«È il nostro muro di Berlino. Può schiantarsi di colpo, o sgretolarsi lentamente, ma verrà giù». È la convinzione e la speranza che anima l’attuale generazione di ragazze iraniane che, in diversi modi, da metà settembre 2022 (dopo l’uccisione di Mahsa «Jina» Amini, uno dei simboli della Rivoluzione sintetizzata dalle parole Zan, zendegi, azadi, ovvero «Donna, vita, libertà»), si oppongono pubblicamente a un regime opprimente e a un ordine patriarcale che ne imprigiona diritti e sogni. Sono giovani (di venti, trent’anni), spesso giovanissime. Alcune hanno solo sedici anni. Chiedono piena autodeterminazione: la libertà di scegliere il proprio presente e di poter disegnare il proprio futuro.
Non è neppure una questione di velo o meno. «Tutte sanno che devono combattere per sé stesse, sempre», che ogni piccola conquista è definitiva e vale per tutte le altre, spiega Farnaz Damnabi, fotografa neanche trentenne, a Barbara Stefanelli, l’autrice di questo libro, durante un incontro di persona a Milano. Si tratta di una protesta che Farnaz definisce «istintiva» e «ancestrale». «Non c’è ideologia – aggiunge – non c’è neppure un piano per quel che verrà “dopo”».
La Rivoluzione di queste giovani si salda così a quella delle generazioni precedenti, in un percorso storico che va indietro di oltre quarant’anni, evidenzia Barbara Stefanelli, giornalista, vicedirettrice vicaria del Corriere della Sera e direttrice del magazine 7.
Già dalle prime pagine di Love harder vengono sottolineati alcuni dati rilevanti: la totale spontaneità e autenticità della protesta, quindi l’assenza di potenze straniere e di partiti o gruppi politici a manovrare i fili dietro il dissenso; il diffuso sostegno maschile, che arriva da padri, mariti, compagni; l’alleanza con le madri («Sono felice che mia figlia sia caduta per una causa che sentiva sua», commenta la madre della sedicenne Nika Shakarami, perseguitata dal regime); il ruolo fondamentale di Internet che apre a ciò che accade fuori dal Paese.
E, ancora, alcune “fotografie” dell’Iran di oggi – un Paese in cui il 70 per cento della popolazione ha meno di 35 anni – da cui è imprescindibile partire: nelle università oltre il 60 per cento dei posti è occupato da ragazze; queste ultime sono ben il 70 per cento nelle materie tecniche (Science, Technology, Engineering, Mathematics – sintetizzate con l’acronimo Stem); a fine corso, due laureati su tre sono donne; in ambito medico, dal 1979 a oggi nel Paese c’è stato un aumento di dottoresse del 332 per cento.
Il libro accosta una lente d’ingrandimento a una manciata di storie, vicende esemplari di giovani vittime del regime. A partire da loro, lo sguardo si allarga però a ricomporre le numerose tessere che costituiscono il puzzle di questa rivolta. Il risultato è un quadro che tiene conto di molteplici angolature. Un racconto coinvolgente, denso di umanità ed empatia, narrato a un ritmo incalzante.
Il testo si sofferma anche su aspetti di cui, da qui, si è persa traccia. Episodi che sono stati cancellati dalla memoria nel frettoloso scorrere delle nostre notizie d’attualità. È il caso, tra gli altri, dell’accecamento deliberato dei manifestanti perseguito dal regime (sono circa 1.500, donne e uomini, i manifestanti che tra il 2022 e il 2023 sono stati colpiti a un occhio) o della sequenza di attacchi con il gas contro gli istituti femminili di inizio dicembre 2022, con centinaia di studentesse ricoverate per i medesimi sintomi («Assalti in un primo tempo negati, in seguito condannati da alcuni ministri, di fatto mai interrotti fino al termine dell’anno scolastico»), o ancora del fenomeno delle cosiddette desaparecidas della Rivoluzione.
Trovano spazio in queste pagine anche le tante storie di coraggio che interessano campioni sportivi, attrici, registi, influencer, intellettuali, artisti…
Arrivati all’ultima pagina, al lettore resta l’urgenza di un invito. Quello a una battaglia comune contro i fondamentalismi, contro qualunque forma di violenza sulle donne e privazione dei diritti della persona: «Quanto sarei e saremmo capaci, oggi, di batterci per la libertà, la nostra e quella degli altri, quella delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi che pensiamo già in salvo, protetti da un’eredità considerata inscalfibile di diritti e privilegi? (…) L’indifferenza aumenta il coefficiente di morte, i regimi ci contano. Contano sul nostro sentirci presto estranei. Per questo possiamo imparare ad amare più forte, per questo dobbiamo ancora combattere».
Barbara Stefanelli
Love harder
Le ragazze iraniane camminano davanti a noi
Solferino, 2023
pp. 144 – 16,50 euro