Una storia di uomini e battaglie torna alla luce dal Deserto di Giuda. Gli archeologi hanno scoperto un nascondiglio di antiche armi, all’interno del quale sono state rinvenute quattro spade e il puntale di un pilum (giavellotto) di epoca romana. Il ritrovamento – che l’Autorità israeliana per le antichità (Aia) definisce eccezionale per la sua rarità e lo stato di perfetta conservazione dei reperti – è avvenuto in una delle oltre 800 grotte, a picco sul Mar Morto, nella riserva naturale di Ein Gedi.
Le spade sono perfettamente conservate e alcune erano ancora protette da foderi di legno. Tre di queste armi bianche hanno lame in ferro lunghe tra i 60 e i 65 centimetri, con impugnature in legno o metallo. La quarta è più corta, con una lama di circa 45 centimetri. Sono stati rinvenuti anche strisce di cuoio e reperti di legno e metallo appartenenti alle spade.
Il ritrovamento è stato presentato oggi – 6 settembre 2023 – a Gerusalemme, nel nuovo quartier generale dell’Aia, alla presenza del direttore Eli Escusido. I ricercatori datano le armi a 1.900 anni fa. Ulteriori indagini sono in corso per determinare se la scoperta sia da collegare – come ipotizzato anche alla luce di ulteriori ritrovamenti – alla rivolta di Bar Kokhba, avvenuta tra il 132 e il 135 d.C, l’ultima delle guerre giudaiche combattute contro l’Impero romano. «L’occultamento delle spade e del pilum in profonde fessure nella grotta isolata a nord di Ein Gedi, fa pensare che le armi siano state sottratte, come bottino, ai soldati romani oppure prelevate dal campo di battaglia e nascoste di proposito dai ribelli della Giudea per essere riutilizzate», ha spiegato Eitan Klein, archeologo, membro dell’Unità per la prevenzione dei furti di antichità e tra i direttori del Progetto di ricerca nel Deserto di Giuda (Judean Desert Survey Project).
La scoperta è avvenuta per caso: «La grotta, già nota, era stata esplorata diverse volte negli anni Settanta (del secolo scorso – ndr), quindi non ci aspettavamo di fare scoperte significative» racconta Asaf Gayer (Università di Ariel), uno degli autori del ritrovamento. Lui stesso, insieme a un geologo del Centro di ricerca sulle grotte dell’Università ebraica di Gerusalemme e a un fotografo dell’Autorità israeliana per le antichità si era recato in loco per realizzare una fotografia multispettrale di un’iscrizione paleo-ebraica presente su una stalattite all’interno della cavità. In quel frangente è avvenuto il ritrovamento del pilum. Le successive indagini degli archeologi hanno permesso di riportare alla luce anche le spade, occultate in una fessura quasi inaccessibile. «Queste armi ci parlano di nuove storie e ci pongono interrogativi: da dove vengono? Come sono arrivate qui? Chi le ha fatte e come? Chi erano i soldati che le impugnavano e che sorte hanno avuto?».
Un articolo preliminare sulle spade è incluso nel volume New Studies in the Archaeology of the Judean Desert: Collected Papers, lanciato oggi, che presenta le scoperte archeologiche più recenti nell’ambito del Progetto di ricerca nel Deserto di Giuda. In questa cornice, negli ultimi sei anni un gruppo di archeologi dell’Autorità ha intrapreso indagini sistematiche nel deserto alla ricerca di grotte e «tesori nascosti», per evitare che cadano nelle mani dei saccheggiatori e conservarli in spazi di enti ed istituzioni statali. Nel corso del progetto sono stati rinvenuti diversi manufatti, piccoli frammenti di rotoli, monete e, appunto, armi.
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