Riusciranno gli sforzi diplomatici internazionali ad evitare un’invasione della «piccola Russia» da parte delle truppe di Mosca? Se da ieri vi sono tenui segnali di allentamento della tensione, nulla è ancora risolto. Putin ha ammassato per settimane almeno 130mila soldati ai confini con l’Ucraina, vicina della Nato, sostenendo di volersi difendere da qualsiasi espansione del Patto atlantico alle sue porte. L’effettivo, parziale, ritiro delle truppe è ancora tutto da verificare.
Di fronte alle tensioni intorno all’Ucraina, negli ultimi giorni Israele ha ripetutamente esortato i suoi cittadini e gli ebrei ucraini a lasciare il Paese senza indugio. Dopo il primo ministro israeliano Naftali Bennett, anche il ministro degli Esteri, Yair Lapid, ha rilanciato più questo appello negli ultimi giorni – «Se scoppierà la guerra, sarà molto più difficile prendere l’aereo, mentre è ancora relativamente facile in questo momento» –, annunciando che lo Stato ebraico è pronto a trasferire in aereo qualsiasi cittadino israeliano e qualsiasi ebreo ucraino che lo desideri. Analogo messaggio dal ministro per i Rapporti con la diaspora, Nahman Shai, il quale ha ricordato che il ruolo dello Stato di Israele è quello di essere un rifugio per qualunque ebreo che si trovi in difficoltà in ogni parte del mondo.
L’iniziativa israeliana, tuttavia, non è molto gradita alla viceministra degli Esteri ucraina Emine Dzhaparova. Visitando Israele, due giorni fa ha affermato che gli appelli giunti da Israele sono stati pregiudizievoli dal punto di vista economico e hanno accresciuto il panico.
Legami saldi con gli ebrei dell’Ucraina
Attualmente, secondo i dati del ministero degli Esteri israeliano, ci sono tra i 10 e i 15mila cittadini israeliani in Ucraina, inclusi 2.000 studenti. Per lo più si tratta di arabi. Il quotidiano in lingua inglese The Jerusalem Post – che riconosce la difficoltà di ottenere cifre precise – riporta le stime di alti funzionari del governo israeliano, secondo i quali in Ucraina ci sono circa 200mila persone che hanno titolo a stabilirsi in Israele in base ai criteri stabiliti dalla Legge del Ritorno, che consente a chi abbia almeno un nonno ebreo di immigrare e ottenere la cittadinanza israeliana. Di queste 200mila persone, circa 50mila sono ebree anche secondo i criteri della legge giudaica essendo state generate da una madre ebrea.
Se un’invasione russa dovesse avvenire a dispetto dei progressi diplomatici che sembrano registrarsi nelle ultime ore, sarebbe la più grande crisi nello scacchiere da quando le forze russe annetterono la penisola di Crimea nel 2014. Quella campagna generò un una massiccia ondata di emigrazione, con oltre 30mila ebrei ucraini giunti in Israele tra il 2014 e il 2018.
La storia dell’ebraismo in Ucraina risale nel tempo ad oltre un millennio fa. Anche lo chassidismo, un movimento di risveglio religioso fondato nel XVIII secolo nell’Europa orientale e che combina gli insegnamenti esoterici del giudaismo con uno studio approfondito della Torah, ha le sue radici in quelle terre. La tomba del fondatore della dinastia chassidica di Breslov (o Breslavia), il rabbino Nachman di Breslavia, attrae ancora migliaia di pellegrini ogni anno, specialmente durante la festa di Rosh Hashanah (il Capodanno del calendario ebraico). Se la storia della comunità ebraica in Ucraina è stata ricca, è anche segnata violentemente dai pogrom del periodo imperiale e dalle stragi d’epoca nazista e comunista. Gli storici calcolano che tra il 1941 e il 1944 sia stato sterminato oltre un milione di ebrei ucraini.
La prudenza, madre della sicurezza
Le tensioni nell’Europa orientale hanno acceso anche una certa tensione tra gli israeliani originari dell’Ucraina e quelli provenienti dalla Russia, spiega il quotidiano israeliano Haaretz. In Israele vivono oggi quasi 1 milione e 100mila ebrei venuti dall’ex Unione Sovietica, che rappresentano il 16 per cento della popolazione ebraica israeliana. In gran parte sono immigrati all’inizio degli anni Novanta. Tra costoro, 400mila sarebbero di madrelingua russa e altrettanti di madrelingua ucraina.
Dal punto di vista della politica estera, Israele ha scelto la linea della cautela. In forza dei delicati rapporti che intrattiene con la Russia, alleata del presidente Bashar Assad in Siria, lo Stato ebraico ha scelto di non commentare le azioni di Mosca, per evitare ulteriori complicazioni nella regione.
Shimon Briman, un esperto israeliano delle relazioni israelo-ucraine, ha ricordato in un editoriale su Haaretz che Israele avrebbe molto da perdere se scoppiasse un conflitto. Per averne un’idea, bisogna tenere a mente che l’Ucraina è il principale fornitore di grano di Israele da oltre un decennio. Le importazioni dall’Ucraina coprono quasi il 50 per cento del fabbisogno israeliano di grano. Un altro dato chiave è che l’alta tecnologia israeliana, forza trainante dell’economia nazionale, sta sperimentando una carenza di manodopera di lunga data, che ha portato l’Ucraina a diventare il principale subappaltatore di Israele in questo campo. Così quasi il 45 per cento dell’outsourcing high-tech israeliano ha sede in Ucraina.
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