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L’Iraq ha bisogno di conoscersi: avviato un difficile censimento

Elisa Pinna
26 settembre 2024
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Dopo 27 anni dall’ultimo censimento e due tentativi falliti, l’Iraq effettuerà il 20 e 21 novembre prossimi la raccolta generale dei dati sulla popolazione. Un passaggio pieno di incognite, a causa degli equilibri di potere precari tra le comunità etniche e religiose.


L’ultimo censimento demografico era avvenuto nel 1997, quando Saddam Hussein era al potere e l’Iraq contava una popolazione di 22 milioni di persone. Da allora di cose ne sono successe: invasioni, guerre, violenze settarie e terroristiche, spostamenti di popolazione. Nel 2009, un tentativo di censimento finì nel sangue: gi incaricati di compilare i questionari furono massacrati per le strade. Nel 2020, si dovette rinunziare a causa della pandemia di Covid-19. Ora il governo iracheno, presieduto da un primo ministro non ostile all’Iran, Mohammed Shia al-Sultani, ha deciso di riprovarci e ha indetto un nuovo censimento per il 20 e il 21 novembre prossimi. Due giorni durante i quali, in tutto il Paese, sarà dichiarato il coprifuoco per garantire la sicurezza ai circa 120mila ricercatori mandati sul campo a raccogliere dati con computer e mezzi sofisticati.

In Iraq, organizzare un censimento è una faccenda molto più delicata e pericolosa che in altre parti del mondo. Innanzitutto, perché l’attuale sistema istituzionale iracheno si basa sulla divisione etnico-settaria: la carica di premier è attribuita a un rappresentante della comunità sciita, quella di presidente del Parlamento a un rappresentante della comunità sunnita, quella di presidente della Repubblica a un esponente curdo. La Corte suprema nazionale, in ottemperanza a un accordo del 2020 tra i partiti sciiti e curdi iracheni (all’epoca del tentativo di censimento fallito a causa del Covid-19), ha imposto che stavolta i questionari non contengano domande sull’etnia e sulla religione. Basterà questo strattagemma per evitare che i dati relativi ai numeri e alla distribuzione geografica della popolazione non siano comunque letti in una ottica di potere settario e non riaccendano focolai di odio, specie in zone miste o contese?

La maggioranza della popolazione irachena è sciita. Però la decisione di evitare domande sensibili ha irritato la minoranza sunnita che forse spera di aver acquisito negli ultimi anni un peso numerico più rilevante.

Molti analisti iracheni ritengono che, nonostante la storia sanguinosa degli ultimi decenni, la popolazione irachena sia raddoppiata, con tutte le incognite che ciò comporta.

Il censimento mette anche alla prova i rapporti, tradizionalmente conflittuali, tra il governo federale iracheno e la regione del Kurdistan iracheno. Nel 1997, le tre province curde non parteciparono al censimento di Saddam Hussein, in quanto, durante la guerra del Golfo del 1990-1991 condotta da George Bush senior contro l’Iraq, quelle zone erano state sottratte al controllo di Baghdad. Stavolta il Kurdistan ne prenderà invece parte, e sono molte le aree ancora disputate tra curdi e governo federale. Proprio in questi giorni, è scoppiato il caso di Kirkuk, città di popolazione mista curda, araba e turcomanna, dove ci sono stati scontri.

Il leader cittadino del Pdk, il Partito democratico curdo, Mohammed Kamal, ha chiesto di posticipare il censimento nella provincia, in quanto lo status politico di Kirkuk deve essere ancora definito da accordi tra governo federale di Baghdad e governo regionale curdo. Nel 1988 il regime baathista di Saddam Hussein distrusse 4.500 villaggi curdi nella provincia di Kirkuk, deportandone la popolazione che, in gran parte, non è ancora riuscita a tornare, come ha affermato l’esponente del Pdk. Mentre i preparativi per il censimento «sono necessari in tutto il resto del Paese, Kirkuk non è ancora pronta», ha detto Kamal.

Tra le dispute aperte con i curdi e il pericolo di nuove violenze settarie legate agli esiti del censimento, viene da chiedersi perché il governo iracheno si sia imbarcato in una simile avventura.

Il censimento, che si concentrerà soprattutto sulla distribuzione della popolazione irachena e sulle condizioni abitative, è strettamente legato al piano quinquennale di sviluppo economico 2024-2028 varato dall’esecutivo. L’ambizioso progetto «può avere successo solo se si basa su dati accurati per delineare una strategia sostenibile e completa, che tenga conto delle risorse necessarie all’economia irachena», spiega l’economista Abdul Rahman al-Sheikli.

In vista del censimento di novembre, dal primo settembre (e dal 20 settembre in Kurdistan) è cominciato in Iraq il lavoro di ricerca e catalogazione di tutti i nuclei abitativi, gli edifici e le strutture presenti nel Paese. «L’iniziativa ricopre un ruolo cruciale per equipaggiare l’Iraq con un’informazione demografica accurata, condizione necessaria per svolgere una politica efficace e promuovere una crescita inclusiva», ha detto l’agenzia delle Nazioni Unite per la Popolazione, partner del governo iracheno.

Il censimento si svolgerà in una situazione di equilibri fragili: il fronte sunnita, diviso in molte fazioni, non riesce dallo scorso novembre a mettersi d’accordo sul nome di un nuovo presidente del Parlamento, dopo che il titolare, Mohamed al-Halbousi, è stato cacciato dalla Corte suprema per «frode e abuso di potere». In Kurdistan non si trova un accordo sulle elezioni per rinnovare il Parlamento regionale, ormai in una situazione di stallo dal 2022. Sul fronte sciita, infine, a contendere la momentanea leadership dei filo-iraniani è ricomparso sulla scena politica il nazionalista Muqtada al Sadr, dopo due anni di assenza.

 

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