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Guerra Hamas-Israele, per donne e bambini il prezzo più alto

Manuela Borraccino
2 novembre 2023
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Oltre il 70 per cento delle 9.000 vittime e delle decine di migliaia di feriti dei bombardamenti a Gaza sono donne e bambini innocenti. Nello scempio del corpo delle donne brutalizzate dai miliziani di Hamas l’emblema della disparità di genere anche dentro i conflitti.


Dal 7 ottobre scorso più di 9.000 persone sono state uccise nella Striscia di Gaza secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite. Con il passare dei giorni appare sempre più evidente come a pagare il prezzo più alto delle guerre siano ancora una volta le donne e i bambini. Se il costo fisico e psicologico dei conflitti è immenso per chiunque sia coinvolto, per le donne e le ragazze è aumentato dalla condizione di vulnerabilità e dai rischi di stupri e violenze, come si è visto nelle atrocità commesse dai miliziani di Hamas il 7 ottobre, nello scempio del corpo della 22enne tedesco-israeliana Shani Louk, nel dramma delle molte donne rapite tra i 242 ostaggi israeliani a Gaza fra le quali l’84enne Ditza Hamyen, nelle disparità di genere di cui le donne fanno le spese nella società palestinese.

Fatti e cifre della condizione di donne e bambine oggi a Gaza

Secondo gli operatori umanitari presenti a Gaza, i bombardamenti israeliani hanno già provocato oltre un milione di sfollati e circa il 70 per cento delle persone uccise e ferite sono donne e bambini. Le Nazioni Unite riferiscono di almeno 50mila donne in stato di gravidanza a Gaza senza accesso ai servizi sanitari di base e 5.522 che dovrebbero partorire in queste settimane, private di strutture mediche adeguate. Quasi quattro settimane di guerra hanno già provocato migliaia di vedove e di bambini orfani, gettando le madri nella condizione di capofamiglia e responsabili della sussistenza, in uno dei luoghi con il più basso tasso di occupazione femminile del mondo, inferiore al 19 per cento della forza lavoro disponibile. Come si è già visto negli anni scorsi nei campi profughi in Siria, in Libano e in Iraq, la perdita del padre può diventare un’ulteriore condanna per le ragazze minorenni che più di altre corrono il rischio di matrimoni precoci e forzati e di non poter tornare a scuola neppure dopo il cessate il fuoco.

Appelli congiunti per il cessate il fuoco

Non sorprende perciò che si moltiplichino gli appelli per un cessate il fuoco: se non si fermano le ostilità, i numeri dei morti e dei feriti non faranno che aumentare scrivono, tra le altre, le avvocate e operatrici di Women’s Centre for Legal Aid and Counselling, una delle associazioni palestinesi più attive per il rafforzamento della condizione della donna. Tra le iniziative più significative, l’appello congiunto a «restare umani» firmato dalle maggiori associazioni israeliane favorevoli al dialogo per una soluzione pacifica, da B’Tselem a Breaking the silence passando per il forum di famiglie Parents Circle: «essendoci sempre opposti a colpire i civili innocenti– vi si legge fra l’altro – resta nostro dovere in questi giorni terribili dire in modo forte e chiaro che non vogliamo fare del male ai civili, sia in Israele che a Gaza. Uccidere altri civili non ci restituirà coloro che abbiamo perso. La distruzione e l’assedio indiscriminati contro i civili non ci porterà sollievo, giustizia, o calma. Chiediamo il cessate il fuoco e negoziati immediati per la liberazione degli ostaggi».

L’Unrwa: «A Gaza un’intera popolazione disumanizzata»

Il commissario generale dell’agenzia Onu per l’assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa) Philippe Lazzarini è appena rientrato dalla Striscia dove ha definito «senza precedenti» la tragedia umanitaria in corso. Il numero dei bambini uccisi a Gaza in queste quasi quattro settimane, oltre 3.750 per l’Unicef, supera quello di tutti i bambini uccisi nel 2019 nelle aree in conflitto, mentre più di 6.300 sono i bambini feriti o mutilati. L’attuale assedio imposto a Gaza, ha detto Lazzarini, è una punizione collettiva: mancano acqua potabile, cibo, medicine, le strade sono ridotte a macerie e cumuli di spazzatura. «Questi – ha affermato – non possono essere considerati “danni collaterali”, ma una chiara violazione del diritto internazionale che anche nel corso dei conflitti prevede la tutela dei luoghi di culto, degli ospedali, delle strutture umanitarie e dei rifugi». Oltre 670mila gazesi sono attualmente sfollati nelle strutture dell’Unrwa e nelle sovraffollate scuole della Striscia, dove affrontano terribili condizioni igienico-sanitarie e la scarsità di cibo e acqua potabile. «Oggi i gazesi avvertono di non venire trattati come altri civili. La stragrande maggioranza di loro si sente in trappola in una guerra con la quale non hanno nulla a che vedere. Percepiscono che il mondo li identifica con Hamas. E questo è pericoloso: un’intera popolazione è stata disumanizzata».

Per lo più ventenni i primi caduti israeliani a Gaza

Intanto il rientro in Israele delle salme dei 17 soldati israeliani, tutti tra i 19 e i 23 anni, che hanno perso la vita negli ultimi due giorni nell’invasione di terra manda agli israeliani il chiaro messaggio di quanto potrà essere lungo, sanguinoso e logorante questo scontro con Hamas che non sarà una nuova guerra dei Sei giorni e neppure di sei settimane, avverte il quotidiano Haaretz.

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