Sono i primi arrivi previsti da un accordo concluso tra India e Israele lo scorso anno. Rimpiazzeranno in parte la manodopera palestinese, soprattutto nel settore edilizio. Dopo il 7 ottobre 2023, 100mila palestinesi della Cisgiordania sono rimasti senza lavoro, impossibilitati a raggiungere i cantieri in Israele.
(g.s.) – Lo scorso anno i governi di Israele e India conclusero accordi per agevolare l’arrivo nello Stato ebraico di 42mila migranti temporanei indiani (che potrebbero diventare 100mila in futuro). Ora i primi 10mila aspiranti stanno ultimando le pratiche necessarie e s’accingono a partire. Troveranno impiego soprattutto in edilizia e nei servizi di assistenza alla persona. I timori per la guerra in corso ci sono, ma non hanno la meglio sul bisogno di affrancarsi dalla povertà.
Il quotidiano Haaretz riferisce che iI governo dello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, nel pubblicizzare i posti disponibili per lavoratori specializzati, ha precisato che le imprese edili israeliane offrono salari pari a 137mila rupie al mese (poco più di 1.500 euro), una somma cinque o sei volte più alta del salario indiano per un lavoro analogo.
Dall’inizio di questo secolo i lavoratori stranieri, migranti temporanei, rimpiazzano la manodopera palestinese impiegata in Israele fino a prima della seconda Intifada (2000-2004).
Il fenomeno si accentuerà, prevedibilmente, tenuto conto del clima di reciproca sfiducia e paura causato dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 e dalla guerra nella Striscia di Gaza. Quegli eventi tragici hanno d’altronde indotto molti lavoratori asiatici a tornare a casa. Basti pensare ai braccianti thailandesi che lavoravano nelle fattorie e serre nel sud di Israele e che hanno visto uccidere o rapire alcuni dei loro connazionali.
Gli indiani già presenti in Israele sarebbero intorno ai 18mila. Tra i 13mila che si calcola lavorino come badanti o collaboratori domestici, molti provengono dal Kerala, uno Stato di 34 milioni di abitanti, che tra i suoi cittadini annovera un gran numero di cattolici, appartenenti ai riti siro-malabarese e siro-malankarese. Le loro due Chiese orientali fanno risalire le proprie origini alla predicazione dell’apostolo san Tommaso.
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Come dicevamo, le nuove ondate di risentimento, avversione e diffidenza che riverberano in Israele e nei Territori palestinesi tra ebrei e arabi dopo gli eccidi del 7 ottobre 2023 e la guerra che sta devastando la Striscia di Gaza hanno reso ancora più difficile lavorare fianco a fianco. Con i blocchi alla circolazione in Cisgiordania rafforzati nei mesi scorsi dagli apparati di sicurezza israeliani, 100mila braccianti, manovali o muratori palestinesi che abitano in quei territori non hanno potuto raggiungere i loro abituali luoghi di lavoro (cantieri edili o imprese agricole) in Israele. Le loro famiglie sono così rimaste prive di entrate, dal momento che l’Autorità palestinese non eroga sussidi di disoccupazione, segnala Kav LaOved, un’ong israeliana che si batte per pieni e uguali diritti per tutti i lavoratori in Israele, indipendentemente dalla religione, nazionalità, sesso o status giuridico.