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Gaza nel baratro, una tragedia che non ha fine

Giuseppe Caffulli
11 dicembre 2024
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Gaza nel baratro, una tragedia che non ha fine
La devastazione causata dai bombardamenti israeliani del 10 dicembre 2024 a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. (foto Abed Rahim Khatib/Flash90)

Negli ultimi giorni tutti guardiamo alla Siria, e alla fragile tregua in Libano. Intanto nella Striscia di Gaza si continua a morire sotto le bombe, o per gli stenti, le malattie, la denutrizione. Le dimensioni della catastrofe sono immani. Le armi devono tacere, al più presto.


Il mondo guarda in queste ore, giustamente, alla Siria e alla nuova fase densa di speranza, ma anche di dubbi e timori, apertasi con il governo di transizione guidato da Muhammad al-Bashir. Ma mentre i siriani restati in patria cercano di immaginare il futuro (ricordiamo che sono almeno 6 milioni i profughi sparsi nei Paesi limitrofi e nel mondo) nel sud del Libano la tregua siglata tra Israele e Hezbollah resta fragile. E soprattutto continuano i bombardamenti e i massacri in tutte le aree della Striscia di Gaza.

Secondo il ministero della Sanità palestinese a Gaza le vittime sono ormai 45 mila (ma in una lettera indirizzata all’inizio di ottobre al presidente Usa Joe Biden 99 medici, chirurghi, infermieri e ostetriche americani che hanno svolto volontariato nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 parlano di oltre 100 mila morti, calcolando anche gli sfollati che hanno avuto la peggio a causa degli stenti, delle malattie, della denutrizione).

Annichilite famiglie intere

Oltre 1.400 famiglie sono state completamente spazzate via e cancellate dal registro civile, mentre altre 3.400 hanno un solo superstite. I dati forniti dalle agenzie delle Nazioni Unite parlano del più alto numero di bambini amputati in tutto il mondo. Molti hanno perso gli arti e sono stati sottoposti a interventi chirurgici senza anestesia e non hanno possibilità di accedere a qualsivoglia riabilitazione per far fronte alle ferite che hanno stravolto la loro esistenza.

Negli ultimi due mesi, racconta Nora Barrows-Friedman su The Electronic Intifada, solo nel nord di Gaza 3.700 palestinesi sono stati uccisi o sono ancora dispersi, 10 mila sono stati feriti, l’esercito israeliano ne ha catturati oltre 1.700. Raccapriccianti le testimonianze che giungono dai testimoni oculari: «Centinaia di corpi di palestinesi giacciono nelle strade da due mesi a causa dell’impedimento da parte dell’esercito israeliano di permettere alle squadre di soccorso, di emergenza e paramediche di accedere alla zona. I cani randagi hanno dilaniato i corpi sparsi per le strade e i cadaveri non sono ancora stati identificati».

I bombardamenti non cessano

Mentre il nuovo uomo forte di Damasco Abu Mohammed al-Golani arringava i suoi adepti all’interno della storica moschea degli Omayyadi, bombardamenti israeliani sono stati segnalati nel nord di Gaza, a Beit Lahiya, Jabaliya, Tal al-Zaatar, con decine di morti civili. Nel centro urbano di Gaza un attacco aereo israeliano ha preso di mira un mercato e il quartiere di Sabra. Nella zona centrale della Striscia, droni, elicotteri e i sistemi missilistici di cui sono dotate le navi israeliane hanno attaccato le aree di Deir al-Balah e Nuseirat.

Drammatica la situazione negli ospedali. Il nosocomio Kamal Adwan di Beit Lahiya, nel nord di Gaza, attualmente ospita 63 pazienti, tra cui 9 nel reparto di terapia intensiva, ma funziona con risorse estremamente limitate. Negli ultimi due mesi è stato attaccato senza sosta.

Gli attacchi agli ospedali

Il dottor Ahmed al-Kahlout, direttore dell’unità di terapia intensiva del Kamal Adwan, è stato ucciso in un attacco israeliano il 29 novembre mentre varcava il cancello dell’ospedale. Il direttore del nosocomio, dottor Abu Safiya, è stato ferito in un recente attacco di droni israeliani, mentre si spostava dalla sala operatoria al suo ufficio all’interno dell’ospedale. Oltre ai ripetuti attacchi diretti al personale medico e ai reparti ospedalieri, Israele sta anche bloccando i farmaci e le forniture di base, oltre a danneggiare deliberatamente le attrezzature mediche.

Il coordinatore dell’ong Medici senza frontiere a Gaza ha riferito che presso il Complesso sanitario Nasser di Khan Younis, le forniture di base come garze e bende si stanno esaurendo, costringendo gli operatori a prolungare gli intervalli per il cambio delle medicazioni e aumentando i rischi d’infezione.

A Deir al-Balah l’ospedale da campo gestito dalla ong è in difficoltà per la mancanza di antidolorifici e antibiotici.

Bloccati gli aiuti urgenti

Intanto l’insicurezza alimentare e la fame continuano ad essere una costante nella Striscia a causa dell’inasprimento del blocco imposto da Israele e delle misure di punizione collettiva. Il Programma alimentare mondiale (Pam) ha dichiarato che «la mancanza di aiuti alimentari e l’assenza del settore commerciale stanno portando la gente alla fame». Il 3 dicembre scorso, solo cinque dei 19 panifici sostenuti dal Pam risultavano operativi nella Striscia, quattro nella città di Gaza e uno a Khan Younis.

Domenica primo dicembre l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai rifugiati palestinesi, ha annunciato di aver sospeso la consegna degli aiuti attraverso il valico di Kerem Shalom per problemi di sicurezza, ripetuti attacchi e saccheggi da parte di bande armate e «le decisioni politiche di limitare la quantità di aiuti».

Al Cairo si negozia per gli ostaggi

L’elenco potrebbe continuare. E solo un cessate il fuoco a Gaza tra Hamas e Israele potrà iniziare a offrire un segnale di speranza. È in corso l’ennesimo round di colloqui al Cairo con una delegazione israeliana e il ritorno del Qatar tra i mediatori, nel corso del quale Hamas avrebbe presentato ai mediatori egiziani un elenco iniziale con i nomi di ostaggi israeliani che potrebbero essere liberati in cambio della scarcerazione di detenuti palestinesi in Israele. Lo scrive il giornale qatarino Al-Araby Al-Jadeed in un articolo rilanciato da The Jerusalem Post. Nella lista, sarebbero compresi quattro ostaggi cittadini americani, oltre ad anziani e ammalati. Le parti, riporta il quotidiano, stanno dimostrando una volontà «senza precedenti» per raggiungere un’intesa.

Mentre il mondo guarda altrove, Gaza non può più attendere.

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