(g.s.) – Le Chiese d’Oriente ed Occidente quest’anno celebrano la Pasqua in date lontane: per ortodossi ed etiopi la solennità cadrà domenica 5 maggio. Ieri, 27 marzo, i patriarchi e capi delle Chiese di Terra Santa hanno comunque voluto indirizzare, tutti insieme, il loro messaggio augurale ai cristiani di tutto il mondo e ai popoli della regione.
Due versetti del Nuovo Testamento introducono il messaggio: «Noi sappiamo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio». (Lettera ai Romani 6, 9-10)
Poco oltre il testo riprende altre parole dell’apostolo Paolo: «Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione». (Rm 6,4b-5).
Nel diffondere questo annuncio pasquale, i capi delle Chiese riconoscono pienamente «l’intensa sofferenza che ci circonda qui in Terra Santa, così come in tante altre parti del mondo» e denunciano nuovamente «tutte le azioni violente nell’attuale guerra devastante, in particolare quelle dirette contro civili innocenti», e ribadiscono il loro appello «per un cessate il fuoco immediato e prolungato». Guardando soprattutto alla Striscia di Gaza, pur senza nominarla espressamente, chiedono «la rapida distribuzione degli aiuti umanitari; il rilascio di tutti i prigionieri; il libero accesso di medici e personale medico completamente attrezzati per curare i malati e i feriti; e l’apertura di negoziati facilitati a livello internazionale volti a porre fine e superare l’attuale ciclo di violenza».
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Nell’estendere questo messaggio pasquale ai cristiani e alle altre persone in tutto il mondo, gli ecclesiastici inviano un saluto speciale «a quei fedeli di Gaza che hanno portato croci particolarmente pesanti negli ultimi mesi». Tra costoro vi sono le persone rifugiate nelle chiese di San Porfirio (greco-ortodossa) e della Sacra Famiglia (cattolica latina), «così come il personale coraggioso e i volontari dell’ospedale Ahli, gestito dagli anglicani, insieme ai pazienti che servono».
«A loro e a quanti guardano con fede alla risurrezione di Cristo, anche in mezzo alle tenebre presenti, affermiamo con san Paolo questa acclamazione di speranza: “Sono infatti convinto che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i potenti né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcuna altra cosa in tutta la creazione potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,38-39)».
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