I ricercatori israeliani dell’Università di Tel Aviv hanno fatto una scoperta che potrebbe essere in grado di offrire un’arma in più nella cura dei tumori. Nel corso di alcune ricerche, hanno individuato una proteina, denominata Ly6a, che inibisce il sistema immunitario nella reazione alle cellule tumorali. Si tratta di una scoperta importante anche per il trattamento dei tumori resistenti all’immunoterapia, che oggi è uno dei protocolli più efficaci nella cura di alcune patologie tumorali.
Autori della ricerca sono la professoressa Carmit Levy, insieme al professor Yaron Carmi e al dottorando Avishai Maliah, che hanno spiegato la scoperta al giornale The Times of Israel: «Abbiamo trovato un meccanismo proteico che frena il sistema immunitario e siamo riusciti a rimuoverlo in modo che il sistema immunitario possa tornare a funzionare di nuovo. Si tratta di una scoperta entusiasmante».
Una scoperta quasi casuale
Come capita spesso nella ricerca, la scoperta è frutto di una fortunata casualità. O meglio, la conseguenza di uno studio nato per altre ragioni e che, in corso d’opera, ha offerto anche altri risultati.
Biologa oncologica, la professoressa Levy da anni studia il cancro e gli effetti dei raggi ultravioletti sulla pelle. In un sistema immunitario sano, ha spiegato, l’organismo sa quando c’è un virus al suo interno e lavora in modo efficiente per contrastarlo. In una malattia autoimmune della pelle come la psoriasi, il sistema immunitario considera le cellule della pelle dannose, e scatena una risposta contro di esse. Per questa ragione i medici usano la terapia della luce ultravioletta, nota come fototerapia, per trattare la psoriasi, «frenando» il sistema immunitario.
Ed è a questo punto che, osservando le risposte alla fototerapia, i ricercatori si accorgono che la risposta offerta è simile a quella che si ha nell’insorgenza di un cancro. «La fototerapia riduce l’iperattivazione del sistema immunitario. Anche le cellule tumorali inibiscono il sistema immunitario, in modo che non funzioni correttamente», precisa l’oncologa. In sostanza, la luce solare è molto diversa dal cancro, ma entrambi hanno un impatto simile sul funzionamento del sistema immunitario.
Nuove piste da percorrere
Nel 2020, Levy e Maliah parlano dei risultati della loro osservazione con il professor Carmi, un immunologo di fama della stessa università, e decidono di proseguire insieme la ricerca.
Il meccanismo che inibisce il sistema immunitario, spiegano i ricercatori israeliani, è grossomodo questo: «Una cellula immunitaria è pronta a uccidere la cellula cancerosa. Ma una cellula tumorale la blocca, disattivandone la capacità di uccidere. Per questa ragione le cellule tumorali continuano a crescere». Proprio questo «freno» è dovuto all’azione di una proteina specifica, la Ly6a. Finora, spiegano da Tel Aviv, si sapeva poco del ruolo di questa proteina nell’inibire la capacità del sistema immunitario di riconoscere e combattere le cellule tumorali.
Osservando l’epidermide sottoposta a fototerapia, si è visto però che le cellule immunitarie chiamate Cellule T hanno iniziato a produrre alti livelli di proteina Ly6a. Questa proteina dava in sostanza alle cellule immunitarie l’informazione di rallentare la loro azione.
Il ruolo della proteina Ly6a è positivo quando si tratta di una malattia autoimmune. Ma nel caso del cancro, la proteina finisce per svolgere un ruolo deleterio. Da qui il sospetto che la Ly6a potesse inviare segnali alle cellule T del sistema immunitario affinché smettessero di attaccare i tumori.
Per verificare questa ipotesi (se la proteina Ly6a potesse davvero essere la causa del rallentamento del sistema immunitario), gli scienziati l’hanno trattata con un anticorpo. A questo punto, senza la sua presenza, «il sistema immunitario è stato libero di attaccare le cellule tumorali». I tumori trattati si sono ridotti in modo significativo, anche quelli che in precedenza non avevano risposto al trattamento.
Questa scoperta rappresenta una speranza in più, specialmente per chi è affetto da melanoma e da cancro del colon, ha affermato la professoressa Levy. Da due anni ormai i ricercatori dell’Università di Tel Aviv stanno lavorando per sviluppare un farmaco che potrebbe diventare un nuovo protocollo per il trattamento del cancro. La speranza è che si possa arrivare a mettere a punto una cura nel giro di cinque anni.