(g.s.) – Non solo i terroristi e i militari sono scesi in campo in questa nuova e terribile fase del conflitto israelo-palestinese. Su un terreno diverso anche le diplomazie e le organizzazioni internazionali si prodigano, come possono, per tentare di arginare il disastro.
Crocevia inevitabili sono i governi di Qatar – principale finanziatore del governo gazese in mano a Hamas – ed Egitto, da tempo mediatore tra Israele e i leader politico-militari della Striscia. Si cerca almeno di ottenere la liberazione di parte degli ostaggi, donne e bambini in particolare. Scudi umani ai quali i miliziani di Hamas non rinunceranno facilmente.
L’anziano presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, da giorni è in stretto contatto con i vertici degli Stati arabi più vicini o influenti – Giordania, Arabia Saudita, Qatar ed Egitto – ma ha anche chiesto una riunione d’urgenza dei ministri degli Esteri della Lega araba.
La crisi discussa all’Onu
Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite (in New York), il Consiglio di Sicurezza si è riunito a porte chiuse per esaminare gli eventi in corso in Israele e nella Striscia di Gaza.
Prima della riunione, sia l’ambasciatore israeliano sia il rappresentante diplomatico palestinese, che non hanno preso parte ai lavori, hanno rilasciato dichiarazioni ai giornalisti, esponendo il punto di vista dei loro governi.
Nessun comunicato è stato emesso al termine della riunione, durata un’ora e mezza, perché i 15 Stati membri del Consiglio non hanno trovato un accordo sul testo da diffondere.
I paletti del segretario generale Guterres
Ha parlato invece il segretario generale dell’Onu, António Guterres: «Vorrei iniziare – ha esordito – ribadendo la mia totale condanna degli abominevoli attacchi di Hamas e altri contro le città e i villaggi israeliani nei dintorni di Gaza. (…) Riconosco le legittime rimostranze del popolo palestinese. Ma nulla può giustificare questi atti di terrore e l’uccisione, la mutilazione e il rapimento di civili. Ribadisco il mio appello a cessare immediatamente questi attacchi e a rilasciare tutti gli ostaggi».
Anche se Israele ha il diritto a difendersi, Guterres ricorda i paletti posti dal diritto internazionale (riconosciuto, e sovente disatteso, da gran parte degli Stati): «Le operazioni militari – sottolinea il segretario generale dell’Onu – devono essere condotte nel rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale. I civili devono essere rispettati e protetti in ogni momento. Le infrastrutture civili non devono mai essere un obiettivo. Abbiamo già notizie di missili israeliani che hanno colpito strutture sanitarie all’interno di Gaza, nonché torri residenziali a più piani e una moschea. Sono state colpite anche due scuole dell’Unrwa (l’agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi – ndr) che ospitavano famiglie sfollate a Gaza».
«Non bombardate le strutture Unrwa nella Striscia!»
In proposito Guterres segnala che «circa 137 mila persone si stanno attualmente rifugiando nelle strutture dell’Unrwa e il numero aumenta man mano che continuano i pesanti bombardamenti e gli attacchi aerei. Sono profondamente addolorato dall’annuncio di oggi secondo cui Israele avvierà un assedio completo della Striscia di Gaza, senza che sia consentito entrare: niente elettricità, cibo o carburante. La situazione umanitaria a Gaza era estremamente disastrosa prima di queste ostilità; ora peggiorerà solo in modo esponenziale. C’è un disperato bisogno di attrezzature mediche, cibo, carburante e altre forniture umanitarie, insieme all’accesso del personale umanitario».
«È ora di metter fine agli spargimenti di sangue»
Per finire, Guterres mette l’accento sul punto determinante e ben noto a tutti, anche se troppo spesso messo in ombra: «Questa violenza più recente non arriva nel vuoto. La realtà è che nasce da un conflitto di lunga data, con un’occupazione durata 56 anni e senza una fine politica in vista. È ora di porre fine a questo circolo vizioso di spargimenti di sangue, odio e polarizzazione. Israele deve vedere concretizzate le sue legittime esigenze di sicurezza e i palestinesi devono vedere realizzata una chiara prospettiva per la creazione del proprio Stato. Solo una pace negoziata che soddisfi le legittime aspirazioni nazionali di palestinesi e israeliani, insieme alla loro sicurezza – la visione a lungo termine di una soluzione a due Stati, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e gli accordi precedenti – può portare una stabilità a lungo termine per le popolazioni di questa terra e della più ampia regione mediorientale».