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Teheran e i suoi satelliti, ovvero l’Asse della resistenza a Israele

Giuseppe Caffulli
7 agosto 2024
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Teheran e i suoi satelliti, ovvero l’Asse della resistenza a Israele
Il sistema israeliano di difesa antiaerea in azione il 16 luglio scorso nei cieli sopra Kyriat Shmona, nell'alta Galilea, per intercettare razzi lanciati dalle postazioni di Hezbollah nel sud del Libano. (foto David Cohen/Flash90)

Attorno all'Iran degli ayatollah si assiepano forze, più o meno grandi e distribuite in varie parti del Medio Oriente, disposte a combattere Israele anche in nome della causa palestinese. Chi sono e dove stanno, Paese per Paese.


Nelle ultime settimane se ne fa un gran parlare. Dal raid israeliano del 30 luglio su Beirut – con l’uccisione del numero due di Hezbollah Fuad Shukr, considerato da Israele «responsabile della strage dei bambini di Majdal Shams nel Golan» – e dall’attentato a Teheran, il giorno successivo, che ha provocato la morte di Ismail Haniyeh, capo di Hamas, se ne parla ancora di più.

Oggetto del dibattito sono gli alleati dell’Iran, i suoi mandatari, che sembrano pronti a intervenire in un attacco simultaneo e coordinato contro Israele per vendicare la morte dei due leader di cui sopra. La data presunta, a quanto trapela da alcune fonti, potrebbe essere la ricorrenza ebraica di Tisha BeAv, giorno di lutto che ricorda la perdita del tempio di Gerusalemme, distrutto per due volte nel corso della storia – dal babilonese Nabucodonosor II nel 586 a.C. e dal generale romano Tito nel 70 d.C. – proprio il 9 (tisha) del mese di Av. Il digiuno previsto in questa occasione inizia quest’anno al tramonto del 12 agosto e termina il 13 al comparire delle prime stelle in cielo.

Per mettere a punto una strategia comune, nei giorni successivi alla duplice «neutralizzazione», a Teheran sono convenuti i leader delle milizie che fanno parte del cosiddetto Asse della Resistenza sciita, in arabo Mihwar al-Muqawama, un’alleanza militare, ideologica e politica costruita dall’Iran fin dal 1979. Questa variegata rete di soggetti, sostenuti in vari modi da Teheran, permette al Paese degli ayatollah di esercitare una significativa influenza sulla regione, di avere tra le mani un’importante carta di deterrenza sugli avversari e di disporre di leve strategiche che superano i confini geografici del Paese.

Quando aspettarsi l’attacco?

Secondo The Wall Street Journal, che ha pubblicato la notizia il 6 agosto, l’Iran sarebbe pronto ad attaccare. Per questa ragione Teheran avrebbe spostato negli ultimi giorni i lanciamissili e condotto una serie di esercitazioni militari. Le fonti citate dal quotidiano statunitense non hanno notizia del ruolo e del peso del Partito di Dio libanese (Hezbollah) in una risposta iraniana all’uccisione del capo di Hamas Ismail Haniyeh. L’attacco subito dal Partito di Dio a Beirut fa propendere, comunque, per un impegno massiccio. Hezbollah ha un arsenale di missili e armamenti decisamente imponente.

Secondo un altro quotidiano americano, The New York Times, aiuti militari sarebbero già arrivati all’Iran dalla Russia. Il Cremlino avrebbe infatti fornito a Teheran radar e sistemi di difesa aerea, in vista di incursioni da parte dell’aeronautica israeliana sul suo territorio.

L’Organizzazione della cooperazione islamica (Oci) oggi, 7 agosto, tiene a Gedda, in Arabia Saudita, una sessione straordinaria a livello di ministri degli Esteri con lo scopo di «discutere dei crimini dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese, compreso l’assassinio di Ismail Haniyeh».

La richiesta di convocazione è arrivata da Teheran, che sottolinea come l’uccisione del leader di Hamas sia configurabile anche come un attacco alla sovranità dell’Iran. A differenza della più piccola Lega Araba, l’Organizzazione della cooperazione islamica comprende anche influenti Stati non arabi, tra cui appunto Iran, Pakistan e Turchia. È possibile, anzi probabile, che l’Iran attenda gli esiti di questa sessione dell’Oci per decidere come (il se non è contemplato) lanciare la rappresaglia annunciata contro Israele.

