Nell’estate 2021 tre film-maker e attivisti israeliani che stavano lavorando a un documentario furono arrestati in Nigeria e detenuti per alcune settimane prima di essere espulsi dal Paese. I tre erano impegnati in un progetto dedicato alle comunità ebraiche dell’Africa sub-sahariana. La vicenda ha riacceso in Israele i riflettori sulla popolazione nigeriana degli igbo (o ibo). Uno degli arrestati, Rudy Rochman, da un decennio studiava la loro storia e, in particolare, i legami quasi sconosciuti che molti igbo riconoscono di avere con il mondo ebraico e per i quali subiscono persecuzioni.
Il popolo igbo (il terzo gruppo etnico più grande del Paese) è insediato lungo le rive del fiume Niger, non gode tradizionalmente di buoni rapporti con le altre popolazioni della regione. Nella Nigeria, indipendente dal 1960, gli igbo sono rimasti schiacciati tra altre componenti più influenti a livello politico. Il loro tentativo di indipendenza, attuato nello Stato del Biafra (Nigeria sudorientale), causò fra il 1967 e il 1970 carestie, bombardamenti e uccisioni di massa.
Tra i fattori che distinguono maggiormente la cultura igbo, secondo alcuni antropologi, ci sono codici e usanze simili a quelli descritti nella Torah. La circoncisione maschile, il rispetto del lutto per sette giorni, la celebrazione della luna nuova o le cerimonie nuziali sotto il baldacchino li ricollegano alla tradizione ebraica. Solo una minima parte di loro ritiene di appartenere al popolo di Israele: circa 12-15 mila igbo su oltre 30 milioni, ma è un gruppo in rapida crescita.
Alcuni studiosi hanno sottolineato come questo riconoscersi di tanti igbo con l’ebraismo sia emerso solo dopo la devastante guerra civile nel Biafra di mezzo secolo fa, nell’identificazione di molti come popolo perseguitato. Come ebrei sub-sahariani sono molto meno noti degli ebrei etiopi, oggi quasi tutti trasferitisi in Israele (circa 160 mila), il cui «ritorno» nel corso degli anni ha acceso la speranza in comunità africane della diaspora. Solo pochi nigeriani igbo negli anni sono emigrati, come lavoratori stranieri, nella zona di Tel Aviv.
Il mistero delle origini
Già i Beta Israel (chiamati anche falasha) hanno rimesso in discussione le convinzioni legate al destino delle tribù di Israele dopo l’esilio imposto nel 722 dall’Impero assiro. Non è chiaro quando l’ebraismo sia giunto in India e in Etiopia e lo stesso vale per l’Africa occidentale. Ma le tradizioni orali degli igbo fanno ritenere un’origine antica. Sembrerebbero condividere alcune pratiche con comunità che si svilupparono in modo autonomo dall’esperienza giudaica post-babilonese: i già citati Beta Israel dell’Etiopia, i Bene Israel dell’India occidentale e i samaritani. Un’altra ipotesi della loro provenienza si lega all’espulsione che subirono gli ebrei nel 1492 dall’impero Songhai, che aveva importanti centri di commercio, come Timbuctu sul fiume Niger.
Nonostante la prevalenza del cristianesimo tra gli igbo, esito di secoli di lavoro missionario, in anni recenti c’è stata una ricerca e riscoperta delle origini ebraiche. Circa 70 sinagoghe sono attive in Nigeria e per molti di loro il movimento per un revival igbo-ebraico è un modo per esprimere libertà e autonomia culturale. Ma le tensioni separatiste nel Biafra non si sono mai del tutto spente e sono represse dal governo centrale. Nel novembre 2020 durante scontri con le forze di sicurezza sono morti circa 50 igbo e sei sinagoghe sono state distrutte. La posizione del governo nigeriano, secondo alcuni osservatori ebrei, sarebbe chiaramente antisemita, ma non è stata sufficientemente messa in luce e condannata, segno di un pregiudizio diffuso contro gli africani.
Tra gli igbo c’è grande frustrazione per il mancato riconoscimento da parte israeliana. Infatti, pur avendo alcuni «sponsor» in Israele, ufficialmente non vengono riconosciuti tali: il rabbino Eliezer Simcha Weisz, che presiede il dipartimento degli affari esteri del Gran Rabbinato di Israele, ha dichiarato alla Bbc che gli igbo non possono provare di avere antenati ebrei, anche se dicono di essere discendenti di Gad, uno dei figli di Giacobbe. Per essere riconosciuti come ebrei, ha aggiunto, dovrebbero convertirsi pubblicamente al giudaismo, cosa che richiede un processo con riti e audizioni davanti a una corte religiosa, che in Nigeria non è ammessa.
Riemerge di frequente nella società israeliana il tema delle cosidette dieci tribù perdute, cioè quella parte del popolo ebraico che, dopo la conquista assira dell’VIII secolo a.C. e la dispersione, avrebbero formato le comunità ebraiche «babilonesi». Questa componente mitica del popolo ebraico, per la quale non ci sono dati storici, suscita dibattiti tra i rabbini sul ritorno delle tribù disperse nell’alveo del popolo ebraico.
Le comunità igbo, dal canto loro, non hanno un rabbino capo e faticano a seguire le regole kosher nell’alimentazione, per mancanza di prodotti. Secondo Dani Limor, un ex agente del Mossad che contribuì all’evacuazione dei Beta Israel dall’Etiopia verso Israele, in Nigeria vivono ebrei e c’erano anche prima della guerra civile. L’identificazione degli ebrei igbo con le tensioni separatiste del Biafra non aiuterà certamente la causa. Come si è visto con l’arresto dei tre israeliani simpatizzanti. (f.p.)
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