(g.s.) – Il cielo era coperto, ma non ha piovuto. Roma e i pellegrini accorsi in piazza San Pietro la mattina di ieri, 20 ottobre 2024, per la canonizzazione di 14 nuovi santi – tra cui gli undici martiri di Damasco – sono stati risparmiati dai nubifragi che poche ore prima hanno colpito varie parti d’Italia, causando gravi danni e disagi.
La solenne celebrazione è iniziata alle 10.30 ed è durata poco meno di due ore. La piazza non era gremita come in altre occasioni.
Come di consueto ormai, visti gli acciacchi che gli impediscono di rimanere in piedi a lungo, papa Francesco ha presieduto la prima parte della messa con la liturgia della Parola, ma ha lasciato presiedere i riti eucaristici al cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi. Al suo fianco il patriarca maronita, card. Bechara Rai, e il patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa. Tra i cardinali e vescovi concelebranti c’era anche il nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari, mentre non è riuscito a raggiungere Roma il vicario apostolico latino di Aleppo, mons. Hanna Jallouf, anch’egli frate minore della Custodia di Terra Santa, come otto degli undici martiri di Damasco.
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La celebrazione si è svolta principalmente in latino, con le letture e le preghiere dei fedeli in varie lingue. Il Vangelo, come avviene solo in particolari celebrazioni papali, è stato cantato dai diaconi in lingua latina prima e greca poi.
Subito dopo il saluto liturgico del Papa, all’inizio della Messa, il coro ha intonato l’inno Veni Creator Spriritus al termine del quale il cardinale Semeraro ha chiesto al Papa di procedere alla canonizzazione dei 14 nuovi santi e ha letto una loro breve biografia, soffermandosi, per gli undici di Damasco, solo sulle circostanze del loro martirio.
Il Papa ha poi introdotto le litanie dei santi, terminate le quali ha proclamato in latino la formula di canonizzazione dei 14 nuovi santi elencandoli per nome. A questo punto, una semplice processione di fedeli – analoga a quella che si forma per l’offertorio – ha portato lumi e fiori davanti ai reliquiari dei nuovi santi accanto all’altare. Nel piccolo corteo, tra gli altri, riconoscibile per il saio francescano, il parroco latino di Aleppo, fra Bahjat Karakach, che recava tra le mani un incensiere.
All’omelia, papa Francesco ha commentato il Vangelo appena ascoltato: il brano dell’evangelista Marco (10, 36-45) nel quale gli apostoli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di sedere al suo fianco nella gloria, ma il Maestro li induce a cambiare prospettiva.
«Gesù pone domande – ha detto il Papa – e, proprio così, ci aiuta a fare discernimento, perché le domande ci fanno scoprire ciò che è dentro di noi, illuminano quello che portiamo nel cuore e che a volte noi non sappiamo. Lasciamoci interrogare dalla Parola del Signore. Immaginiamo che chieda a noi, a ciascuno di noi: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”; e la seconda domanda: “Puoi bere il mio stesso calice?”». «Fratelli e sorelle, Gesù svela pensieri, svela desideri e proiezioni del nostro cuore, smascherando talvolta le nostre attese di gloria, di dominio, di potere, di vanità. Egli ci aiuta a pensare non più secondo i criteri del mondo, ma secondo lo stile di Dio, che si fa ultimo perché gli ultimi vengano rialzati e diventino i primi».
«In questa luce – ha soggiunto il Pontefice sul finire dell’omelia – possiamo ricordare i discepoli del Vangelo, che oggi vengono canonizzati. Lungo la storia tormentata dell’umanità, essi sono stati servi fedeli, uomini e donne che hanno servito nel martirio e nella gioia, come fra Manuel Ruiz Lopez e i suoi compagni. Sono sacerdoti e consacrate ferventi, e ferventi di passione missionaria, come don Giuseppe Allamano, suor Paradis Marie Leonie e suor Elena Guerra. Questi nuovi santi hanno vissuto lo stile di Gesù: il servizio. La fede e l’apostolato che hanno portato avanti non ha alimentato in loro desideri mondani e smanie di potere ma, al contrario, essi si sono fatti servi dei fratelli, creativi nel fare il bene, saldi nelle difficoltà, generosi fino alla fine.
«La celebrazione di oggi – ha commentato padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, una volta terminata la Messa solenne – è stata particolarmente significativa per noi frati della Custodia di Terra Santa perché otto di questi martiri erano francescani che vivevano a Damasco ed anche i tre fratelli Massabki, maroniti, erano comunque collegati alla nostra comunità. Io spero tanto che questa canonizzazione sia un incoraggiamento per tutti i cristiani della Siria, del Libano, del Medio Oriente per tener viva la fede e la capacità di testimoniarla. Inoltre, dato che i santi per definizione sono anche intercessori io spero tanto che questi nuovi santi intercedano per tutto il Medio Oriente, per il dono della pace che è ciò di cui abbiamo più bisogno».
Gli ha fatto eco il parroco di Aleppo, fra Bahjat Karakach: «Oggi è stato molto commovente per me partecipare alla canonizzazione dei martiri di Damasco, anzitutto perché avendo servito la comunità di Damasco per sei anni sono molto legato a questi confratelli e poi anche per una vicenda molto personale, perché mi ritengo miracolato da loro. Mi hanno protetto quando durante la guerra un colpo di mortaio ha colpito la nostra chiesa e io mi trovavo vicino alla loro tomba… Questa occasione aiuta sicuramente noi siriani a ricordare quanto sia importante la nostra terra, la terra che ha vissuto la nascita della Chiesa universale e ci riconferma nella fede e nel restare attaccati alle nostre radici. Dall’altra parte, forse, è anche un’opportunità perché tutto il mondo si ricordi della comunità cristiana in Siria. E che ancora oggi ci sono cristiani siriani che vivono la loro fede e danno testimonianza a Cristo con molte difficoltà. Sono fratelli e sorelle che vanno sostenuti, aiutati a rimanere nella loro terra e a mantenersei fedeli a Cristo proprio lì».
Telegrafico il cardinale Pierbattista Pizzaballa: «Tutto il Medio Oriente sta vivendo un dramma tra i più difficili degli ultimi decenni. La canonizzazione dei martiri di Damasco ci ricorda che purtroppo drammi simili non sono una novità. Ma i martiri ci indicano anche qual è la via, che è stare dentro queste situazioni non con la violenza, ma nel saper dare la vita. È la risposta profetica dei cristiani alla violenza umana».