Nella società occidentale, negli ultimi decenni, si è sviluppata una particolare attenzione non solo al «vestirsi alla moda», ma anche al vestirsi in modo adatto a seconda della situazione. Nel nostro linguaggio quotidiano sempre più si parla di dress code, espressione inglese che definisce l’abbigliamento appropriato a una determinata occasione o a un determinato luogo.
Guardando alla storia di san Francesco possiamo notare che anche per lui l’abbigliamento non è mai stato casuale. Infatti, i racconti che troviamo nelle Fonti Francescane ci testimoniano come, a seconda delle fasi del suo percorso umano e spirituale, ha corrisposto un modo di vestirsi. La sua esperienza interiore, quello che Francesco medita nella sua mente e nel suo cuore, non è mai slegata dai gesti e dalle parole.
La Leggenda dei Tre Compagni, per esempio, narra che «si faceva confezionare abiti più sontuosi che alla sua condizione sociale non si convenisse e, nella ricerca dell’originalità, arrivava a cucire insieme nello stesso indumento stoffe preziose e panni grossolani».
L’abito del giovane Francesco era il primo modo per raccontare la sua estrosità e il suo desiderio di vita i suoi sogni. Abito che poi, sempre secondo il racconto delle Fonti Francescane, è cambiato con l’armatura per combattere i nemici di Perugia o gli infedeli d’oltremare, ma anche il modo per dire il suo desiderio di diventare cavaliere e quindi avere una posizione d’onore all’interno della sua comunità.
L’esperienza della guerra, del fallimento e della malattia conducono poi il giovane figlio di mercanti a iniziare un percorso inedito e impensato che lo porta a una dimensione di vita inattesa e, agli occhi dei suoi compaesani, sconvolgente. Il momento più noto di questo cambiamento è la celebre spoliazione nella piazza del vescovado di Assisi alla presenza di molti abitanti della città, del vescovo e del padre, Pietro di Bernardone.
Il racconto delle Fonti ci consegna il forte gesto che apre a una nuova figliolanza (il Padre è nei cieli) e a un vero e proprio cambiamento della forma di vita.
Il gesto di Francesco ci mostra come il cammino della povertà non si arresta al momento della spoliazione. Esprime, alla luce della sperimentata nudità, un rivestirsi che è segno di una rinnovata condizione. Nel saio, abito del povero, c’è l’opportunità di abbracciare la spoliazione della croce, che per il cristiano non è il disprezzo per i beni di questa terra, bensì la testimonianza di una libertà che in Dio non bada più a piacere o a corrispondere ai codici estetici del mondo. Andando avanti nel suo percorso, Francesco più volte parla dell’abito del frate minore che, di fatto, è il vestito dei poveri e dei contadini. I pantaloni, la cintura di cuoio e il copricapo per ripararsi dal sole e dalla pioggia erano per le persone benestanti. Invece la tunica di lana grezza con cappuccio contenuta alla vita con una semplice corda era l’abito dei non cittadini, di chi viveva nell’indigenza e spesso fuori dalle mura della città.
Nell’esperienza della Verna, in questa dinamica dove l’uomo Francesco salito tra le affascinanti rocce del Casentino vive nell’estate del 1224 un vero e proprio momento di crisi, possiamo intravedere una nuova spoliazione e vestizione. A Francesco è richiesto di spogliarsi delle sue idee, dei suoi progetti e anche del suo orgoglio e le stimmate ricevute sul Sacro Monte sono così opera di Dio e non opera della forza della sua volontà. I segni dei chiodi e la ferita sul costato sono l’abito che il Serafino dona a Francesco e fa di lui un testimone autorevole di un incontro che lo ha introdotto nella vita del Risorto.
Allora questo nuovo abito è accompagnato da un cuore che aderisce a nuovi codici di bellezza e che compone le Lodi di Dio Altissimo e il Cantico delle Creature. Preghiere che testimoniano un nuovo status di vita e, quindi, coerenti con il nuovo dress code abbracciato dall’uomo Francesco che accoglie umile il dono e lo nasconde fino alla morte dove, nudo sulla nuda terra, lo mostrerà a tutti come segno della sua somiglianza con Dio.
Anche per noi, a volte un po’ distratti dalla preoccupazione di cosa indossare, per piacere o rispettare i «codici del mondo», l’esperienza di Francesco viene in soccorso e ci invita alla moda intramontabile dell’uomo rivestito di Cristo, dove dolore e passione insieme trovano senso e diventano via.
(fra Matteo Brena è Commissario di Terra Santa per la Toscana)
Eco di Terrasanta 4/2024
Intelligenza artificiale e «intelligenza del cuore»
Viviamo in un mondo sempre più dipendente dall’uso (e spesso dall’abuso) dell’intelligenza artificiale (Ia). A Trento il Custode di Terra Santa padre Patton ha messo in guardia dai rischi anche nel campo dell’informazione.