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Pesach e il Poema delle quattro notti

fra Simone Castaldi
22 aprile 2024
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Un testo ebraico classico menziona quattro «notti della salvezza» e le collega alla festa di Pesach. Di quali notti si parla? E perché proprio quattro?


Il Targum Neofiti (traduzione in aramaico della Torah) del libro dell’Esodo (cap. 12) contiene il cosiddetto Poema delle quattro notti. Quattro notti (4 è simbolo di universalità), denominate «notti della salvezza», che ne sintetizzano tutta la storia. Ognuna di esse coincide con la notte di Pesach, che proprio in Es 12,42 è definita: «Notte di veglia in onore del Signore». La prima notte è quella della Creazione, cominciata per un’antica tradizione proprio nella notte di Pesach, quando la Parola di Dio divenne luce.

Dice il Targum: «La prima notte fu quella in cui il Signore si rivelò sul mondo per crearlo: il mondo era deserto e vuoto e le tenebre ricoprivano la superficie dell’abisso. La Memrà (la Parola) del Signore era luce ed illuminava. E la chiamò «prima notte».

La seconda notte è la notte della fede, quella della rivelazione di Dio ad Abramo, quella della legatura di Isacco. È perciò la notte in cui avviene il miracolo di Dio che trae dalla morte alla vita; in cui Abramo vede il suo unico figlio «ritornare alla vita» (anche nella Lettera agli Ebrei Isacco è presentato come simbolo della risurrezione).

La terza notte di salvezza è quella dell’Esodo, l’uscita salvifica dall’Egitto.

Prima di raccontare la quarta notte, ricordiamo che il numero 4 è protagonista anche della «Madre di tutte le veglie»: la veglia pasquale cristiana, che è divisa proprio in quattro momenti: Inizia con il Lucernario, il momento della luce, in cui viene benedetto il fuoco nuovo, usato poi per accendere il cero pasquale, luce che simboleggia Gesù risorto che vince le tenebre. Il canto del preconio pasquale conclude questo primo momento annunciando la risurrezione di Gesù, ripercorrendo i prodigi della Storia della Salvezza e invitando tutta l’assemblea a gioire per il compiersi delle profezie. Il secondo momento è quello della Liturgia della Parola, dove la Chiesa medita, con un lungo ascolto, le meraviglie fatte da Dio fin dall’inizio per il suo popolo, (Creazione – legatura di Isacco – Esodo; le prime tre letture coincidono con le prime tre notti). Segue poi la Liturgia battesimale: la notte di Pasqua è per tradizione la notte dell’accoglienza dei catecumeni nella Chiesa e la notte prediletta per battesimi. In questo momento si benedice l’acqua e se ci sono battezzandi si battezzano; tutti i fedeli rinnovano le proprie promesse battesimali. L’ultimo momento è la Liturgia eucaristica, il nostro sacrificio e la nostra cena pasquale.

Tornando al Poema, chiudiamo con la quarta notte: è la notte in cui, dice il Targum, arriverà il Messia: «I gioghi di ferro saranno spezzati (…). Mosè salirà dal mezzo del deserto e il Re Messia verrà dall’alto. Uno camminerà alla testa del gregge e l’altro camminerà alla testa del gregge. E la Parola camminerà fra i due (…). È la notte di Pasqua, per la liberazione di tutte le generazioni d’Israele».

La notte di Pesach, come la notte di Pasqua è quindi la notte del Messia, dell’unto, del Cristo; una notte piena di significato escatologico. Nell’una e nell’altra notte sono concentrate tutte le speranze di salvezza e di liberazione. San Girolamo ce lo ricorda citando proprio la tradizione ebraica: «Cristo verrà a mezzanotte, come al tempo dell’Egitto, quando si celebrò la pasqua e venne l’angelo sterminatore e il Signore passò sopra le case e gli stipiti delle nostre fronti furono consacrati con il sangue dell’Agnello» (Girolamo, In Matth. IV 25,6).

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