L’Asse della resistenza (sciita)

Dalla rivoluzione del 1979 ad oggi, l’Iran ha costruito una rete di milizie alleate (Mihwar al-Muqawama) in tutto il Medio Oriente. Nel 2022, Teheran contava alleati tra più di una dozzina di milizie, sostenute finanziariamente, addestrate e foraggiate d’armamenti dalle Guardie rivoluzionarie iraniane. I campi d’addestramento di queste milizie sono dislocati in almeno sei Paesi: Bahrein, Iraq, Libano, Territori palestinesi, Siria e Yemen.

Per fronteggiare queste milizie e contenere l’influenza regionale di Teheran, le amministrazioni Usa che si sono avvicendate alla Casa Bianca hanno messo in campo sanzioni e misure economiche punitive, ma con scarso successo.

È difficilissimo, infatti, intercettare i mille rivoli che portano finanziamenti alle milizie dell’Asse della resistenza. Nel 2020, il Dipartimento di Stato stimava che l’Iran foraggiasse Hezbollah con 700 milioni di dollari l’anno. Fonti d’intelligence sostengono che Teheran destinasse 100 milioni di dollari all’anno ai gruppi palestinesi, tra cui Hamas e il Jihad islamico palestinese.

Tra i combattenti per procura (proxies, in inglese) dell’Iran ci sono milizie molto note e da decenni sulla scena, altre più defilate e meno note, ma non per questo meno influenti nella strategia dell’Asse della resistenza. Ecco un identikit delle più importanti.

Libano – Hezbollah (Partito di Dio)

Hezbollah è un movimento sciita, storico alleato dell’Iran in Medio Oriente. Nasce all’inizio degli anni Ottanta, con il sostegno militare e finanziario delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Il braccio politico, una volta emerso dalla clandestinità, dal 1992 è protagonista anche della vita istituzionale del Libano. Il braccio militare, tuttavia, non ha mai abbandonato la lotta armata, compiendo dagli anni Ottanta ad oggi diversi attentati suicidi contro personale e strutture statunitensi in Libano, decine di sequestri di ostaggi stranieri, ma anche azioni volte a influenzare la vita politica interna. Nel 2020, secondo i dati forniti dal Centro per gli studi strategici e internazionali, di Washington, Hezbollah era l’attore non statale più armato al mondo, con un arsenale di almeno 130mila tra razzi e missili.

I finanziamenti iraniani sono recentemente diminuiti a causa delle sanzioni statunitensi, del calo dei prezzi del petrolio e dell’impatto economico della pandemia di Covid-19, ma – secondo gli analisti – restano imponenti.

Oltre ai missili, Hezbollah vanta una rete di gallerie e cunicoli ben più articolata e complessa di quella che sta nel sottosuolo della Striscia di Gaza, scavata nell’arco di molti anni nel sud del Libano anche grazie all’aiuto della Corea del Nord. In queste postazioni sotterranee sarebbero dislocate le rampe di lancio verso Israele.

→ Leggi anche: I tunnel di Hezbollah che preoccupano Israele

Yemen – Ansar Allah (Houthi)

I Partigiani di Dio (Ansar Allah) sono un movimento sciita di osservanza zaydita fondato all’inizio degli anni Novanta. Hanno preso il nome dal fondatore (Hussein al-Houthi) e combattono il governo yemenita dal 2004. Gli Houthi hanno conquistato la capitale dello Yemen, Sanaa, nel 2014 e hanno contribuito a spodestare il governo del presidente Abed Rabbo Mansour Hadi nel 2015. Sono sostenuti dalle Guardie rivoluzionarie iraniane almeno dal 2011. L’Iran e gli Hezbollah libanesi hanno curato l’addestramento delle milizie e aumentato le spedizioni di armamenti dopo che una coalizione a guida saudita è intervenuta nella guerra dello Yemen nel 2015.

Negli anni recenti la milizia è diventata una minaccia per le rotte navali nel Mar Rosso, per il commercio globale e per la libertà di navigazione. Attraverso il Canale di Suez transita circa il 10-12 per cento del traffico mondiale di merci. Da mesi gli Houthi attaccano le navi al largo delle coste dello Yemen, affermando di agire in solidarietà con i palestinesi.

Gli Houthi si sono detti responsabili di un attacco con un drone direttamente in territorio israeliano, il 19 luglio scorso, che ha causato una vittima in un edificio di Tel Aviv. Immediata la risposta di Israele, con un raid sul porto yemenita di Hodeida. Bilancio: 6 morti e 90 feriti.

