Aspre critiche in Israele contro la polizia, che farebbe un uso spregiudicato del software utilizzato in molti Paesi per spiare i cellulari di politici, giornalisti, attivisti per i diritti umani. Fin dove ci si può spingere in nome della sicurezza?
Da alcuni giorni in Israele sta dilagando una polemica un po’ inconsueta: Calcalist, un settimanale israeliano molto attivo nel giornalismo di inchiesta, ha puntato il dito contro la polizia per l’uso spregiudicato di Pegasus, il software prodotto dall’israeliana NSO Group Technologies balzato all’onore delle cronache nell’estate scorsa perché, secondo quando rivelato da un consorzio di giornali di tutto il mondo, sarebbe stato utilizzato in numerosi Paesi per spiare i cellulari di politici, giornalisti, attivisti per i diritti umani.
La novità dell’inchiesta di Calcalist è che la polizia israeliana l’avrebbe utilizzato per carpire informazioni anche su propri cittadini sui quali non aveva alcuna evidenza rispetto ad eventuali reati commessi. Proprio ieri una nuova puntata di queste rivelazioni ha portato alla luce il fatto che persino tre sindaci di città israeliane sarebbero stati controllati con Pegasus nell’ambito di inchieste anti-corruzione. Mentre per un’attivista fortemente impegnato nelle manifestazioni contro Benjamin Netanyahu, quando questi era ancora primo ministro di Israele, il programma che spia i cellulari sarebbe stato utilizzato per raccogliere informazioni relative alla sua vita personale, probabilmente con l’intenzione di costruire un dossier contro di lui.
La vicenda sta ovviamente sollevando un vespaio di polemiche: diversi politici hanno chiesto conto al governo e lo stesso procuratore generale Avichai Mandelbilt (il grande accusatore di Netanyahu nei suoi processi per corruzione) ha annunciato l’apertura di un’inchiesta. Da parte loro i vertici della polizia israeliana hanno inizialmente risposto in maniera sibillina, limitandosi a dire di non aver fatto nulla al di fuori della legge. Incalzati da rivelazioni sempre nuove, hanno poi virato sul mantra di sempre in Israele: dovremmo forse rinunciare – hanno obiettato in sostanza – a strumenti che ci permettono di salvaguardare la legalità e la sicurezza in Israele?
Il dibattito resta aperto, grazie sostanzialmente al fatto che tra le “vittime eccellenti” stavolta vi sono personalità israeliane. Ma quante volte, viene da chiedersi, questi stessi sistemi sono stati utilizzati per tenere sotto controllo il mondo delle ong palestinesi? E, ancora più in generale, quanto l’utilizzo di questi strumenti made in Israel in tutto il mondo è andato a pregiudizio di libertà e diritti fondamentali?
L’ex amministratore delegato della NSO, Shalev Hulio, si è sempre difeso sostenendo che la sua azienda ha venduto il software «solo a governi approvati da Israele per la lotta contro criminali e terroristi». Ma le inchieste giornalistiche hanno portato alla luce il fatto che Pegasus è stato in realtà ampiamente utilizzato per spiare oppositori politici. Tra i “clienti” che l’hanno acquistato ci sono alcuni dei Paesi arabi che in questi ultimi anni hanno riallacciato (ufficialmente o sotto-traccia) relazioni con lo Stato di Israele. Persino nella vicenda di Jamal Khashoggi, il giornalista oppositore di Mohammed bin Salman ucciso nell’ambasciata saudita a Istanbul il 2 ottobre 2018, è emersa la presenza di questo software in alcuni telefoni. Per non parlare di situazioni anche lontane dal Medio Oriente, come le decine di giornalisti e attivisti per i diritti umani spiati con Pegasus nell’India di Narendra Modi, un Paese sul quale diplomaticamente Israele ha puntato molto negli ultimi anni.
Israele oggi è una delle grandi potenze globali su un tema cruciale come la cyber-sicurezza. Mette insieme l’eccellenza nei sistemi informatici con l’efficienza proverbiale dei suoi servizi di intelligence. Ma la vicenda Pegasus sta mostrando anche tante zone d’ombra intorno a questi sistemi. E il fatto che l’opinione pubblica israeliana cominci a parlarne apertamente è un passo importante.
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Clicca qui per leggere l’inchiesta di Calcalist sull’uso spregiudicato del software Pegasus da parte della polizia israeliana
Clicca qui per leggere un articolo pubblicato qualche mese fa da Al Monitor sui rapporti tra le aziende di cyber security e la politica estera israeliana
Clicca qui per leggere l’elenco aggiornato di Haaretz sulle personalità di tutto il mondo spiate con Pegasus