(g.s.) – Sarebbe dolorosamente giusto poter andare al di là delle cifre, soffermarsi sulle vite a cui alludono troppo inadeguatamente, guardare negli occhi ciascuno di coloro che venerdì era vivo e poi è stato spazzato via. Non ci è possibile e probabilmente non sapremmo reggerne il peso. Restano i numeri ad ammonirci, numeri che presto saranno superati e si accresceranno, avviluppati in una spirale di morte.
Ieri sera, 9 ottobre, i media israeliani hanno aggiornato il numero delle vittime degli attacchi terroristici del 7 ottobre: sono oltre 900 gli israeliani massacrati. Presto ne sapremo nomi e cognomi, in qualche caso il racconto tragico degli ultimi momenti di vita. Oltre un centinaio gli ostaggi rapiti e condotti nella Striscia di Gaza (il numero resta ancora incerto mentre le verifiche sono in corso). Forse le loro generalità non filtreranno, se non saranno i familiari a renderle note.
Tra gli uccisi e i rapiti vi sono, in realtà, anche non pochi cittadini stranieri (e non solo israeliani con doppia cittadinanza). Parecchi tra loro sono lavoratori immigrati temporanei d’origine asiatica. L’emittente britannica Bbc riferisce, ad esempio, che 18 thailandesi sono stati uccisi e 11 rapiti, secondo il ministero degli Esteri di Bangkok (i thailandesi, per lo più, sono braccianti nelle imprese agricole israeliane). Anche 10 studenti nepalesi e un cambogiano, in Israele per periodi di stage in agricoltura, sarebbero stati uccisi.
Tra i rapiti da un kibbutz vi sarebbe pure, secondo la Farnesina, una coppia di israeliani con cittadinanza anche italiana.
Nel sud di Israele la caccia all’uomo sembra conclusa e la sicurezza ripristinata: sarebbero 1.500 i cadaveri dei palestinesi di Hamas e del Jihad islamico uccisi a ridosso della Striscia nei conflitti a fuoco con le forze israeliane, colte di sorpresa in un mattino di shabbat, vigilia della festa di Simchat Torah (il giorno in cui nelle sinagoghe si conclude la lettura liturgica dei libri del Pentateuco).
Sull’altro versante di questa storia sono già più di 700 – riferisce l’agenzia Wafa – le vittime, anche civili, dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza (mentre da lì continuano a partire razzi). Di loro, pochi – in Occidente almeno – avranno modo e voglia di conoscere nomi e storie. Forse nessuno avrà tempo di raccoglierli ed elencarli. Umani meno umani.