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La Striscia di Gaza (com’era) in un racconto ribelle

Terrasanta.net
24 aprile 2024
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La Striscia di Gaza (com’era) in un racconto ribelle

Uno sguardo empatico sul popolo gazese gettato da una delle sue figlie, sagace quanto osteggiata e tenacemente anticonformista: la giornalista Asmaa Alghoul. Edizione italiana fresca di stampa di un libro pubblicato in Francia nel 2016. Parzialmente superato dall'immane tragedia degli ultimi mesi.


(g.s.) – Asmaa Alghoul e Sélim Nassib – quest’ultimo è giornalista e scrittore tradotto in molte lingue, residente in Francia ma nato e cresciuto a Beirut in una famiglia ebraica di origine siriana – ci propongono questo libro scritto a quattro mani. Protagonista e voce narrante di queste pagine è solo Asmaa, giornalista e scrittrice palestinese pluripremiata, nata nel 1982 (cinque anni prima di Hamas) in un campo profughi a Rafah. Donna indomita e anticonformista, racconta la Striscia di Gaza, vista con i suoi occhi, dai primi anni Ottanta fino al 2015 (l’edizione originale di questo volume esce in Francia nel 2016).

Lo sappiamo: gli eventi degli ultimi mesi, dal 7 ottobre 2023, hanno definitivamente stravolto il panorama della Striscia di Gaza, ridotta ormai a cumuli di macerie, fiumane di sfollati, decine di migliaia di morti, feriti, orfani.

Il libro ci aiuta a intuire quello che le persone stanno subendo oggi attraverso il racconto, vivido ed emotivamente coinvolgente, dei conflitti precedenti, che sono tuttavia una parte marginale del racconto. Asmaa Alghoul vuole soprattutto parlarci di una società che è altro da Hamas, anche se il movimento islamista ha fatto molto per cambiarla e imbrigliarla. Se non fosse per gli stravolgimenti recenti, il ritratto sarebbe ancora attualissimo. In ogni caso, resta interessante.

Sin da bambina, Asmaa Alghoul ha imparato a non essere settaria e a pensare con la sua testa, incoraggiata soprattutto dal padre e dai nonni. Il che l’ha resa, in età adulta, un’impenitente fustigatrice di ogni ipocrisia e vuota retorica. Ne ha per tutti: Hamas, al-Fatah, Israele, gli Stati Uniti, l’Europa, l’Unrwa…

I suoi avi sono profughi fuggiti, nel 1948, da un villaggio non lontano da Tel Aviv. Lei, nata a Rafah, scrive: «Si presume che ami la Palestina che abbiamo perso, ma non voglio mentire dicendo che sogno di tornare nella mia patria. Rimpiango quelle terre per via di mia nonna, ma non riesco a condividere con lei quella sensazione, quel desiderio imperioso di “ritorno” di cui non ha fatto che parlarmi. So soltanto che ci affezioniamo al luogo in cui siamo vissuti e io sono molto affezionata a Rafah, il campo profughi in cui sono cresciuta. Secondo la tradizione nazionale palestinese considerare “patria” il campo profughi è tradimento, perché significa aver rinunciato. (…) Tutta la nostra mitologia si basa su quello. Perché dovrei avere il sogno di “tornare” se non ho mai conosciuto il villaggio della mia famiglia?» (p. 25).

Ogni singola pagina di questo libro merita d’essere letta, incluse quelle dedicate al poeta Mahmoud Darwish (1941-2008) o all’attivista italiano Vittorio Arrigoni (1975-2011).

Ci limitiamo qui a citare un altro passaggio: un giorno Asmaa, ormai adulta, riceve la telefonata di un giovane cugino che la detestava particolarmente: «“Asmaa, ho scoperto cose importanti”. “Quali?”. “Ho scoperto te, il tuo blog, perché agivi così, tutto un mondo nuovo. Prima, quando ascoltavo una canzone alla radio mia zia diceva a mia madre “Tuo figlio è un corrotto, è sporco”. Ora vedo film, leggo libri e ho capito che se mia sorella dice ‘Amo qualcuno’ non ho bisogno di massacrarla di botte. Dove eravamo tutto questo tempo?”. Non credevo alle mie orecchie. Lui ha continuato. “Quando tuo fratello Abdallah è venuto a Rafah [da Gaza – ndr] ci ho parlato e ho capito che non conoscevo il mondo”».

Quel giorno, riflette la scrittrice, «ho capito quanto cose importantissime come i libri, il cinema e la musica siano estranee ai figli di Gaza. Eppure sono le cose che trasformano la gente, le cose che hanno trasformato me! Come possiamo giudicare quelli che non hanno mai potuto usufruirne? Non c’è un solo cinema pubblico in tutta la Striscia! In generale i giovani hanno la scelta tra drogarsi di Tramadol o unirsi alle brigate al-Qassam, diventare soldati. (…) Allora ho capito che ci corre un niente tra il destino di essere professore, scrittore o poeta e quello di fare il combattente o ammazzare la sorella credendo di difendere l’onore della famiglia. Il conservatorismo criminale è interamente costruito su illusioni, fantasie, parole di partito, di moschea, di governo, ma se si guarda all’interno dell’individuo cosa si vede? L’unica cosa che gli manca è un buon libro. Né di governo di unità nazionale né di riconciliazione né di merda né di Hamas né di guerra, questo territorio ha solo bisogno di aprirsi al mondo, e a vietarlo è l’assedio imposto da Israele, Hamas, al-Fatah, ed Egitto mentre gli Stati Uniti e l’Europa guardano altrove» (pp. 178s.).


Asmaa Alghoul – Sélim Nassib
La ribelle di Gaza
edizioni e/o, 2024
pp. 208 – 16,50 euro

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