È uno di quegli angoli della città vecchia di Gerusalemme dove si vive con emozione l’intreccio di memorie del passato antico, medievale e della storia più recente. Qui le parole del Vangelo risuonano accanto a leggende che si sono consolidate nei secoli. La piscina di Betzatà – in ebraico, «casa della misericordia» – è il luogo dove un uomo, malato da trentotto anni, incontra Gesù che gli cambia la vita. Qui, infatti, ha la sua precisa localizzazione il miracolo narrato nel Vangelo di Giovanni (5, 2-9). Qui oggi la vista spazia sulle strutture di ampi e profondi bacini d’acqua (le piscine erano almeno due) che servivano le necessità del Tempio poco distante.
Un’area archeologica complessa, emersa con gli scavi condotti dai Padri Bianchi francesi a fine Ottocento, perché si sovrappongono diversi strati architettonici, le cui parti più antiche risalgono all’VIII secolo a.C. «Stranamente in questo luogo, che di per sé è già reso santo dal miracolo compiuto da Gesù, si onora anche tutt’altro, ossia la casa dei nonni di Gesù», osservano i padri Fürst e Geiger nella loro Guida di Terra Santa. I frati della Custodia si riferiscono al fatto che Gesù compì il miracolo vicino al luogo dove avrebbero vissuto (ma di questo il Vangelo non dà alcuna conferma) Anna e Gioacchino, genitori di sua madre, e dove Maria sarebbe nata. Ricordati nella ricorrenza del 26 luglio, ai genitori della Vergine è dedicata la basilica conosciuta come chiesa di Sant’Anna, un edificio notevole del XII secolo, molto apprezzato per l’eleganza sobria delle sue forme e per l’acustica, costruito sul luogo dell’abitazione dei genitori di Maria.
Una tradizione che deriva dal Protovangelo di Giacomo, leggenda scritta intorno alla metà del II secolo non accolta nel canone cristiano delle Scritture, ma che ha avuto un grande successo nella devozione popolare e nell’arte. E questo luogo, anche l’8 settembre, festa della natività di Maria, accoglie importanti celebrazioni liturgiche.
Eco di Terrasanta 4/2023
Il viandante diventa ospite
«Ero forestiero...»: Gesù non chiede solo di entrare nella vita delle persone e nelle case, ma di essere accolto, come nella casa di Betania. Trasformando il forestiero in ospite, viviamo in modo autentico l’essere discepoli.