«Non abbiate paura! Non abbiate mai paura!». Sono da poco passate le 17 e il sole primaverile di domenica 3 aprile a Gerusalemme cosparge di raggi dorati il cortile alberato della chiesa di Sant’Anna. Si è appena conclusa la processione della Domenica delle Palme e il patriarca latino, mons. Pierbattista Pizzaballa, inserisce un passaggio a braccio nel discorso che sta rivolgendo alla variopinta folla di fedeli provenienti da tutto il mondo, oltre che da Israele e Palestina.
«So bene – soggiunge – quello che è avvenuto di recente a Gerusalemme contro i simboli cristiani, ma vi dico: non abbiate paura. Non dobbiamo mai aver paura. L’amore di Gesù è più forte di tutto. A tutti coloro che vogliono dividere, diciamo che faremo di tutto per unire, perché nel nostro cuore, nel cuore dei cristiani, non c’è posto per l’odio».
Impegnate in una lotta sempre più aperta per mantenere il proprio status a Gerusalemme, le comunità cristiane di Terra Santa sono preoccupate. Nel loro messaggio di auguri pasquali (clicca qui per il testo integrale in inglese), diffuso il 31 marzo scorso appena prima della Settimana Santa cattolica, i leader di tutte le Chiese hanno chiesto alle autorità (israeliane) competenti di «aiutare a garantire la sicurezza, l’accesso, e la libertà religiosa della comunità cristiana e dei milioni di pellegrini cristiani che ogni anno visitano la Terra Santa». La richiesta risuona dopo una serie di dichiarazioni circa «l’escalation di violenza che ha travolto la Terra Santa» e che sta colpendo le comunità cristiane locali.
Da queste parti le Chiese – singolarmente o collettivamente prese – raramente sono state tanto prodighe di pubbliche prese di posizione. La menzione della «libertà religiosa dei cristiani» riflette un’esasperazione mista a preoccupazione per l’aumento degli atti intimidatori o irrispettosi nei confronti della popolazione cristiana e dei suoi simboli. Azioni che generalmente rimangono impunite (e per lo più ignorate dall’opinione pubblica – ndr) e che si sono fatte più frequenti con l’avvento della destra radicale e religiosa al governo di Israele.
Restrizioni al Fuoco santo
Un laissez-faire che i capi delle Chiese considerano deleterio. «Se queste violenze non sono nuove, lo è la loro frequenza. L’assenza di sanzioni le incoraggia e provoca un sentimento di insicurezza tra i cristiani, che sono un facile bersaglio», sottolinea fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa. Nei Luoghi Santi che presidiano da 800 anni, i francescani hanno dovuto installare telecamere in molti santuari per garantirne la sicurezza. «Va contro la nostra spiritualità di accoglienza dell’altro. Per me questi luoghi dovrebbero essere aperti a tutti, ma io sono un sognatore», sospira padre Patton.
Come nel 2022, anche quest’anno la Pasqua cristiana coincide con momenti salienti per le altre due religioni monoteiste: la Pasqua ebraica (Pesach) e il mese di Ramadan musulmano. Celebrazioni che attirano decine di migliaia di fedeli nella città vecchia di Gerusalemme, un perimetro tanto denso quanto rapido a surriscaldarsi, a causa dell’aumento della presenza della polizia. L’anno scorso sono scoppiati scontri a tratti violenti. Anche la sentitissima cerimonia ortodossa del Fuoco Santo – che ha per fulcro la basilica del Santo Sepolcro nel pomeriggio del Sabato Santo – è stata segnata da tensioni, a causa delle restrizioni imposte dalla polizia al numero di persone autorizzate ad accedervi. Le autorità israeliane hanno già annunciato che quest’anno, il 15 aprile, saranno 1.800 le persone ammesse (rispetto alle quasi 6mila del primo decennio di questo secolo) e l’ingresso sarà possibile solo dietro presentazione di un invito.
Le motivazioni addotte sono, come lo scorso anno, legate alle misure di sicurezza ed evacuazione in caso di incendio. La basilica ha una sola uscita di emergenza, che è anche l’ingresso principale. All’esterno la folla è gestita da un cordone di polizia rinforzato e una serie di transenne segmentano i vicoli, impedendo il movimento, o addirittura l’ingresso al centro storico.
«Israele considera i cristiani quasi come ospiti»
«La cerimonia del Fuoco santo segna un giorno di festa per tutti i cristiani, palestinesi o stranieri, ma la sua gestione è diventata politica», denuncia Theophilos III, il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, in un’intervista rilasciata nei giorni scorsi. Vede in questo cordone di sicurezza rinforzato un mezzo per controllare la presenza cristiana: «Alcune persone – dice – vogliono Gerusalemme solo per sé. La polizia non vuole che la città sia palestinese».
L’anno scorso le autorità sono state filmate mentre facevano entrare gruppi di pellegrini nella città vecchia. Contestualmente i cristiani locali erano costretti a restare fuori. «È un bene che i palestinesi dei Territori ricevano i permessi per venire a celebrare la Pasqua a Gerusalemme, ma devono anche poter accedere ai luoghi santi», sottolinea il patriarca greco-ortodosso.
Nel loro messaggio pasquale, i patriarchi e i capi delle Chiese invitano anche le autorità a «collaborare al mantenimento dello status quo religioso a Gerusalemme». «Questo equilibrio tra le tre religioni non c’è più», secondo mons. Pierbattista Pizzaballa. «Ormai chi ha il potere decide. Siamo costantemente messi davanti al fatto compiuto. Israele considera i cristiani quasi come ospiti, mentre noi siamo parte integrante della storia di Gerusalemme, e della sua identità».
Il leader dei cattolici latini di Gerusalemme sostiene che «in gioco non ci sono solo diritti individuali, ma i diritti collettivi dei cristiani e la nostra capacità di esprimere la fede. Vogliamo essere liberi di fare le nostre processioni senza restrizioni».
Nonostante tutto, il messaggio delle Chiese all’avvicinarsi della Pasqua rimane improntanto alla fraternità e al dialogo. «Dico sempre alla mia comunità di non lasciarsi irretire dall’odio», dice mons. Pizzaballa, al quale fa eco il Custode di Terra Santa: «La nostra speranza è nel sepolcro vuoto di Cristo».