La guerra in corso a Gaza ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica israeliana la questione dell'esenzione dal servizio militare di cui godono i giovani studenti delle scuole rabbiniche. Le parole del rabbino capo sefardita di Israele, Yitzhak Yosef, esasperano i toni.
Di mettersi l’elmetto e andare a combattere a Gaza, non se ne parla proprio. Secondo quanto riferiscono i media israeliani, lo scorso 9 marzo il rabbino capo sefardita di Israele Yitzhak Yosef (punto di riferimento degli ebrei di origine mediorientale) ha minacciato l’esodo in massa della sua comunità religiosa da Israele, se il governo di Benjamin Netanyahu estenderà la coscrizione militare obbligatoria anche agli studenti delle scuole rabbiniche fino ad ora dispensati.
«Se ci forzate ad arruolarci nell’esercito, noi emigreremo all’estero», ha minacciato il rabbino, durante il sermone dello Shabbat, attirando su di sé una pioggia di insulti e di critiche per la sua «irresponsabilità» e il suo scarso patriottismo. Con la guerra contro Hamas e la sovraesposizione militare di Israele nella Striscia di Gaza, oltre che nei territori occupati della Cisgiordania e sul fronte libanese, è cresciuta in modo esponenziale la pressione dell’opinione pubblica perché anche gli haredim, i «timorati di Dio», facciano la loro parte nella lotta della patria e rinuncino ai loro privilegi, considerati «parassitari» dalla maggioranza degli israeliani. Pur essendo sovvenzionati dallo Stato, gli haredim vivono in comunità separate, nei loro quartieri dove gli uomini, nei loro lunghi pastrani, studiano la Torah tutto il giorno e non lavorano, mentre a lavorare – per arrotondare i sussidi pubblici – sono le donne, vestite con giacche e gonne lunghe e foulard o parrucche in testa. Generalmente, i «timorati di Dio» non sentono di appartenere allo Stato di Israele, opera «peccaminosa» del movimento laico sionista e non frutto sacro dei progetti di Dio.
A concedere loro l’esenzione dal servizio militare fu, nel 1948, il primo ministro David Ben Gurion, nel tentativo di compattare l’unità ebraica. A quell’epoca il provvedimento riguardava 400 giovani. Lo scorso mese, in un rapporto alla Knesset, i responsabili del personale dell’esercito israeliano hanno riferito che nel 2023 circa 66mila studenti delle scuole rabbiniche in età di leva – un numero record nella storia di Israele – hanno ottenuto l’esenzione dal servizio militare.
In Israele, gli haredim (sia di origine sefardita che europea ashkenazita) rappresentano – con il loro nutrito numero di figli – il segmento della popolazione che cresce di più. Nel 2022 erano circa un milione e 280mila, pari al 13,3 per cento dei cittadini israeliani, ma – secondo alcune proiezioni demografiche – nel 2050 potrebbero rappresentare un quarto della popolazione.
Attenzione. Non bisogna confondere gli haredim con gli hardalim, ovvero con i religiosi fondamentalisti sionisti, descritti spesso anche loro, nella traduzione italiana, genericamente come ultraortodossi. Questi ultimi appartengono a un movimento nato nel 1902 (quindi in epoca piuttosto recente), quando numerosi rabbini, in un incontro a Vilnius in Lituania, decisero di sposare il progetto sionista per accelerare la salvezza degli ebrei in Palestina.
Rimasti in ombra per diversi decenni, hanno fatto irruzione, negli anni Novanta, sulla scena politica israeliana nel processo di colonizzazione ebraica (ed illegale a giudizio della comunità internazionale) dei territori palestinesi occupati e di Gerusalemme est. Alcuni di loro vivevano nelle colonie di Gaza, smantellate nel 2005 dall’allora premier Ariel Sharon. Il loro pensiero si riassume nello slogan più popolare tra i 700mila coloni ebraici: Il popolo di Israele nella terra di Israele (עם ישראל בארץ ישראל), in base alla Torah. Quindi, implicitamente, nessuno spazio per i palestinesi. Oggi i religiosi sionisti militano nel Likud e nei partiti di estrema destra che compongono il sesto governo Netanyahu, come Focolare ebraico o il Partito sionista religioso. Sono in prima linea nell’esercito, di cui hanno occupato rapidamente i posti chiave. Il loro referente politico è Bezalel Smotrich, il ministro delle Finanze che ha parlato apertamente di eliminare qualsiasi presenza palestinese da Gaza.