Il ritorno delle festività natalizie ci ricorda che la minoranza cristiana resta la più numericamente consistente nel mondo arabo. Le chiese che custodisce sono luoghi di pellegrinaggio ancora vivi. Ne visitiamo idealmente alcune.
Siamo nel pieno del Natale. Cattolici e cristiani d’Occidente lo hanno appena celebrato, mentre le Chiese d’Oriente lo faranno a giorni. Val la pena di soffermarsi per un attimo sulle chiese e i monasteri storici importantissimi sparsi in Medio Oriente e che acquistano ruoli e significati cruciali come luoghi di pellegrinaggio per queste comunità religiose, che rappresentano, complessivamente, circa il 10-15 percento del mondo arabo.
Quella cristiana è comunque la più consistente minoranza religiosa in Nord Africa e Medio Oriente: la comunità numerica nazionale più ampia è in Egitto. Seguono Iraq, Siria, Libano, e Palestina. Senza contare che anche in Stati di lingua non araba, e a maggioranza islamica, come l’Iran e la Turchia, abitano considerevoli minoranze cristiane.
La chiesa del Medio Oriente più amata dai cristiani di tutto il mondo – lo sappiamo – è il Santo Sepolcro, nel cuore di Gerusalemme. In questa stagione festiva, l’altro polo di attrazione è, ovviamente, la basilica della Natività, a Betlemme. Ma non possiamo non menzionare la basilica dell’Annunciazione, a Nazaret, il luogo in cui ebbe inizio l’evento cristiano, grazie al «Sì» della giovane Maria.
Altre chiese sono meno note ai più e su alcune di queste ci soffermeremo qui.
Il monastero più affollato e frequentato della cristianità orientale è quello di San Simone, al Cairo. Il modesto ingresso frontale del monastero, sito nel quartiere di Mokattam, non deve trarre in inganno: la struttura del complesso è piuttosto elaborata ed è costruita su grotte preesistenti che possono ospitare fino a 20mila fedeli. Le grotte, scavate nelle rocce della montagna, sono decorate con affreschi che illustrano episodi della Bibbia. Sempre in roccia sono le sculture della Vergine Maria e di Maria Maddalena. Molti fedeli di questa chiesa copta appartengono alla comunità degli zabbaleen che, in dialetto egiziano, significa letteralmente «immondizia»: un nome affibbiato ai fedeli copti a causa del lavoro di raccolta e di riciclaggio dell’immondizia, intorno alla capitale egiziana, tradizionalmente svolto da questo gruppo sociale. La struttura com’è oggi è stata costruita in onore del santo del X secolo Simone, che nella leggenda locale avrebbe spostato la montagna di Mokattam nella sua posizione attuale. Stando al racconto san Simone compì il miracolo dopo essere stato sfidato a duello da un rivale ebreo. La sua vittoria sarebbe stata la ragione della conversione al cristianesimo del califfo fatimide. La chiesa copta egiziana commemora il miracolo di san Simone con un digiuno di tre giorni. Nonostante sia difficile da raggiungere, il monastero viene visitato da centinaia di migliaia di persone ogni anno ed è particolarmente affollato durante la Pasqua.
A Beirut, in Libano, la chiesa più nota è la cattedrale maronita di San Giorgio. Vanta una straordinaria architettura, ma ha avuto una storia travagliata. Quando scoppiò la guerra civile del Libano (1975-1990), la cattedrale fu pesantemente bombardata. Alcuni sciacalli approfittarono del caos per saccheggiare l’edificio sacro delle sue opere d’arte e per deturparlo. Ispirata alla basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, la costruzione della cattedrale iniziò nel 1884 e si concluse dieci anni dopo. Gli sforzi per ripristinare l’edificio sono iniziati negli anni Duemila. Si è riuscito anche a recuperare parte dell’arte trafugata, incluso un dipinto di Eugene Delacroix che rappresenta san Giorgio, il patrono della cattedrale. La chiesa è stata nuovamente danneggiata nell’agosto 2020 dall’esplosione del porto di Beirut, che ha causato oltre duecento vittime e distrutto gran parte della città. L’esplosione ha mandato in frantumi le vetrate con cui l’edificio maronita era decorato. Adesso è nuovamente in fase di restauro, grazie a fondi europei e alle donazioni di molte Chiese sorelle.
La cattedrale di Vank, a Isfahan, in Iran, non è forse tra le più note e citate, ma di certo è tra le più belle. L’esterno della cattedrale di Vank è ingannevolmente semplice rispetto ai suoi splendidi interni: affreschi, sculture e ceramiche piastrellate fiancheggiano le pareti, dal pavimento al soffitto. Non c’è da meravigliarsi che questa cattedrale sia una delle attrazioni turistiche più popolari nella città di Isfahan, che non manca di meraviglie architettoniche. Fondata nel 1606, la cattedrale fu costruita dalla comunità armena iraniana, che fu reinsediata con la forza in Iran dal sovrano safavide Shah Abbas I. In armeno Vank significa “monastero” o “convento”, ma l’edificio sacro è anche conosciuto come la cattedrale di San Salvatore o la Chiesa delle Sante Sorelle. La cupola centrale della cattedrale è dipinta in blu e oro, e raffigura la storia biblica della creazione del mondo e l’allontanamento di Adamo ed Eva dal Giardino dell’Eden. Il soffitto è coperto di ornamenti floreali persiani e di motivi nazionali armeni. A parte la cattedrale stessa, il sito comprende un cortile con un campanile, diverse tombe di cristiani ortodossi e protestanti, una biblioteca, un museo e un memoriale del genocidio armeno.