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Gerusalemme, nostalgia e memoria d’Occidente

Manuela Borraccino
9 aprile 2024
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Gerusalemme, nostalgia e memoria d’Occidente

I significati della Città Santa sono inesauribili. Lo storico Antonio Musarra ricostruisce in questo libro la tensione irrisolta fra la dimensione terrestre dei Luoghi dell’Incarnazione e la dimensione trascendente che tanta rilevanza ha avuto nella costruzione dell’Europa medievale.


La meditazione continua sulla «città di Dio», dove «l’uno e l’altro sono nati» (salmo 87); lo spazio delle architetture concepito come riproposizione memoriale del sacrificio eucaristico; la liturgia come luogo in cui avviene la massima translatio dalla Gerusalemme terrestre a quella celeste. L’intera codificazione del culto cristiano è stata forgiata tra i primi secoli del cristianesimo e il Medioevo, intorno a questa tensione irrisolta fra Cielo e Terra, solo in parte espressa dal fervore degli eserciti ben prima delle Crociate, dalla diffusione crescente della pratica dei pellegrinaggi a partire dal X secolo, dalle inventio delle reliquie e dei furti sacri. La tesi suggestiva dell’ininterrotto moto di traslazione della sacralità dei Luoghi Santi in Occidente è al centro di questo saggio di Antonio Musarra, professore associato di Storia medievale alla Sapienza Università di Roma.

Un saggio che tiene insieme le tre dimensioni terrestre, celeste e traslata della Città Santa: proprio qui sta il valore aggiunto di questo pellegrinaggio ideale lungo oltre un millennio di storia cristiana, europea e mediterranea che l’autore poco più che 40enne compie idealmente sulle orme «dell’impareggiabile maestro» Franco Cardini e dei numerosi volumi dedicati dallo storico fiorentino e da altri studiosi alla Città Santa per le tre religioni abramitiche.

La ricerca di Musarra prende le mosse dai momenti di rottura della distruzione del Tempio nel 70 d.C. e della trasformazione della città erodiana in Aelia Capitolina, fra il 132 e il 135, fratture «capaci di favorire l’idealizzazione della città e la ricerca di soluzioni alternative per la prosecuzione del culto». Passa in rassegna la sequela impressionante di assedi, riedificazioni, cacciate e ritorni che storicamente hanno reso Gerusalemme una città poco popolata, ciclicamente povera, sognata, contesa e ambita quant’altre mai.

Tra le pagine più originali del saggio si trovano quelle della seconda e terza parte, afferenti rispettivamente a Gerusalemme come meta escatologica e alla traslazione di Gerusalemme in Occidente, ad esempio con la creazione dei Sacri Monti. «Con l’affermarsi della fede nella risurrezione, in età ellenistica – scrive lo storico – iniziò a diffondersi l’idea per cui tale sarebbe stato il luogo dei salvati. I primi cristiani avrebbero esaltato questa prospettiva, facendone una tappa essenziale della Storia della Salvezza», come si evince dalle Lettere paoline, dal libro dell’Apocalisse e dalla teologia patristica e monastica. E ancora: le città di Agostino, la codificazione dell’architettura delle chiese cristiane improntate sulla Rotonda dell’Anastasis presenti non solo a Roma, il fenomeno delle riproduzioni ad instar Sancti Sepulcri che hanno attraversato l’intero Medioevo, prima con lo stile romanico e poi con il gotico. Fino al diffondersi dell’iconografia della Gerusalemme celeste ben diversa da quella reale descritta dagli itinera dei pellegrini (si veda il mosaico dell’abside di Santa Prassede) e della rappresentazione di Gerusalemme come centro del cosmo sulle orme dei Profeti: «Così dice il Signore Dio: questa è Gerusalemme! Io l’avevo collocata in mezzo alle nazioni e circondata di paesi stranieri» (Libro di Ezechiele 5,5).

Nel corso del XII secolo «la città di pietra, fatta di strade, piazze e mercati – rimarca Musarra – si confonde con il suo prototipo celeste, divenendo il modello cui ispirarsi». Così «la cartografia costituisce il principale veicolo d’informazione circa la natura della Città Santa. La topografia assorbe la teologia, restituendo un’immagine potente di quella che, per tutto il Medioevo – e oltre – nonostante il tentativo di traslarne in Occidente la sacralità, sarebbe rimasta la meta finale di ogni fedele». Con un ruolo di primo piano svolto dallo scriptorium francescano istituito presso il Cenacolo, attivo fino al 1551 – e presso l’attuale convento di San Salvatore, tra il 1560 e il 1561 – nella copia, rielaborazione e conservazione dei manoscritti. A partire dal XIV secolo l’istituzione della Custodia di Terra Santa, ricorda Musarra in pagine di grande interesse, contribuì a rilanciare il pellegrinaggio europeo e svolse un ruolo formidabile nella costruzione di un «magazzino della memoria»: i frati minori fecero della biblioteca del Sion un luogo deputato alla produzione e conservazione di testi utilizzati per elaborare nuovi testi, riattualizzando continuamente il ricordo memoriale dei Luoghi Santi.

E forse mai come oggi la Chiesa universale invoca quella immagine d’una Gerusalemme sospesa fra cielo e terra nel cercare tenacemente germogli di speranza oltre il sangue e le devastazioni che squarciano ancora una volta le comunità della regione.


Antonio Musarra
Fra Cielo e Terra
Gerusalemme e l’Occidente medievale
Carocci, 2024
pp. 296 – 29,00 euro

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