Nelle tante interviste a manager, politici, imprenditori, personaggi del mondo culturale che si avvicendano in questo documentario viene affermata una visione fiduciosa sul presente e il futuro di Tel Aviv. Una domanda resta sullo sfondo: fino a che punto Israele e Tel Aviv si rispecchiano l'uno nell'altra?
Chilometri di spiagge punteggiate da palme e locali modaioli, modernissimi grattacieli, una comunità gay fiera e creativa. Dallo skyline allo stile di vita del suo mezzo milione di abitanti, Tel Aviv è molto più simile a Miami o Los Angeles che alla vicina Gerusalemme. Solo una sessantina di chilometri le separano, ma la laica, cosmopolita «città che non dorme mai» – come la rappresenta in Good Morning Tel Aviv la regista e sceneggiatrice Giovanna Gagliardo – appare lontana anni luce dalla capitale d’Israele, immobile nelle sue storiche mura.
Se le prime immagini ci propongono una scoppiettante vita notturna, nei successivi 90 minuti del documentario prodotto da Cinecittà Luce (presentato il 25 gennaio alla Cinematheque di Tel Aviv) il discorso si snoda attraverso le interviste a numerosi protagonisti della vita sociale, culturale, politica della città.
L’idea è nata, dopo un primo viaggio nel 2018, dalla curiosità della regista per un luogo così diverso da quello che immaginava: «Spero di aver restituito, con la forza delle immagini e con le parole degli abitanti, la bellezza, la confusione, l’ottimismo e il coraggio di un posto unico al mondo» ha detto alla prima milanese alcuni giorni fa.
Giovanna Gagliardo ha tradotto la spinta continua a costruire (per chi?) avveniristici grattacieli, le tante opportunità offerte a chi ha voglia di fare, la grande vitalità di Tel Aviv in immagini che trasmettono dinamismo e velocità, come se i suoi abitanti vivessero in una piacevole atmosfera di inebriamento collettivo. A tratti irrompono foto color seppia che riportano agli anni del Mandato britannico e alla successiva proclamazione d’indipendenza da parte di David Ben Gurion il 14 maggio 1948. Fra gli sguardi al passato ci sono le belle ville e gli edifici Bauhaus costruiti negli anni Venti e Trenta del secolo scorso nel centro cittadino, viuzze arabe e monumenti storici nell’antica Jaffa, botteghe artigiane e bar hipster nel quartiere di Florentin.
La città con il maggior numero di start up per abitanti, dinamico laboratorio per artisti, designer, imprenditori è soltanto «una bolla» (come dicono gli israeliani stessi)? Un’isola felice all’interno di una nazione dominata da conflitti insanabili? Il suo dinamismo riuscirà a trascinare il resto del Paese?
Difficile trovare una risposta: nelle tante interviste a manager, economisti, personaggi del mondo culturale viene ribadita una visione fiduciosa sul futuro di Tel Aviv, la «collina della primavera», fondata nel 1909 grazie al coraggio e all’intraprendenza di sessanta famiglie ebraiche.
Una storia cittadina recente, specie se comparata a quella plurimillenaria di Gerusalemme, su cui a tratti aleggia un sentimento di precarietà, espresso con una battuta alla fine del film: «Benvenuto in Israele. Goditelo finché dura».
Il sindaco Ron Houlda, eletto per la prima volta nel 1998 e confermato per cinque volte, ricorda la sua gioventù in un kibbutz e vorrebbe modellare la città in modo che ogni quartiere avesse a disposizione tutti i servizi, raggiungibili in dieci minuti.
I giovani sono progressivamente respinti dal costo della vita verso le periferie; Neve Tsedek, una volta considerato disagiato, è oggi il quartiere preferito da artisti e creativi come la coppia composta da Nitzan Mintz, poetessa, e Dede Bandaid, pseudonimo di un giovane graffitaro che, come segno distintivo, disegna cerotti sui muri.
I problemi che dilaniano buona parte del Paese, i Territori palestinesi, gli insediamenti, il muro di separazione sembrano non toccare la vita glamour e spensierata dei giovani di Tel Aviv dove l’apparente convivenza pacifica è facilitata da una bassa concentrazione di abitanti arabi (una sola libreria vende testi in arabo). In Good Morning Tel Aviv non è presente una parte di popolazione, la nascosta forza lavoro degli stranieri avventizi, dalla vita complicata e poco scintillante, che contribuiscono al funzionamento e al benessere della città più smart del Mediterraneo orientale.
A ricordare la complessità in cui si vive in Israele è la testimonianza di Ari Folman, regista del bellissimo Valzer con Bashir, che ricorda le promesse disattese, la mancata creazione di due Stati, le difficoltà di vita dei palestinesi e sottolinea le diseguaglianze e le contraddizioni che permangono nell’ombra, anche quando i riflettori sono puntati sulla vita solare, energetica e positiva della città in cui vive.
Good Morning Tel Aviv
regia: Giovanna Gagliardo
genere: documentario
produzione: Italia, 2023
durata: 91 minuti