Nel 1867 lo scrittore statunitense Mark Twain prese parte a un lungo viaggio all'estero che lo condusse anche in Terra Santa. I 51 articoli dedicati alle esperienze di viaggio sono venate di un'ironia che non risparmia i pellegrini.
Mark Twain era ancora uno scrittore poco noto quando nel 1867 convinse il giornale Alta California a farlo partecipare alla prima crociera americana, un viaggio sulla Quaker City che in sei mesi avrebbe toccato le principali città del Mediterraneo e del Mar Nero, e sarebbe culminato nella visita alla Terra Santa. Twain ottenne che il giornale gli pagasse il biglietto in cambio dell’invio di 51 articoli sulle sue esperienze di viaggio, che vennero pubblicati dal 2 agosto 1867 all’8 gennaio 1868 e costituirono la base del volume The Innocents Abroad, un resoconto completo. Grazie anche a un vero e proprio tour promozionale negli Stati Uniti, il libro divenne un best seller (vendette nel primo anno ben 70mila copie) ma soprattutto fece di Twain un personaggio famoso e stimato in tutto il Paese, il cui parere sui luoghi visitati veniva generalmente considerato degno di fede. L’autore Hugh Reginald Haweis scrisse, ad esempio: «Chiunque voglia comprendere, senza andarci, com’è di preciso [la Palestina], farebbe bene a leggere The Innocents Abroad».
Eppure, nei capitoli relativi a quei luoghi (pubblicati da Edizioni Terra Santa con il titolo Il mio viaggio in Palestina) Twain riesce a individuare spunti comici dappertutto, il che ha indotto molti studiosi a pensare che in certi casi abbia manipolato la propria esperienza di viaggio per farla risultare più divertente. Celebre, ad esempio, è il brano in cui racconta di aver pianto sulla presunta tomba di Adamo: «Com’è stato commovente, qui in questa terra straniera, lontano da casa, dagli amici e da tutte le persone che mi vogliono bene, scoprire in questo modo la sepoltura di un parente. È vero, è alla lontana, ma è pur sempre un parente. […] È stato l’infallibile istinto naturale a spingermi a trovarla […] e ho ceduto alle emozioni più intense: mi sono appoggiato a una colonna e sono scoppiato in lacrime».
In realtà in queste pagine Twain non piange affatto, ma ride: ride di se stesso e anche di certi «luoghi cosiddetti santi» che, come la tomba di Adamo, sono ritenuti tali dalle guide solo «perché finora nessuno ha mai provato il contrario». Inoltre, prende in giro anche i compagni di viaggio, personaggi compassati e devoti che a suo dire non fanno altro che dimostrare la propria fede piangendo e pregando ossessivamente a ogni angolo, senza però perdere l’opportunità di sottrarre tutti i resti antichi in cui si imbattono per farne dei souvenir da portare a casa. E ride anche dei precedenti autori di resoconti di viaggio in Terra Santa, in quanto secondo lui «hanno scritto quello che hanno scritto perché temevano che fare diversamente li avrebbe resi impopolari» o ancora «volevano deliberatamente ingannare i lettori».
Quando la crociera giunge al termine, Twain fa un bilancio dell’esperienza: quello che in origine era stato pubblicizzato dagli organizzatori come «un viaggio di piacere» si è rivelato addirittura una «gita funebre senza cadavere». Lo scrittore si lamenta: «Una risata spontanea e di cuore non la si sentiva più di una volta alla settimana sui ponti o nelle cabine, e quando la si sentiva incontrava ben poche simpatie» e a bordo, dopo i primi tre balli, questa attività era stata considerata peccaminosa e perciò abolita per il resto del viaggio. Eppure, le tante pagine scanzonate e pungenti dedicate al viaggio in Terra Santa fanno pensare che Twain avesse trovato comunque il modo di godersi l’esperienza.
(Coautrice di queste righe è Alessandra Repossi)