(g.s.) – Il 29 ottobre l’agenzia Onu per l’assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa) ha riferito che il giorno prima migliaia di persone hanno fatto irruzione in diversi magazzini e centri di distribuzione dell’Agenzia nelle aree centrali e meridionali della Striscia di Gaza, portando via farina di grano e altri beni di prima necessità come prodotti igienici. In uno dei magazzini assaltati, a Deir al-Balah, l’Unrwa immagazzina le forniture dei pochi convogli umanitari provenienti dall’Egitto.
Il segnale è preoccupante, sottolinea Thomas White, direttore Unrwa per la Striscia di Gaza, e significa «che l’ordine civile sta iniziando a crollare dopo tre settimane di guerra e uno stretto assedio a Gaza. Le persone sono spaventate, frustrate e disperate». Ad oggi, riferiscono i funzionari Onu poco più di 80 camion di aiuti sono entrati a Gaza in una settimana. Decisamente troppo pochi.
Già nel pomeriggio del 27 ottobre, in una conferenza stampa da Gerusalemme Est, il commissario generale dell’Unrwa Philippe Lazzarini è stato chiaro: «Mentre parliamo, le persone a Gaza stanno morendo. Muoiono a causa delle bombe e degli attacchi, ma presto molti altri moriranno a causa delle conseguenze dell’assedio imposto alla Striscia di Gaza. I servizi di base sono fatiscenti. Le medicine si stanno esaurendo. Cibo e acqua stanno finendo. Le strade di Gaza hanno iniziato a traboccare di liquami. Gaza è sull’orlo di un enorme rischio sanitario poiché le malattie incombono».
«Alcuni giorni fa – ha proseguito Lazzerini – avvertivo che non saremmo stati in grado di continuare le nostre operazioni umanitarie senza la fornitura di carburante. (…) Negli ultimi giorni l’Unrwa ne ha drasticamente limitato il consumo. E ciò ha un costo. Il nostro team ha dovuto prendere decisioni difficili, che nessun operatore umanitario dovrebbe mai prendere: cosa ha bisogno di maggior sostegno? I panifici? I macchinari di supporto vitale negli ospedali? Gli impianti idrici? Tutti hanno bisogno di carburante per funzionare. L’assedio significa che cibo, acqua e carburante – beni di prima necessità – vengono utilizzati per punire collettivamente più di 2 milioni di persone, la maggioranza dei quali sono bambini e donne».
Lazzerini è netto anche sugli aiuti che entrano coi camion dal valico di Gaza dopo lunghe trattative diplomatiche: «Finora il risultato è stato solo una manciata di convogli di aiuti, che non impediranno che Gaza sia strangolata. (…) Quei pochi camion non sono altro che briciole che non faranno la differenza per 2 milioni di persone. Dovremmo evitare di trasmettere il messaggio che pochi camion al giorno significano la fine dell’assedio per gli aiuti umanitari. Non lo è. Il sistema oggi in vigore è destinato a fallire. Ciò che serve è un flusso di aiuti significativo e ininterrotto. Per avere successo, abbiamo bisogno di un cessate il fuoco umanitario per garantire che questi aiuti raggiungano coloro che ne hanno bisogno. Non è chiedere troppo».
«I civili – protesta Lazzerini – hanno già pagato un prezzo sconcertante: più di un milione di sfollati, interi quartieri rasi al suolo, migliaia di morti, altre migliaia di feriti senza quasi più accesso agli ospedali. Ogni giorno sta diventando un giorno triste per le Nazioni Unite e l’Unrwa poiché il numero dei nostri colleghi uccisi aumenta. Ad oggi risultano uccisi almeno 53 miei colleghi. In un giorno abbiamo avuto la conferma che 15 persone sono state uccise. Sono madri e padri. Persone meravigliose che hanno dedicato la loro vita alle loro comunità. Se non fossero stati a Gaza, avrebbero potuto essere tuoi vicini. Un collega è morto mentre andava a prendere il pane in un panificio. Ha lasciato sei figli».
Il commissario generale dell’Unrwa si rivolge al mondo intero: «Sono trascorse tre settimane dall’inizio di questa guerra e le persone stanno rivolgendo la loro disperazione verso l’Unrwa. È normale. Siamo il volto della comunità internazionale, quella stessa comunità internazionale che sembra aver voltato le spalle agli abitanti di Gaza. Mi addolora che gli aiuti umanitari, un diritto fondamentale per le persone, siano costantemente messi in discussione proprio mentre la disperazione viene trasmessa in streaming sotto i nostri occhi. I miei colleghi di Gaza riferiscono che gli ultimi servizi pubblici rimasti stanno crollando; le nostre operazioni di aiuto si stanno sgretolando e, per la prima volta in assoluto, riferiscono che le persone ora soffrono la fame. L’ordine civile sta crollando e la rabbia comincia a incanalarsi verso i miei colleghi. Quanto tempo possiamo durare? Non più di qualche giorno. (…) Equiparare Gaza ad Hamas è molto pericoloso e fuorviante. È un’equazione mirata a disumanizzare le persone, tese a rendere giustificabile l’ingiustificabile. Mantenere la nostra umanità significa dimostrare che la gente di Gaza merita la nostra empatia e la nostra compassione».