Al termine della visita in Israele e nei Territori palestinesi, la mattina del 15 luglio scorso il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è recato alla basilica della Natività a Betlemme.
Qui è stato ricevuto dai rappresentanti delle tre comunità cristiane responsabili del Luogo Santo. Il presidente ha sostato per un momento di preghiera nella chiesa latina di Santa Caterina, con padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, e alcuni frati della Custodia e si è recato anche nella Grotta della Natività.
L’appello del patriarca Theophilos III
Nel breve indirizzo di saluto che, in basilica, il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme ha rivolto al presidente degli Stati Uniti, Theophilos III ha voluto, ancora una volta, esprimere le preoccupazioni che da tempo gli stanno a cuore e che non cessa di richiamare in ogni sede.
A Biden il patriarca ha chiesto «un intervento attivo americano per proteggere il patrimonio e la presenza dei cristiani in Terra Santa, e specialmente nella città di Gerusalemme, testimone di attacchi senza precedenti da parte di gruppi israeliani radicali». Lo riferisce un comunicato ufficiale diffuso dalla curia patriarcale al termine dopo l’incontro di Betlemme.
Il patriarca ha anche evocato episodi di oltraggio subiti da religiosi ed edifici di culto cristiani e ha menzionato le restrizioni alla libertà di culto derivanti dagli ostacoli opposti dalle disposizioni di polizia ai fedeli musulmani e cristiani impediti a recarsi liberamente nei loro luoghi di culto (come è accaduto quest’anno in occasione delle celebrazioni della Pasqua ortodossa al Santo Sepolcro).
Theophilos ha voluto anche sottolineare i rischi connessi all’emigrazione dei cristiani, in modo particolare da Gerusalemme. Un’emorragia che a poco a poco altera lo “Status Quo” all’interno della Città Santa e riduce la pluralità di presenze. (g.s.)