Il 18 aprile scorso il ministero del Turismo e delle Antichità egiziano ha annunciato di aver avviato i lavori di restauro della sinagoga di Ben Ezra nel centro storico del Cairo. Restauri erano stati eseguiti anche nel 1991, ma danni di ogni tipo, soprattutto causati delle piogge, hanno imposto un nuovo intervento.
L’ultima grande sinagoga restaurata dal ministero della Cultura egiziano è quella di Eliyahu Hanavi («del profeta Elia») ad Alessandria, che ha riaperto il 10 gennaio 2020, dopo due anni e mezzo di lavori volti a salvarne la struttura gravemente indebolita dall’umidità. È l’unica sinagoga ancora parzialmente attiva ad Alessandria, per la piccolissima comunità ebraica rimasta.
Lo stesso spirito guida il progetto di restauro della sinagoga di Ben Ezra: proteggerla dalle infiltrazioni di acqua piovana. I lavori sono iniziati con il restauro dell’Arca santa, nascosta da porte intagliate e da una tenda interna.
Questo è il luogo in cui sono conservati i rotoli della Torah. Con l’avanzare dei lavori, saranno eliminate le crepe nelle pareti, rafforzati e isolati tetto e soffitti, puliti e spolverati gli ornamenti e le decorazioni colorate ospitate nell’edificio religioso.
Una sinagoga sulle orme di Mosè e Geremia
La sinagoga ha subito nei secoli numerosi interventi e ricostruzioni. Esiste almeno dal IX secolo d.C. e servì come luogo di culto per la comunità ebraica d’Egitto fino agli anni Cinquanta, dopo la creazione dello Stato di Israele. Da allora è aperta principalmente alle visite dei turisti.
Secondo una vecchia tradizione, la figlia del faraone avrebbe trovato Mosè bambino in una cesta in un canneto, nel luogo dove oggi sorge la sinagoga. Lì il bambino sarebbe cresciuto e lì avrebbe anche pregato per la revoca della peste che in seguito colpì gli egiziani. Nel VI secolo a.C., quando Nabucodonosor distrusse il tempio di Gerusalemme, i profughi ebrei in Egitto guidati dal profeta Geremia trovarono le tracce di Mosè e vi eressero una sinagoga nel nome di Geremia.
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Quando i romani invasero l’Egitto nel 30 a.C., la sinagoga fu distrutta. Nel VII secolo d.C., i copti costruirono sul sito una chiesa, ma nell’anno 882, Abraham ben Ezra, un religioso e filosofo ebreo proveniente da Gerusalemme, si recò nei luoghi dove Mosè e Geremia avevano lasciato le loro memorie. Rivendicò allora il terreno per la comunità ebraica. La Chiesa copta ortodossa finì per venderglielo e ricostruì la sinagoga che ancora oggi porta il suo nome.
Ottocentesca l’ultima ricostruzione
Dopo che il califfo fatimide Al-Hakim bi-Amr Allah nel 1012 ordinò la distruzione di tutti i luoghi di culto ebrei e cristiani, la struttura originale fu demolita. Il califfo successivo permise la ricostruzione delle istituzioni cristiane ed ebraiche e la sinagoga fu ricostruita negli anni 1025-1040. Nel 1168 un incendio distrusse gran parte del quartiere in cui si trovava. Nei secoli successivi fu riparata e ristrutturata nel 1488, prima di ulteriori restauri fino alla sua completa ricostruzione nel 1892.
Orientata verso Gerusalemme, situata in via Mar Girgis del Cairo vecchio, vicino al Museo copto e alla chiesa dei Santi Sergio e Bacco, la sinagoga in cui sono allineate colonne marmoree coronate da capitelli, poggia su una pianta basilicale di tipo bizantino, cioè composta da tre sale, di cui quella centrale è la più ampia e più alta, sormontata da una cupola ottagonale.
Il soffitto dipinto al centro è in stile arabesco e datato 1115. Sul soffitto sono appesi lampadari di rame, uno dei quali a forma conica reca inciso il nome del sultano mamelucco Qalawn (1279-1290). L’Arca santa, realizzata in legno intarsiato con madreperla e grani d’avorio, si trova sulla parete est della sinagoga. Alcuni gradini portano al pulpito marmoreo, che si trova al centro dell’edificio e da cui si legge la Torah.
Inoltre, la sinagoga ha al centro un mikveh antico 900 anni dedicato ai riti di purificazione. Attorno ad esso furono costruiti dei padiglioni, piccole stanze, a beneficio delle famiglie ebree bisognose. L’edificio con ingresso lato nord è composto da due piani: un primo livello è riservato agli uomini e il secondo alle donne.
Una genizah e duecentomila manoscritti
Le forme decorative della sinagoga riflettono – oltre a quelle della tradizione ebraica – molteplici influenze dell’antichità egizia (motivi raffiguranti fiori di loto), di epoca bizantina e soprattutto dell’arte islamica. La sinagoga un tempo aveva porte imponenti fatte di 16 pannelli di legno, probabilmente risalenti all’XI secolo, che ora si trovano nel Museo d’Israele a Gerusalemme.
Sul suo lato settentrionale si trovava la genizah, un tipico deposito di antichi documenti che, riportando il nome di Dio, non dovevano essere gettati ma conservati. La genizah di Ben Ezra era sigillata e poteva essere raggiunta solo attraverso un’apertura nel suo tetto. In quel luogo, alla fine dell’Ottocento, fu scoperta una raccolta di circa duecentomila manoscritti religiosi e documenti storici medievali, redatti in ebraico, arameo o giudeo-arabo, risalenti a un periodo dal VI al XIX secolo. Una raccolta che andava sotto il nome di «Genizah del Cairo».