al Jazeera.
Chi è Khalida Jarrar
Nata il 9 febbraio 1963 a Nablus, fin dagli anni dell’adolescenza ha cominciato a fare volontariato insieme ad altri coetanei nella pulizia delle strade e delle scuole del suo quartiere. Si è laureata nel 1985 in Scienze politiche all’università di Bir Zeit puntando a diventare un’esperta di difesa e promozione dei diritti umani. L’inizio della prima intifada, nel 1987, la induce all’impegno sociale per la fine dell’occupazione israeliana della Cisgiordania. Viene arrestata la prima volta l’8 marzo 1989 durante una manifestazione nella Giornata internazionale della donna, l’attività politica l’ha resa una delle figure di spicco del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp), movimento di ispirazione marxista-leninista (considerato un gruppo terrorista da Israele e dagli Stati Uniti), che all’epoca era la seconda maggiore formazione politica nell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) dopo Fatah.
I ripetuti arresti e periodi in detenzione preventiva nelle carceri israeliane hanno portato Khalida Jarrar, dal 1993 al 2005, all’incarico di direttrice di Addameer, organizzazione per il sostegno e la tutela dei diritti dei detenuti palestinesi, con sede a Ramallah. Nel 2006 è stata eletta parlamentare nel Consiglio legislativo palestinese e nominata presidente della Commissione per i detenuti. In tale veste ha lottato senza sosta per i diritti dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane e ha avuto un ruolo cruciale nell’ottenere, nel 2015, l’accesso dell’Autorità nazionale palestinese alla Corte penale internazionale per le denunce sui crimini commessi da Israele con l’occupazione della Cisgiordania e nelle guerre del 2008, 2012 e 2014 contro Hamas nella Striscia di Gaza.
Leader fuori e dentro il carcere
Il clamoroso arresto di Khalida Jarrar senza capi d’accusa il 2 aprile 2015, nel corso di un raid durante il quale decine di soldati israeliani misero a soqquadro la sua abitazione a Ramallah, aveva fatto aumentare le pressioni internazionali e di organizzazioni israeliane e palestinesi per i diritti umani che chiedevano la sua scarcerazione. In seguito all’insistente campagna di Amnesty International, il tribunale militare israeliano aveva emesso contro di lei una dozzina di capi di imputazione per reati contro la sicurezza. Jarrar fu dichiarata colpevole e condannata a 15 mesi di carcere, cinque anni di libertà condizionata e l’equivalente di 2.500 euro di multa. Anche in carcere la leader palestinese ha continuato il suo lavoro di alfabetizzazione politica, insegnando alle altre detenute le basi dei diritti umani e libertà fondamentali, impartendo corsi informali di lingua inglese. Nel giugno 2016 la scarcerazione e la libertà vigilata, interrotta da un nuovo arresto nell’estate 2017.
Fra ripetuti arresti e rilasci, solo fra il 2015 e il 2019 l’attivista aveva scontato 59 mesi di detenzione. Nuovamente prelevata dalla sua casa a Ramallah nel 2020, non le è stato concesso neppure di partecipare ai funerali della figlia minore Suha Jarrar, anche lei avvocata e consulente delle Nazioni Unite per i diritti umani, trovata morta in casa a 30 anni d’età, la mattina dell’11 luglio 2021. Jarrar era tornata libera solo in settembre. Dal 1998 le autorità israeliane le hanno imposto il divieto di viaggiare, sospeso solo nel 2010 per gravi motivi di salute quando le era stato concesso di curarsi all’estero. Anche il marito Ghassan Jarrar è stato sottoposto a una decina di incarcerazioni.
Negli ultimi 13 mesi la detenzione più dura
Il 26 dicembre 2023, dieci settimane dopo l’inizio della guerra a Gaza, Khalida Jarrar è stata nuovamente arrestata senza accuse e sottoposta al regime più punitivo che abbia conosciuto nei suoi oltre trent’anni di frequentazione dei penitenziari israeliani. Ad agosto era stata condotta in isolamento nel carcere di Ramla (Ayalon), in una cella di due metri per un metro e mezzo, con appena lo spazio per un materasso, senza finestre e senza un sistema di ventilazione: «Le temperature arrivavano a 45 gradi – ha raccontato – il cambio di indumenti e prodotti di igiene erano sottoposti a limiti severi e i miei pasti venivano appositamente ritardati per punizione».
Perché Israele la osteggia tanto
Perché Israele ha così tanta avversione per Khalida Jarrar? Sono le stesse autorità giudiziarie israeliane a rivelarlo, secondo quanto reso noto dai ripetuti rapporti delle associazioni palestinesi per i carcerati stilati sulle condanne comminate a Khalida Jarrar per motivi politici. La sentenza del dicembre 2015 in particolare le contestava 12 capi d’accusa che andavano dall’«appartenenza a organizzazioni illegali», come viene considerato il Fplp, alla «partecipazione a manifestazioni di protesta» in solidarietà con gli altri 16 parlamentari palestinesi detenuti in Israele fino alla «intensa attività di proselitismo per la resistenza» e al «ruolo negativo di leadership che la detenuta esercita» contro l’occupazione.
Ecco perché oltre ad essere considerata una figura di spicco della sinistra palestinese e riferimento per i diritti delle donne, nella società palestinese Jarrar è considerata unanimemente un’icona della resistenza e l’emblema del sumud, ovvero «risolutezza». Le ripetute detenzioni e il diniego che le autorità israeliane hanno sempre opposto a permessi umanitari per gravi motivi di salute non hanno fatto altro che aumentare il prestigio dal quale Jarrar è circondata nel pubblico palestinese.