Territori palestinesi – Hamas e Jihad islamico palestinese

Creato nel 1987 nell’alveo della Fratellanza musulmana, Hamas, o Harakat al Muqawama al Islamiyah (Movimento di resistenza islamico) è una milizia islamista sunnita e un partito politico con sede a Gaza, finanziato, armato e addestrato dalle Guardie Rivoluzionarie iraniane fin dai primi anni Novanta. Hamas ha da allora un ufficio operativo anche a Teheran.

Nel 2012, l’Iran aveva interrotto i finanziamenti a Hamas dopo il suo rifiuto di sostenere il regime di Bashar al Assad nella guerra civile siriana, ma ha ripreso a fornire assistenza finanziaria nel 2017. «Le relazioni con l’Iran sono eccellenti e l’Iran è il principale sostenitore delle Brigate Izz ad Din al Qassam con denaro e armi», aveva dichiarato nel 2017 Yahya Sinwar, il capo militare nella Striscia di Gaza e da ieri, 6 agosto, designato successore di Haniyeh alla testa di Hamas.
L’Iran ha fornito oltre 100 milioni di dollari all’anno ai gruppi combattenti palestinesi, tra cui Hamas e il Jihad islamico palestinese, come ha riferito il Dipartimento di Stato nel 2020. Dal 7 ottobre 2023, dopo l’attacco ai kibbutz e i villaggi israeliani nei pressi della Striscia di Gaza – attacco che ha mietuto 1.200 morti israeliani (oltre al rapimento di 240 persone) – è in atto una sanguinosa guerra tra Israele e Hamas, che ha ormai fatto 40mila morti, 100mila feriti e 2 milioni di sfollati interni.

Il Jihad islamico palestinese (Harakat al Jihad al Islami al Filistin) è un gruppo militante islamico sunnita di Gaza che nasce negli anni Ottanta e da sempre è collegato a Teheran. Sebbene abbia sede a Damasco, ha mantenuto a lungo un ufficio nella capitale iraniana. Gli Stati Uniti l’hanno incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche a partire dal 1997 per aver commesso atti terroristici che minacciano la sicurezza nazionale e gli interessi americani.

«Il Jihad islamico palestinese è un altro frutto dell’albero rigoglioso piantato dell’ayatollah Khomeini», aveva dichiarato l’allora segretario generale del movimento armato Ramadan Shallah nel 2002. Secondo quanto riferiscono le fonti d’intelligence, l’Iran aveva interrotto i finanziamenti al gruppo nel maggio 2015, perché non sosteneva il coinvolgimento di Teheran, tramite gli Houthi, nel conflitto yemenita, ma ha rinnovato i finanziamenti nel maggio 2016.

Come si vede, sia nel caso di Hamas che del Jihad islamico, dopo l’impasse determinato dalle divergenze sull’asse sciiti-sunniti (entrambe queste formazioni sono di matrice sunnita, mentre sia il regime siriano sia gli Houthi sono vicini alla matrice sciita), i legami con l’Iran sono ripresi in chiave anti-israeliana.

Iraq – Kataib Hezbollah (Brigate del Partito di Dio)

Kataib Hezbollah è una milizia sciita costituita nel 2007, addestrata e armata dalle Guardie rivoluzionarie iraniane. Nel 2014, la milizia si è unita alle Forze di mobilitazione popolare (Pmf) irachene per combattere lo Stato islamico (Isis), ma ha mantenuto i suoi stretti legami con Teheran.

Con il sostegno iraniano, Kataib Hezbollah ha condotto gli attacchi più sofisticati ed efficaci contro le forze statunitensi e gli alleati della coalizione in Iraq dal 2007 al 2011 e dal 2018 al 2020. Secondo quanto riportato in un rapporto del Wilson Centre di Washington, «Kataib Hezbollah il 27 dicembre 2019 ha lanciato un attacco missilistico contro la base militare K1 vicino a Kirkuk che ha ucciso un contractor civile statunitense e ferito quattro membri del personale americano e due agenti delle forze di sicurezza irachene. Nel gennaio 2020, gli Stati Uniti hanno risposto con un attacco di droni contro Muhandis e il generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds (una componente del Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, organizzata in unità di forze speciali, responsabile delle operazioni al di fuori del Paese) a Baghdad. Nel febbraio 2020 gli Usa hanno classificato il nuovo leader della formazione, Ahmad al Hamidawi, come “terrorista globale”».

