L'emiro del Qatar ci ha ripensato: dopo le prime e uniche elezioni svoltesi nel 2021 per eleggere i componenti del Consiglio consultivo della Shura, meglio tornare alle designazione dall'alto. Attesa l'approvazione degli elettori nel referendum indetto il 5 novembre 2024.
Nei Paesi del Golfo i tentativi di democratizzazione rimangono indigesti, anche se sono decisi e pilotati dall’alto. L’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al-Thani, che nel 2021 aveva concesso lo svolgimento di elezioni per scegliere due terzi dei membri del Consiglio consultivo della Shura, ci ha ripensato.
Domani, 5 novembre, in un referendum indetto e organizzato nel giro di una settimana, i qatarioti sono chiamati alle urne per abolire qualsiasi forma di voto popolare e tornare così al punto di partenza, quando era solo il sovrano, in una monarchia assoluta ed ereditaria, a scegliere i suoi consiglieri. L’esito della consultazione sull’emendamento costituzionale è dato per scontato e porterà ad abolire le elezioni.
The Peninsula, il giornale qatariota di punta, alla vigilia dell’appuntamento, titola a tutta pagina: Un largo e popolare benvenuto al referendum… Attesa una partecipazione storica. Nel testo dell’articolo si afferma che l’emendamento costituzionale ha ricevuto «un diffuso apprezzamento popolare e i cittadini hanno espresso la loro fede e la loro grande fiducia nella saggezza della loro dirigenza, decisa ad applicare il principio della giustizia e il ruolo della legge a tutti gli aspetti della vita».
Il consiglio della Shura, un termine che indica la tradizionale assemblea degli anziani, ha una quota di potere legislativo e suggerisce le linee politiche generali; tuttavia non ha alcuna voce in settori come la difesa, la sicurezza, la politica economica e degli investimenti.
Nel 2003, in quella che era sembrata una svolta storica, un altro referendum popolare (a copertura di una decisione dell’emiro) aveva approvato la possibilità di eleggere una parte dei membri della Shura.
C’erano voluti 18 anni per organizzare le elezioni nel piccolo e ricchissimo emirato – galleggiante su un mare di gas e petrolio – dove i partiti sono fuorilegge. Nel 2021, il primo voto popolare nella storia del Qatar era stato però accompagnato da turbolenze inter-tribali. In particolare, i membri della tribù degli Al Murrah, uno dei più grossi clan del Golfo, con radici storiche nell’est dell’Arabia Saudita, si era opposto con forza a una legge elettorale che li penalizzava, in quanto escludeva dal diritto di voto tutti coloro che non avevano familiari residenti in Qatar da prima del 1930.
Tamim bin Hamad Al-Thani, in un discorso tenuto davanti alla Shura il 22 ottobre scorso, ha definito le elezioni del 2021 «un esperimento» che andava rivisto e su cui il governo avrebbe dovuto proporre emendamenti. «Il Consiglio della Shura non è un parlamento rappresentativo in un sistema democratico, e il suo status e i suoi poteri non sono influenzati dal fatto che i suoi membri siano scelti col voto o con una nomina», ha spiegato l’emiro.
Tempo una settimana e il governo ha elaborato una modifica costituzionale composta di diversi articoli, in cui si aboliscono le elezioni e si rafforzano ulteriormente, specie nella successione ereditaria, i poteri e la discrezionalità dell’emiro in carica.
L’ultimo atto sostanziale è avvenuto il 29 ottobre, quando Tamim bin Hamad Al-Thani ha approvato l’emendamento e ha indetto ufficialmente il referendum per sigillare la sua decisione con un consenso plebiscitario. La consultazione popolare del 5 novembre è solo una formalità.