Siria – Brigata Zaynabiyoun e Divisione Fatemiyoun

La Brigata Zaynabiyoun è una milizia sciita pachistana istituita nel 2014 dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie e addestrata dalla Forza Quds. La Brigata ha reclutato combattenti tra i pachistani che vivono in Iran e nelle aree tribali del Pakistan, e ha combattuto a fianco delle forze governative del presidente Bashar al-Assad in Siria.

La Divisione Fatemiyoun è invece una milizia afghana fondata negli anni Ottanta, disciolta e nuovamente rifondata dalle Guardie rivoluzionarie iraniane nel 2012. È composta principalmente da rifugiati di etnia hazara dell’Afghanistan che vivono in Iran. Dal 2014, le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno schierato la milizia – 50 mila combattenti – per sostenere il governo di Assad in Siria.

Nel 2019 il Dipartimento del Tesoro americano ha sanzionato la Divisione Fatemiyoun per aver sostenuto la Forza Quds e aver di fatto costretti i rifugiati afghani in Iran a combattere in Siria, pena la prigionia in Iran o la deportazione in Afghanistan.

Bahrein – Saraya al Ashtar

Le Brigate Al Ashtar (Saraya al Ashtar) sono una milizia con sede in Bahrein finanziata, addestrata e armata dall’Iran, responsabile, per il Dipartimento di Stato americano, di attacchi terroristici per rovesciare il governo del Paese. Nel 2014, il gruppo ha ucciso due agenti di polizia bahreiniti e un ufficiale emiratino in un attacco dinamitardo. Dal 2018 queste Brigate sono considerate un’organizzazione terroristica da Bahrein, Egitto, Arabia Saudita, Stati Uniti e Canada.

Arabia Saudita – Hezbollah al Hejaz

L’Arabia Saudita è uno dei centri più importanti dell’Islam sunnita. Nonostante questo, alla fine degli anni Ottanta venne fondato Hezbollah al Hejaz (Partito di Dio Saudita), un gruppo militante sciita modellato sull’Hezbollah libanese e allineato all’Iran. Nel 2001 gli Stati Uniti hanno sanzionato quattro leader legati all’attentato alle Torri di Khobar del giugno 1996, che ha causato la morte di 19 membri dell’aeronautica statunitense e il ferimento di 372 persone. Inoltre, il Dipartimento di Giustizia ha incriminato l’Iran per aver finanziato e diretto l’attacco alle Torri di Khobar da parte degli Hezbollah sauditi. Dopo la repressione saudita, l’organizzazione è di fatto scomparsa (anche se non si escludono «cellule dormienti»). Tuttavia, l’episodio dimostra la capacità di penetrazione dell’Asse della resistenza anche in un contesto come quello saudita.

Cosa potrebbe succedere?

Oltre a Israele, anche la Giordania si prepara a un possibile attacco. L’autorità dell’aviazione civile giordana ha fatto sapere lunedì 5 agosto che gli aerei che intendono utilizzare il suo spazio aereo devono portare con sé del carburante extra (45 minuti aggiuntivi di volo) per poter lasciare l’area in caso di necessità. Nel caso di un attacco iraniano a Israele, che potrebbe interessare anche i cieli della Giordania, come è successo in aprile, gli aerei avrebbero abbastanza carburante per cambiare rotta con breve preavviso e atterrare in un Paese vicino.

Ma la vera domanda è: che tipo di attacco sarà quello dell’Iran e dei suoi alleati in campo?

Nel complesso, Teheran e le milizie dell’Asse della resistenza hanno accumulato una notevole capacità di lanciare razzi, missili e droni. Principali obiettivi potrebbero essere le alture del Golan e la Galilea, ma non si escludono anche attentati a persone e istituzioni ebraiche e/o israeliane in tutto il mondo.

Allo stesso tempo, Teheran ha subito forti pressioni internazionali per limitare i suoi piani d’attacco e la sua vendetta.

Per non rischiare d’implodere sotto la pressione dell’opinione pubblica interna, inferocita dalla facilità con cui il «nemico sionista» è stato capace di violare la sicurezza interna, l’Iran sembra obbligato a lanciare un «conflitto aperto» contro Israele che potrebbe durare due o tre giorni. A sentire fonti diplomatiche e dichiarazioni di alti funzionari e comandanti, gli attacchi di Teheran e dei suoi satelliti avranno certamente lo scopo di sfidare le difese israeliane e di riflesso, gli alleati storici d’Israele ed eterni nemici di Teheran, gli Usa. Ma l’attacco potrebbe essere misurato e non molto distruttivo. C’è da sperarlo.

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